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Considerazioni inattuali dei grandi sullo stato presente

Pubblicato il: 04/11/2011 18:22:55 -


Linda Giannini intervista Maurizio Matteuzzi, professore di Filosofia e teoria dei linguaggi e dell’intelligenza artificiale Dipartimento di Filosofia, Università di Bologna.
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D. Chi ha favorito il tuo interesse per la Filosofia? Un evento? Un docente? Una lettura?

R. Fu in parte un caso; fin dalle scuole medie, la mia insegnante di Italiano mi appiccicò il nomignolo di “filosofo”, per i toni pensosi dei miei temi. Dalla curiosità suscitata da questa circostanza mi misi a leggere alacremente una storia della filosofia, e ne rimasi affascinato. Cominciai a fare incetta dei dialoghi di Platone, che si trovavano facilmente in edizioni molto economiche. Poi un libro in particolare segnò una ulteriore svolta, per la sua profondità ma anche per la sua chiarezza: “I problemi della filosofia” di Bertrand Russell. È senza dubbio una lettura da cui consiglio i principianti di prendere le mosse.

D. Qual è il legame tra Filosofia e Intelligenza Artificiale?

R. L’Intelligenza Artificiale non va confusa con l’informatica tout court. Essa studia come realizzare processi intelligenti ad imitazione della mente umana; come tale, può essere considerata, in senso lato, una “psicologia”, o uno studio dell’uomo; anche se per farlo usa il computer. Su di un piano più tecnico, vi è un elemento fortemente unificante, quello della rappresentazione della conoscenza. Senza una opportuna rappresentazione del problema, in termini precisi e formali, e dunque scientificamente accettabili, è inconcepibile progettare algoritmi. E la rappresentazione della conoscenza è la più tipica delle attività filosofiche; è, in un certo senso, quel comparto della filosofia che va sotto il nome di “problema gnoseologico”. E non a caso gli studiosi di intelligenza artificiale chiamano l’esito della loro analisi, cioè la rappresentazione semantica retrostante una applicazione, “ontologia”.

D. Che evoluzione ha avuto e sta avendo il linguaggio?

R. Il discorso è molto complesso. Il linguaggio umano nasce come iconico ed ideografico, poi si sviluppa, in Occidente, come linguaggio fonetico. Questo dipende essenzialmente dal fatto che la voce umana è lo strumento trasmissivo più potente. In età moderna, si affermano molti altri modi della comunicazione, a cominciare da quella per immagini. La rete internet, poi, con l’uso massiccio della mail e della comunicazione scritta, segna una ulteriore evoluzione, che la allontana ancora di più dalla semplice fonetica. Questo significa che i registri semantici stanno rapidamente mutando. Ad esempio, si devono trovare modi alternativi per esprimere quelle quantità di informazione che erano normalmente veicolate attraverso l’inflessione della voce. Si veda, ad esempio, l’uso degli smile, 🙂 ; o il ricorso a forme semi-ideografiche, seppure ancora intrise di un retaggio fonetico, come quando un americano ti scrive “C U”, che, letto “see you”, significa “arrivederci”. La conclusione è che assisteremo nel prossimo futuro ad un recupero di una forma ideografica o semi-ideografica della comunicazione, con il conforto di un ricorso sempre maggiore al recupero della iconicità in senso molto ampio.

D. Quali soluzioni proporresti per favorire la partecipazione dei giovani al loro processo di apprendimento e di partecipazione alla vita sociale?

R. Qui vorrei essere molto secco: un minimo di infarinatura filosofica dovrebbe essere prevista in ogni scuola superiore. La sociologia, la politica, la morale non possono essere comprese senza possedere le basi delle teoresi che le hanno introdotte.

D. La lettura di quali filosofi proporresti ai giovani?

R. Credo che una alfabetizzazione filosofica abbia alcuni passaggi obbligati: Platone o Aristotele, Cartesio, Kant, una corrente contemporanea (filosofia analitica, esistenzialismo, fenomenologia, marxismo ad esempio). Ci tengo a precisare che non è un giudizio di valore: non cito gli autori che più ho apprezzato o studiato, ma quelli la cui ignoranza comporta l’analfabetismo filosofico. Ritengo anche che se uno capisce bene uno degli elementi delle alternative sopra date, in qualche misura debba finire con il conoscere un po’ anche l’altra (o le altre). Non si può capire Platone senza Aristotele, o Aristotele senza Platone. Né si può conoscere l’esistenzialismo senza aver capito la fenomenologia.

D. Se oggi dovessero incontrarsi Platone, Aristotele, Socrate, Kant, Sartre, Nietzsche, Schopenhauer… quale lettura immagini darebbero del mondo attuale con particolare riferimento all’apprendimento e alla ricerca?

