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L’arcivernice: L’iperuranio o la scimmia? (trentanovesima puntata)

Pubblicato il: 24/10/2012 17:32:50 -


“Non c'è alcun disegno; e se mai ci fosse, non sarebbe certo ‘intelligente’: la natura trova la sua via per prova ed errore, attraverso milioni e milioni di fallimenti”. Charles Darwin.
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Ramon era ancora ancorato ai pensieri sul senso della vita. Vita per la conoscenza o vita per la felicità? Ma, soprattutto, spiegazione per cause o spiegazione per fini? Esiste la finalità?
Certo, è difficile spiegare che cosa sia un’ “azione” senza il concetto di finalità, la funzione obiettivo. Alfred Schütz arriva a dire che lo scopo è il significato dell’azione, un’azione senza scopo essendo, appunto, insensata. Per un altro verso, come ammettere di trovare le ragioni del darsi nel futuro, anziché nel passato, se il futuro ancora non c’è? Ecco un secondo problema, che aggrava il primo. Se conoscere è “scire per causas”, come dice Aristotele, non deve essere tutto spiegabile “ex ante”, e non “ex post”? Ancora, tra le cause si dà in effetti la causa finale, come aveva teorizzato lo Stagirita? L’alternativa è il meccanicismo, il mondo materiale di Cartesio, il dominio delle leggi fisiche della meccanica. Molte teorie sono basate sul finalismo. Ma un colpo terrificante a questo approccio venne dato da quello straordinario libro che è “L’origine delle specie”, libro che ha sconvolto non solo la biologia, ma tutto il modo di pensare moderno. Sì, concluse Ramon, doveva assolutamente trovare un’immagine di Charles Darwin. Non fu difficile. La barba bianca lunga e fluente, il vestire sobrio molto scuro, quasi nero, l’ampia calvizie centrale, Charles Darwin, per quanto apparentemente dimesso, sembrava tuttavia imponente, ieratico quasi.

– Maestro, davvero la vita può essere ricondotta a nient’altro che evoluzione biologica?
– Io questo non l’ho mai detto.
– Ma tu escludi la presenza di un disegno intelligente, di una finalità…
– Sì, non c’è alcun disegno; e se mai ci fosse, non sarebbe certo “intelligente”: la natura trova la sua via per prova ed errore, attraverso milioni e milioni di fallimenti, eliminando con rigore e crudeltà la maggior parte degli individui “venuti male”, cioè inadatti o solo semplicemente meno adatti. Ti pare che questo si possa definire un disegno intelligente? Sarebbe come se un ingegnere navale, anziché calcolare il suo progetto sulla base delle leggi dell’idraulica, per fare una nave che sta a galla facesse cento, mille navi, destinate per lo più ad affondare, e finalmente tenesse quelle poche che stanno a galla. Vedi, Ramon, per capire bene il mio pensiero devi prima di tutto leggere Malthus. Qualsiasi popolazione di individui, e non parlo solo degli uomini, ma di qualsiasi specie animale, tende ad aumentare in numerosità, e trova un limite nella finitezza delle risorse naturali, e nell’analoga tendenza delle specie concorrenti. Per cui, necessariamente, la vita è prima di tutto lotta per la sopravvivenza; ed essa si fa sempre più crudele all’approssimarsi di tale limite.

– Ma come spiegare, per questa via, il formarsi della coscienza, o la nona di Beethoven?
– Questa domanda, che mi è stata rivolta in tante forme diverse, ma nella sostanza equivalenti, ha sempre suscitato in me un certo stupore. Perché dovremmo meravigliarci del fatto che il cervello secerne pensiero più di quanto ci meravigliamo della gravità che ci mostra di avere la materia? Non è meraviglioso, incredibile, e apparentemente intelligente che due corpi si attraggano in ragione diretta del prodotto delle loro masse, e in ragione inversa del quadrato della loro distanza? Ma che ne può sapere la materia della gravitazione universale di Newton? Ramon, non ti fare circuire dalle teorie platoniche: la credenza platonica in un mondo delle idee, la tesi che la conoscenza, che le nostre idee nascano dalla preesistenza dell’anima è corretta, ma a patto che tu, per “preesistenza”, legga “le scimmie”.

– Ma secondo questo argomento, lo stesso si può dire allora anche del mondo non vivente…
– Certo, la situazione è la stessa. C’è chi vede un grande progetto intelligente nelle leggi della fisica, che fanno sì che la Terra orbiti in un certo modo intorno al Sole, senza essere fagocitata dal suo campo gravitazionale (nel caso, tutti noi saremmo arsi in un istante…) e senza essere lanciata, per la forza centrifuga dell’orbita, negli spazi vuoti, alla deriva nella gelida infinitezza del vuoto. Ma basta riflettere un attimo e si capisce che quei pianeti per i quali la forza centrifuga e la forza gravitazionale non si facevano perfetto equilibrio sono morti per selezione naturale, non possono più esserci, sono combusti, o vagano ghiacciati per inerzia nello spazio interstellare.

Ramon restò molto colpito. Capiva che quell’approccio mandava a gambe levate una fetta cospicua del pensiero occidentale. Ora capiva bene il senso della battaglia, tutta politica e legale, e per niente scientifica, condotta di recente negli Stati Uniti dai sostenitori del così detto “Intelligent Design”, con il chiaro intento di reintrodurre una qualche forma di creazionismo; e gli divenne chiaro come, su una strada assai simile, si fosse mossa di recente in Italia il ministro Moratti. Pensò istintivamente che avrebbe voluto richiamare Tommaso, e farlo argomentare sulla sua celebre quinta via all’esistenza di Dio, quella basata sulla perfezione del creato. Probabilmente Tommaso direbbe: è possibile che tante componenti prive di intelligenza formino per prova ed errore un elemento intelligente? Prendiamo un computer. Potrebbe mai formarsi combinando componenti elettronici per prova ed errore? Sembra assurdo, ma solo nella percezione della durata che ha l’uomo, che è commisurata alla propria vita; Darwin ribatterebbe: in qualche miliardo di anni sì, è possibile.

Ramon sentiva l’urgenza di altre domande. Cominciò: “Maestro…”.
Ma dell’austera figura rimaneva ormai solo una confusa macchia nera.

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