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L’arcivernice: Il buio e la luce (venticinquesima puntata)

Pubblicato il: 18/05/2012 18:33:45 -


“Il mondo reale è quello delle immagini che vediamo? I colori in fondo dipendono dalla frequenza di un’onda. Allora esistono gli alberi, e i tavoli, o le onde?”. Ramon a colloquio con Thomas Nagel.
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Le ombre si allungano nella sera, sembra che tentino di farsi tutt’uno col buio. Il giardino, mal tenuto e spoglio, che Ramon vedeva dalla finestra, si andava annerendo di aloni attorno alle cose, ai pochi alberi, alle siepi, quasi a evocare un verde imbrunito e innaturale. “Forse è davvero la sera l’ora della filosofia”, pensò Ramon, “nella rappresentazione di un pittore abilissimo, ma che ha una tavolozza di tanti colori neri, come dice Hegel”. Ma perché il buio e la luce?

Il mondo reale è quello delle immagini che vediamo? I colori in fondo dipendono dalla frequenza di un’onda. Allora esistono gli alberi, e i tavoli, o le onde?

Thomas Nagel, ecco a chi chiedere. Ma non era facile trovarne l’immagine, troppo recente. Ramon concepì un esperimento. Andò su Wikipedia, e stampò la fotografia di Nagel. Poi provò. Funzionava…

“Allora, che effetto fa essere un pipistrello, Professore?”

“Il mondo del pipistrello è esperito attraverso il sonar. Come faccio a immaginarmi il suo mondo senza essere un pipistrello? Eppure siamo nella stessa stanza, la bestiola vola in modo caotico, ma evita gli ostacoli, proprio come me, che aggiro i tavoli e le sedie. Ma siamo nello stesso mondo? Se io avessi l’apparato sensoriale di un pipistrello, quel barattolo di arcivernice sul tavolo sarebbe un insieme di vibrazioni, più o meno sfumate…”

“E magari il mondo è così, e noi viviamo un filmato, una continua illusione ottica?”

“O forse il mondo è tutt’e due le cose insieme, e la nostra coscienza, la nostra ‘intenzionalità’ fa il resto. La nostra cultura nasce dall’immagine, è essenzialmente visione, è ‘teoria’, da ‘theorao’, mi guardo attorno. E lo scopo del filosofo è giungere ad una Weltanschauung, a una visione-del-mondo o a una immagine del mondo. Il fenomeno, ciò che arriva fino a noi, ci insegna Kant, deve attraversare le due lenti colorate dello spazio e del tempo, e lo spazio è vissuto come euclideo, tridimensionale, colorato. Ma come sarebbero le forme a priori dell’intuizione sensibile per un pipistrello? Riusciamo a concepirne una ‘estetica trascendentale’? E la coscienza interna come ne deriverebbe? Un mondo senza luce, che vibra…”

“Ma non sarebbe la stessa situazione in cui si trova un uomo cieco?”

“Assolutamente no. Un uomo cieco si forma, attraverso gli altri sensi, comunque una ‘visione’. La sua fantasia si sostituisce alla sensazione a formare, con l’aiuto degli altri sensi, una forma dell’oggetto, di questo tavolo, di questo barattolo, che è essenzialmente, intrinsecamente un’immagine, anche se un’immagine non vista ma costruita. Un cieco non pensa come un pipistrello, né un pipistrello come un cieco. Per il pipistrello il mondo vero è il suo, è quello del sonar, delle frequenze e delle onde, dei rimbalzi dei suoni…”

“Ma… varrebbe la stessa matematica? In fondo in linea teorica il pipistrello potrebbe ‘contare’ le sensazioni”.

“Forse si salverebbe la stessa geometria, da un punto di vista astratto, ossia algebrico. Se ammettiamo che vi sia una legalità a priori, noi potremo intenzionarne una determinata ontologia regionale, il pipistrello un’altra”.

“Affascinate”, pensò Ramon. E, per un qualche imperscrutabile percorso associativo, forse per una percezione fugace apparsa in modo subliminale, magari una bolletta della luce (ecco un’altra bega che i pipistrelli non hanno…), gli venne in mente la crisi. E pensò che il Paese che lo ospitava, e che tanto lo attraeva per i tratti della sua cultura, stava perseguendo in modo sistematico un disinvestimento drastico e drammatico sulla scuola, sull’università, sulla ricerca. Che andava curando l’assenza di sviluppo tagliando proprio l’origine di ogni sviluppo. Che per curare la recessione adottava scelte sempre più recessive. E gli venne un dubbio. Che i politici vivano il mondo dei pipistrelli o il nostro? Ramon aveva letto la nota di Giulia su Goya; forse quella corretta è la riformulazione di Arbasino: il sonno della ragione genera ministri.

Ormai era venuto il buio; i tratti di Nagel si potevano intravedere appena alla fioca luce pallida della luna. Ma Ramon viveva una strana inibizione ad accendere la luce. Gli sembrava quasi di cancellare un mondo, quello del pipistrello…

E, per di più, un pensiero all’improvviso lo turbò. Thomas Nagel era vivo e vegeto, era dall’altra parte dell’Atlantico in quello stesso momento; ma allora, con chi stava parlando? Qual era quello “vero”? Come stava, Nagel, di là, che coscienza aveva di questo dialogo? Le molecole vere, quelle del mondo, erano lì, davanti a lui, o là, seimila chilometri più a ovest? E poi il tempo… Che senso aveva parlare di contemporaneità? Il simultaneo dipende dal sistema galileiano di riferimento, ci insegna Einstein. Spazio e tempo… Mentre Nagel diveniva invisibile, Ramon pensò che se anche il mistero dell’arcivernice era inspiegabile, non potevano avere ragione i pipistrelli.

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Note bio:
Maurizio Matteuzzi, insegna Filosofia del linguaggio, Teoria e sistemi dell’Intelligenza Artificiale e Filosofia della Scienza presso la Facoltà di Scienze della Formazione dell’Università di Bologna. Studioso poliedrico, ha rivolto la propria attenzione alla corrente logicista rappresentata da Leibniz e dagli esponenti della tradizione leibniziana, maturando un profondo interesse per gli autori della scuola di logica polacca (in particolare Lukasiewicz, Lesniewski e Tarski). Lo studio delle categorie semantiche e delle grammatiche categoriali rappresenta uno dei temi centrali della sua attività di ricerca. Tra le sue ultime pubblicazioni: L’occhio della mosca e il ponte di Brooklyn – Quali regole per gli oggetti del second’ordine? (in «La regola linguistica», Palermo, 2000), Why Artificial Intelligence is not a science (in Stefano Franchi and Güven Güzeldere, eds., Mechanical Bodies, Computational Minds. Artificial Intelligence from Automata to Cyborgs, M.I.T. Press, 2005). Ha svolto il ruolo di coordinatore di numerosi programmi di ricerca di importanza nazionale con le Università di Pisa, Salerno e Palermo. Fra il 1983 e il 1985 ha collaborato con la IBM e, a partire dal 1997, ha diretto diversi progetti di ricerca per conto della società FST (Fabbrica Servizi Telematici, un polo di ricerca avanzata controllato da BNL e Gruppo Moratti) riguardo alle tecniche di sicurezza in informatica, alla firma digitale e alla tecniche di crittografia.

Maurizio Matteuzzi

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