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L’arcivernice: Un breve excursus entro lo Spirito Assoluto (sessantunesima puntata)

Pubblicato il: 05/07/2013 10:32:23 -


“Maestro, che cos'è di preciso la dialettica? Davvero è una logica, è il superamento, anzi, della logica tradizionale?”. “La dialettica è la modalità del ribaltamento del razionale sul reale, è il modo con cui l'Assoluto si fa nella storia”. In questa puntata Ramon riporta in vita Hegel.
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Andava pur fatto. Ramon se ne rendeva perfettamente conto: come prescindere, in quella strana, particolarissima esperienza filosofica che stava vivendo, da Hegel, probabilmente il pensatore che più ha influenzato, nel ben e nel male, la filosofia moderna? E tuttavia esitava, e più del solito. Avrebbe capito? Sarebbe riuscito a instaurare un dialogo, seppure minimo, seppure, al solito, quasi ad intervista? Ma la curiosità, che come sappiamo da Vico, è sì figlia dell’ignoranza, ma è anche madre della scienza, non poteva alla fin fine che prevalere.

Era un Hegel anziano, quello che gli stava di lì a poco davanti: impettito, il volto molto lungo, due accentuate borse sotto agli occhi profondi sì, ma quasi in un qualche senso sfuggenti, in quanto sembravano puntare non tanto sull’interlocutore, e, in un certo senso, neanche su questo mondo; i capelli tra il grigio e il bianco, piuttosto lunghi, e pettinati in avanti, quasi a voler mascherare un’incipiente calvizie. Nell’insieme, un volto niente affatto banale, e che incuteva rispetto. Friedrich Hegel: l’uomo dagli infiniti ammiratori e dagli altrettanto infiniti critici radicali, colui che ha influenzato pesantemente, per imitazione o per contrasto, pensatori totalmente diversi e contraggeni, da Marx a Heidegger, tanto per fare un esempio.

A Ramon venne subito in mente uno dei cardini del pensiero hegeliano: la dialettica. Tanto utilizzata, citata, criticata. E, comunque sia, architrave della “filosofia dello Spirito”. Da lì tentò di partire:

“Maestro, che cos’è di preciso la dialettica? Davvero è una logica, è il superamento, anzi, della logica tradizionale?”.

“La dialettica è la modalità del ribaltamento del razionale sul reale, è il modo con cui l’Assoluto si fa nella storia”.

“Chi critica la dialettica – riprese Ramon – la accusa di incongruenza: in specie, il passaggio dalla tesi all’antitesi appare costruito nei modi più diversi. A volte l’antitesi è la negazione diametrale della tesi, come in “essere / non-essere”; altre volte si porge come semplice alternativa, come in “quantità / qualità”. Sembra, insomma, che sia l’autore stesso a scegliere l’antitesi più adeguata all’ulteriore sviluppo del sistema…”

“Queste critiche le ho lette e sentite tante volte. La dialettica non è una logica nel senso formale, matematico; non si candida a rimpiazzare quella che si chiama normalmente “logica simbolica”. La dialettica è una logica in un senso molto più ampio, nel senso della conoscenza del logos, o dello Spirito Assoluto, così come esso si comporta. Che il superamento della tesi avvenga a volte per negazione, altre per semplice alternativa non complementare ma contrapposta non l’ho deciso io: è il mondo nel suo divenire incessante che si comporta così. Io mi sono limitato a capirlo…”.

“Ecco, il ‘mondo’ ha detto; perché allora parlare dello spirito?”

“A ben vedere sono la stessa cosa. A cosa serve il noumeno kantiano, se non giunge mai a noi, se non emerge mai alla nostra conoscenza? E allora, dov’è il mondo se non in noi, e intersoggettivamente, in senso assoluto, nello ‘Spirito’? È l’Uno di Plotino che si protende nella storia, nel divenire, ma non per esserne depauperato, come nelle visioni neoplatoniche, ma per arricchirsi continuamente, nella coincidenza del reale con il razionale; l’Uno che aspira al suo opposto, alla sua antitesi, al Molteplice; e che persegue questa finalità nella Storia”.

Già, la storia; Ramon pensò che in effetti la storia come categoria, la storia della filosofia era in definitiva un parto della mente di Hegel. Anche lo “storicismo” veniva da lì. Non ci sono storie della filosofia prima di Hegel, ma solo “summulae”, cioè sintesi, riepiloghi, spesso neanche cronologici; e volentieri gli si può perdonare questa sua continua riproposizione per medaglioni triadici, che pure a volte è fuorviante per capire certi autori, ma altre è illuminante; e ci consegna in ogni caso un modo di pensare, una “categoria dello spirito”; attento, Ramon, si disse, non starai diventando hegeliano?

“Ma accettato tutto questo, la coincidenza del tutto con il tutto, questo immanentismo panteistico, non ci ritroviamo, in definitiva, entro il sistema di Spinoza?”

“Il sistema di Spinoza è statico, è dato una volta per tutte, è privo della ‘dialettica’, appunto. Esso fotografa un istante dell’Assoluto. Non ne distingue i momenti e non spiega quindi il suo farsi. Lo Spirito, in prima istanza, si incarna nel pensiero dei greci, dove dio fa tutt’uno con la natura; questo è forse un universo spinoziano. Ma poi giungono le religioni giudaico-cristiane, che pongono Dio al di fuori, al di sopra, e lo separano dalla natura e dall’uomo; e l’uomo sperimenta l’angoscia del distacco, del figlio rifiutato in quanto autore del peccato originale: è il Medioevo. Ma finalmente la sintesi supera entrambi i momenti, e si libera della ‘coscienza infelice’: lo Spirito si riconcilia con il mondo, diviene Autocoscienza, superamento di ogni scissione. La religione a sua volta entra in esso, così come vi rientra un Dio ritrovato”.

Ramon era da un lato affascinato e da un altro perplesso. Domandò infine: “Maestro, ma allora che spazio ha, in questo srotolarsi dell’essere nel tempo, la vita umana? Quali scelte possiamo, dobbiamo fare per uniformarci ad esso?”

“Vorresti fermare il mare in tempesta, Ramon? Dominarne i marosi, appiattirli con le tue mani? Non ti è dato di modificare l’Assoluto, naturalmente, ma di farvi parte, come atomo minimo entro il disegno. Quel che puoi fare, è capirlo”.

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