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L’arcivernice: L’ars oratoria di ieri e di oggi (quarta puntata)

Pubblicato il: 07/12/2011 21:34:22 -


“Schopenhauer non degnò Ramon di un’occhiata, e prese a leggere avidamente il giornale”.
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Con lo sguardo cattivo, spiritato. Così appariva Schopenhauer nel testo di filosofia che Ramon stava sfogliando. Usare l’arcivernice su di lui? Era senza dubbio un rischio, il suo carattere aspro e misantropo non prometteva niente di buono. Ecco, era ancora più sfidante, perché allora negarsi questo vizio?

Schopenhauer non degnò Ramon di un’occhiata, e prese a leggere avidamente il giornale. Dopo un po’ disse:

“Ciarlatani”.
“Chi, Maestro, chi sono i ciarlatani?”
“Dopo i soliti tre, dopo quelli dell’io-puro, dell’io-natura, del pittore abilissimo che dipinge con una tavolozza di tutti neri? Ma gli altri sono, tutti gli altri che nascondono se stessi dietro la maschera, quelli che non ammettono che l’unica loro forza propulsiva è la loro smodata, immensa, incontenibile volontà di vivere”.
“Sì, d’accordo, ma, nel giornale…”
“Qui stanno scritte le frasi più incredibili. Che senso ha la cooperazione? Gli aiuti internazionali? Ad ogni aiuto corrisponde un ritorno, un fine inconfessato, a volte persino palese. Perché di tanti popoli oppressi proprio quello libico era meritevole di aiuto? Il vero, unico noumeno è la volontà, volontà che per sua natura vorrebbe darsi come assoluta, come priva di limiti, e viceversa in questa modalità non si può dare. La volontà di vivere rappresenta l’unica spinta vitale. Allora, nel cozzare contro quella, omologa e antitetica, degli altri, nel suo doversi limitare, trova soluzioni di compromesso per autoconservarsi. Così persino l’amore, che appare prima facie il contrapposto dell’egoismo, altro non è che il Wille zum leben della specie, la sua volontà di perpetuarsi. Così lo Stato, alla continua ricerca dell’equilibrio delle volontà di tutti i singoli, in un tentativo di razionalizzazione di una dikaiosyne distributiva giocata al ribasso”.
“Maestro, posso leggerti una cosa? Attento: ‘La insensibilità di Chi pensasse con aprioristici veti di impedire soluzioni utili, reali, definitive ed attese a dimostrare esclusivamente la insopportabile distanza e la tracotante diffidenza che, purtroppo, insistono tra detentori del potere e rappresentanti dello Stato esclusivamente formale e cittadini comuni facenti parte unicamente dello Stato reale, è a terribilmente dimostrare quanto si pensi di poter calpestare utilità sicure, vantaggi pratici ed attese popolari indilazionabili, coniugando la sussistenza di farraginose, non più tollerabili ed insuperate, sterili pendenze, peraltro costose ed assolutamente carenti di vantaggiosi riscontri, con soluzioni di immediatezza ed ovvia utilità. Con ciò è a significarsi quanto l’essere pateticamente teoretici congiunga e faccia attanagliare il bieco conservatorismo di facciata, privo di efficacia e latitante di praticità, concretezza e sensibilità alle contrastanti esigenze sia di taglio economico e finanziario statuali come anche alle attese più sentite di milioni di cittadini indebitati e lacerati nella propria individualità personale e familiare’. Ecco, Maestro, che cosa vuol dire?
“I ciarlatani come Hegel avevano un certo stile; la mancanza di limpidezza di pensiero era pur sempre accompagnata da un tono, seppure erratico, fondato su un linguaggio forte e avvincente, anche se spesso inutilmente pomposo, ma pur sempre corretto. Qui tu mi leggi parole in libertà: uomo corre campanile zucchero. Vergogna!”

Schopenhauer si accarezzò con la mano destra i bianchi capelli bipartiti, arruffati sui due lati e molto radi nel centro; l’occhio si fece più torvo ancora, lo sguardo asimmetrico; il labbro inferiore serrato, ineguale, tagliente. Sprezzante, rientrò nella sua effige, e parve a Ramon che il pulviscolo che si andava dissolvendo, pur nella sua forma sempre più rarefatta, si sforzasse di far perdurare il più possibile un’espressione di profondo disgusto.

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Note bio:
Maurizio Matteuzzi, insegna Filosofia del linguaggio, Teoria e sistemi dell’Intelligenza Artificiale e Filosofia della Scienza presso la Facoltà di Scienze della Formazione dell’Università di Bologna. Studioso poliedrico, ha rivolto la propria attenzione alla corrente logicista rappresentata da Leibniz e dagli esponenti della tradizione leibniziana, maturando un profondo interesse per gli autori della scuola di logica polacca (in particolare Lukasiewicz, Lesniewski e Tarski). Lo studio delle categorie semantiche e delle grammatiche categoriali rappresenta uno dei temi centrali della sua attività di ricerca. Tra le sue ultime pubblicazioni: L’occhio della mosca e il ponte di Brooklyn – Quali regole per gli oggetti del second’ordine? (in «La regola linguistica», Palermo, 2000), Why Artificial Intelligence is not a science (in Stefano Franchi and Güven Güzeldere, eds., Mechanical Bodies, Computational Minds. Artificial Intelligence from Automata to Cyborgs, M.I.T. Press, 2005). Ha svolto il ruolo di coordinatore di numerosi programmi di ricerca di importanza nazionale con le Università di Pisa, Salerno e Palermo. Fra il 1983 e il 1985 ha collaborato con la IBM e, a partire dal 1997, ha diretto diversi progetti di ricerca per conto della società FST (Fabbrica Servizi Telematici, un polo di ricerca avanzata controllato da BNL e Gruppo Moratti) riguardo alle tecniche di sicurezza in informatica, alla firma digitale e alla tecniche di crittografia.

Maurizio Matteuzzi

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