R. Andiamo sempre più nel difficile… Platone, uomo ricco e aristocratico, teorizzò una Repubblica sostanzialmente priva della proprietà privata, e governata dai filosofi. Ecco, credo che avrebbe qualche difficoltà con Scilipoti. Aristotele, nella sua celebre analisi delle tre forme di governo, ciascuna della quali ha una forma degenere, non avrebbe dubbi a concludere che siamo ampiamente passati dalla “democrazia” alla “demagogia”, in specie con i monopoli della comunicazione di massa. Socrate, condannato da innocente, decide di non fuggire, quando tutto era facile e predisposto (vedi il Critone), per il rispetto alle leggi del suo stato: se ti comparissero davanti le leggi, oi nomoi, e ti dicessero, ma come mai, se non ti andavamo bene, non te ne sei andato prima? Ora, a settant’anni, poiché ti abbiamo condannato, hai la sfacciataggine di ripudiarci? Così Socrate decide, volontariamente, per la cicuta. Ecco, credo che oggi avrebbe qualcosa da dire sulle leggi ad personam. Kant, riconducendo la religione nei limiti della semplice ragione, potrebbe scrivere un best seller molto sistematico, che in fondo oggi sarebbe tollerato, e sicuramente avrebbe un boom di vendite; sul fatto di assumere il bunga bunga come massima universale per tutti gli uomini, instaurando una morale puramente formale e non contenutistica, avrebbe qualche problema in più, anche se dai geni c’è da aspettarsi di tutto. Sartre potrebbe tentare una ridefinizione degli obiettivi della sinistra, rivisitando la teoria del valore-lavoro in un mondo in cui spesso le nuove tecnologie non rendono più il plus-valore come il valore del plus-lavoro, stante la replicabilità all’infinito di entità come il software, con una rivisitazione dell’alienazione che ne deriva in chiave esistenzialistica. Nietzsche è difficilmente prevedibile; potrebbe individuare l’anticristo in certi nostri personaggi; e potrebbe interpretare il verso dell’asino, che, ragliando, dice “ja, ja”, a chi dice sì allo stato attuale delle cose, e si trincera dietro all’etica degli schiavi, facendosene scudo; anche quando essa prende la forma, molto terrena, di un fiume di denaro. Forse Schopenhauer sarebbe quello più a suo agio, in forza del suo pessimismo: ve l’avevo detto io che lo Stato incarna il Wille zu leben, cioè la massimizzazione dell’egoismo, anche se riferito alla specie e non al singolo individuo…

D. Molto interessante, grazie. Che ne diresti di far rivivere i personaggi della filosofia e farli parlare dell’oggi?

R. Ti mando la prima puntata. Il nostro protagonista, un ragazzo spagnolo che sfrutta la sua borsa Erasmus in Italia, trova casa e trova in un baule l’arcivernice.

Ci rivolgiamo al lettore ipocrita, che senza confessarlo coltiva in segreto, come noi, tutti i vizi dell’intelligenza e quindi non si scandalizzerà in questo viaggio puramente ideale che trasgredisce i confini dello spazio e del tempo.

Vi diamo appuntamento a presto con la prima puntata: “L’arcivernice”.

NOTE BIOGRAFICHE
Maurizio Matteuzzi, insegna Filosofia del linguaggio, Teoria e sistemi dell’Intelligenza Artificiale e Filosofia della Scienza presso la Facoltà di Scienze della Formazione dell’Università di Bologna. Studioso poliedrico, ha rivolto la propria attenzione alla corrente logicista rappresentata da Leibniz e dagli esponenti della tradizione leibniziana, maturando un profondo interesse per gli autori della scuola di logica polacca (in particolare Lukasiewicz, Lesniewski e Tarski). Lo studio delle categorie semantiche e delle grammatiche categoriali rappresenta uno dei temi centrali della sua attività di ricerca. Tra le sue ultime pubblicazioni: “L’occhio della mosca e il ponte di Brooklyn – Quali regole per gli oggetti del second’ordine?” (in «La regola linguistica», Palermo, 2000), “Why Artificial Intelligence is not a science” (in Stefano Franchi and Güven Güzeldere, eds., “Mechanical Bodies, Computational Minds. Artificial Intelligence from Automata to Cyborgs”, M.I.T. Press, 2005). Ha svolto il ruolo di coordinatore di numerosi programmi di ricerca di importanza nazionale con le Università di Pisa, Salerno e Palermo. Fra il 1983 e il 1985 ha collaborato con la IBM e, a partire dal 1997, ha diretto diversi progetti di ricerca per conto della società FST (Fabbrica Servizi Telematici, un polo di ricerca avanzata controllato da BNL e Gruppo Moratti) riguardo alle tecniche di sicurezza in informatica, alla firma digitale e alla tecniche di crittografia.

Linda Giannini

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