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L’arcivernice: Il mondo esterno e i frattali (trentunesima puntata)

Pubblicato il: 18/07/2012 21:28:04 -


“Maestro, ma allora il mondo è ‘frattale’?”. Malndenbrot aveva già i contorni sfumati dell’evanescenza. Ramon colse un ultimo flatus vocis: “forse, ragazzo”.
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Ramon si risvegliò preso da un grande senso di confusione. Mondo/sopramondo. Il mondo del pipistrello. Le “cose comuni” che travalicano l’uso, che si porgono come datità quotidiana, come insegna Warhol a Giulia. La domanda che suscita angoscia: ma cosa c’è là fuori? E poi, c’è un di-fuori? Non avrà ragione Fichte, c’è solo l’io, che altro mi consta, se non il residuo come non-io? Pessima mattina, ogni ingenua ovvietà viene meno, mancano i puntelli cui appoggiarsi. Si può vivere senza il mondo esterno? Il paradiso della geometria di Euclide pare dissolversi. Bacillum, diminutivo di baculum, bastone: Ramon si sentiva un “imbecille”, cioè colui che ha bisogno di un bastone per andare avanti.

Ramon doveva capire meglio, capire di più. Non ha senso chiedersi se il mondo sia euclideo, il mondo non è una “geometria”. Ma non pare nemmeno farsi ridurre a resistenza iletica, antitipia; il mondo è energia, è dynamis, virtualità, poiché c’è un seguito, l’unico seguito irreversibile, quello del tempo.

Così pensava Ramon, mentre, distratto, eseguiva meccanicamente il rito del risveglio, l’accensione della macchina del caffè, le abluzioni mattutine.

Si sedette poi al tavolo di legno massiccio, con la tazza del caffè fumante in una mano, mentre con l’altra prese a sfogliare un grosso tomo che Giulia gli aveva regalato, “Della geometria e dintorni”. C’era troppo a cui pensare, la mente rischiava l’overflow, il tilt, il blocco definitivo e finale. Sfogliando, si imbattè nella foto di Benoit Mandelbrot, l’ideatore dei frattali. Che sia questa la via per capire come è fatto il mondo esterno? Che sia questo il bastone? La decisione di ricorrere all’arcivernice fu presto presa.

“Maestro, come è fatto il mondo esterno?”

“Noi siamo abituati a studiare gli oggetti, dal punto di vista matematico, riportando il problema che ci interessa a un loro modello ideale, geometrico o matematico, il quale, nella sua idealità, appunto, presenti i caratteri della regolarità. Per esempio, calcoliamo l’area di un terreno triangolare ragionando su un triangolo perfetto, che giace su un piano, e i cui bordi sono linee perfettamente rettilinee, dotate di lunghezza ma non di larghezza né di spessore. In altre parole, ci volgiamo al mondo delle idee, che è privo di irregolarità, per conoscere quello delle cose, che ne è un’imitazione difettiva”.

“Mentre invece…”

“Assumiamo di dovere compiere la misurazione di una costa, per esempio, d’Inghilterra. Se compiamo questa operazione su una carta d’Europa, saranno segnati pochi punti rilevanti. La costa, per noi, sarà una spezzata che collega in modo rettilineo quei punti rilevanti. Se ora passiamo a una carta più dettagliata, scopriremo che i punti rilevanti sono molti di più, e che quei tratti che prima abbiamo considerato segmenti rettilinei sono a loro volta delle spezzate. E così via, fino a un punto che dipende dalla lunghezza minima che intendiamo prendere in considerazione.

“E quindi…”

“La caratteristica fondamentale delle strutture frattali è, quindi, prima di tutto, quella che è stata chiamata della auto-similitudine o auto-somiglianza: nella parte ritroviamo, ricorsivamente e a livello più piccolo, la struttura dell’intero. Così la parte di un cavolfiore è un piccolo cavolfiore in miniatura, e il ramo di un albero è simile all’intero albero, così come i rami più piccoli che si dipartono da esso. Questa caratteristica, ben nota ai matematici per gli insiemi infiniti, viene qui assunta anche per quelli finiti. Riprendiamo, ad altro titolo, l’esempio della carta d’Inghilterra: al punto estremo di precisione, la carta è fatta tanto bene, a un tale livello di dettaglio, che dentro alla carta c’è la carta stessa, molto più in piccolo, naturalmente, e il processo è iterabile a piacere. A questa specie di paradosso ci aveva abituato la definizione costruttiva di infinito alla Dedekind, come insieme auto-riflessivo. Adesso, per capire i frattali, ci si chiede di compiere lo stesso percorso intellettuale anche per gli enti finiti”.

“Ma, professore, il mondo è ‘frattale’?”

“Che il mondo sia frattale non lo so. Ma questo approccio consente una via intermedia tra determinismo e non determinismo.”

“In che senso, perché il mondo esterno non dovrebbe essere deterministico?”

“Il tratto della causalità non deve essere ridotto a quello della semplicità, e quindi calcolabilità: un fenomeno, nel rispetto della causalità, può presentare un grado di complessità tale che la cosa migliore che possiamo fare è di descriverlo come casuale. Qui l’esempio canonico è quello delle previsioni meteorologiche: un sistema di turbolenze è composto di vortici, i quali a loro volta sono composti da vortici più piccoli, e così via. Il sistema è frattale, e, a ogni livello, ritroviamo, nel rispetto della causalità, un grado di complessità indominabile. Ecco quindi che il macrofenomeno acquista un carattere di apparente casualità. Tanto più in considerazione del fatto che il suo andamento può essere fortemente influenzato da una causa indefinitamente piccola.

“Ma questo non dipende dalla nostra ignoranza, dal non sapere ancora spiegare compiutamente i fenomeni?”

“O non sarà tuttavia, gnoseologicamente vero che comunque ogni ente che si dà nel mondo debba avere, o assumere, le caratteristiche euclidee, secondo la teoria delle forme a priori dell’intuizione sensibile kantiana?”

“Ma cosa vieta che le dimensioni siano numeri non interi? Accanto alle dimensioni 1, 2, 3… perché non si potrebbe dare la dimensione un mezzo?”

“Maestro, ma allora il mondo è ‘frattale’?”

Malndenbrot aveva già i contorni sfumati dell’evanescenza. Ramon colse un ultimo flatus vocis: “forse, ragazzo”.

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Maurizio Matteuzzi

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