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L’arcivernice: Individuo e sostanza, l’essere si dice in molti modi – II (ventinovesima puntata)

Pubblicato il: 29/06/2012 23:19:37 -


“Tentare di dimostrare tutto significherebbe o cadere o nella dimostrazione circolare, il circulum in demonstrando, o nel regresso all’infinito”. Ramon riporta in vita Aristotele.
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Dopo una intensa meditazione interiore, Ramon proseguì:

“Sotto questa organizzazione io posso dunque sviluppare l’analitica, cioè la scienza delle inclusioni e delle esclusioni, la scienza deduttiva, quella che i posteri chiameranno la logica. È da qui che nasce la tua sillogistica…”

“Già. Ma la scienza deduttiva, o, come la chiami tu, la logica, ma lo stesso vale per tutte le scienze ‘formali’, le scienze matematiche, hanno bisogno di principi primi, di punti di partenza non dimostrati, siano essi definizioni, o postulati, o nozioni comuni a più scienze, quelli che oggi si chiamano ‘assiomi logici’”.

“Una scienza dimostrativa, o deduttiva, ha dunque in sé qualcosa di non dimostrato?”.

“È necessario Ramon. Tentare di dimostrare tutto significherebbe o cadere o nella dimostrazione circolare, il circulum in demonstrando, o nel regresso all’infinito”.

“Ma allora da dove acquisiamo la certezza dei primi principi?”

“Tutti gli animali hanno capacità sensoriali. Ma solo alcuni, più evoluti, hanno la capacità rammemorativa, la facoltà di trattenere la parvenza della sensazione anche quando l’oggetto di essa non è più presente. Alcuni animali superiori, tra questi, hanno poi la capacità di tesaurizzare le rappresentazioni passate, fino a formare quella che si chiama empeiria, ‘esperienza’. Infine all’uomo può accadere di cogliere l’unità nella molteplicità, e formarsi così l’universale. Attento Ramon: non è un’induzione per somma semplice, e non dipende dal numero delle esperienze, ma è un processo noetico, che passa attraverso l’intellettualizzazione. A volte non cogli la causa analizzando mille accadimenti, altre volte ti basta una sola esperienza per capire, cioè per cogliere l’uno nel molteplice. Tu vedi l’eclissi, e non ne sai dare una spiegazione; poi ne vedi un altro, e un altro ancora, e non capisci, come è successo per migliaia di anni. Ma supponiamo adesso che tu sia sulla Luna, durante l’eclissi. Capiresti subito che il Sole entra nel cono di ombra, e coglieresti la causa con una sola esperienza. Il punto è allora che il principio, o la causa, o l’universale, non si ottiene per aggregazione semplice di esperienze, ma con l’intervento del nous, dell’intelletto”.

“Dunque la conoscenza nasce dalla intellettualizzazione dell’esperienza”?

“Questa è l’origine; questo spiega cioè come si formano in noi i primi principi. Ma una volta scoperti, nasce la scienza deduttiva, la quale si sviluppa senza più l’intervento dell’esperienza, perché anzi essa deduce ogni esperienza possibile. Altro è il percorso della scoperta, altro l’ordine fondativo. Pensa alla geometria: per millenni essa è stata “geo-metria” appunto, cioè misurazione della terra. Ma dopo Euclide si è liberata delle scorie empiriche, e ci fornisce una conoscenza certa e formale, perché i primi principi sono stati colti”.

Ramon seguiva, ma a fatica. A ogni affermazione di Aristotele gli sgorgavano nella mente mille domande, il fiume del pensiero si complicava in mille rivoli diversi, ciascuno complesso, sfidante, torrentizio. Delle tante, riuscì a formulare una domanda:

“Maestro, ma tu pensi che quello che è accaduto per la geometria, una millenaria istruttoria empirica e poi il passaggio a scienza deduttiva, si verificherà anche per le altre scienze, è cioè questo il percorso del progresso del sapere”?

Purtroppo l’effetto dell’arcivernice cominciava a venire meno, e già Aristotele appariva diafano, impalpabile ed evanescente. A Ramon parve di udire queste ultime parole:

“Per altre scienze di sicuro sì; se ciò valga per tutte…”

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Note bio:
Maurizio Matteuzzi, insegna Filosofia del linguaggio, Teoria e sistemi dell’Intelligenza Artificiale e Filosofia della Scienza presso la Facoltà di Scienze della Formazione dell’Università di Bologna. Studioso poliedrico, ha rivolto la propria attenzione alla corrente logicista rappresentata da Leibniz e dagli esponenti della tradizione leibniziana, maturando un profondo interesse per gli autori della scuola di logica polacca (in particolare Lukasiewicz, Lesniewski e Tarski). Lo studio delle categorie semantiche e delle grammatiche categoriali rappresenta uno dei temi centrali della sua attività di ricerca. Tra le sue ultime pubblicazioni: L’occhio della mosca e il ponte di Brooklyn – Quali regole per gli oggetti del second’ordine? (in «La regola linguistica», Palermo, 2000), Why Artificial Intelligence is not a science (in Stefano Franchi and Güven Güzeldere, eds., Mechanical Bodies, Computational Minds. Artificial Intelligence from Automata to Cyborgs, M.I.T. Press, 2005). Ha svolto il ruolo di coordinatore di numerosi programmi di ricerca di importanza nazionale con le Università di Pisa, Salerno e Palermo. Fra il 1983 e il 1985 ha collaborato con la IBM e, a partire dal 1997, ha diretto diversi progetti di ricerca per conto della società FST (Fabbrica Servizi Telematici, un polo di ricerca avanzata controllato da BNL e Gruppo Moratti) riguardo alle tecniche di sicurezza in informatica, alla firma digitale e alla tecniche di crittografia.

Maurizio Matteuzzi

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