Migliorare le competenze degli adulti italiani: il rapporto degli esperti sul progetto PIAAC

La commissione di esperti sul progetto PIAAC – promossa dal MIUR e dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali dopo l’uscita dei risultati dell’indagine OCSE PIAAC (ottobre 2013) – ha prodotto un sintetico rapporto che, riassumendo i punti essenziali della ricerca, evidenzia un quadro impietoso della limitata disponibilità di competenze della popolazione adulta nel nostro paese. Il documento evidenzia bene la correlazione tra fattori socio-demografici e ritardi vecchi e nuovi del sistema nell’adeguarsi a quanto da qualche tempo l’Europa ci chiede; ma soprattutto a quanto un paese democratico dovrebbe poter garantire ai cittadini, che – nella realtà complessa del mondo attuale – hanno il diritto di vivere e partecipare con responsabilità e dignità al lavoro e alla vita sociale.

La commissione richiama dati di confronto soprattutto con gli altri paesi europei ed evidenzia con equilibrata imparzialità la permanenza di fattori “inabilitanti” che dipendono dalla tradizione del nostro sistema scolastico e produttivo, sempre meno capace di valorizzare competenze elevate. L’Italia è il paese che più di altri evidenzia la trappola del “low skills equilibrium” tra domanda e offerta di lavoro, un paese in cui alla domanda di lavoro di qualità medio-bassa corrispondono competenze trasversali modeste dei lavoratori.
A questo si aggiunge l’obsolescenza di competenze prodotta da situazioni di disoccupazione, che si prolungano oltre i dodici mesi, condizione che caratterizza quote consistenti della popolazione italiana adulta, in cui il numero di pensionati e disoccupati di lunga durata è molto elevato.

Anche il prodotto del sistema scolastico, soprattutto di quello universitario, appare più debole nel confronto con quello di altri sistemi, i 16-29enni italiani laureati non superano il livello 3 di competenza, pari al livello raggiunto da giovani diplomati giapponesi, finlandesi, olandesi o australiani, per citare solo alcuni paesi.
La scarsissima partecipazione degli adulti italiani ad attività d’istruzione e formazione, che colloca l’Italia all’ultimo posto tra tutti i paesi, è inversamente proporzionale al livello di competenza evidenziato e al titolo di studio posseduto.
L’analisi, da cui scaturiscono le proposte di policy, considera sia le caratteristiche del sistema scolastico (poca scuola, forse eccessivamente tarata sulle discipline nel settore secondario, poca università, scarsissima offerta d’istruzione post-diploma non accademica), sia la debolezza del sistema produttivo, incapace di valorizzare e stimolare la formazione di competenze elevate e sia la persistente distanza e scarsa coerenza tra sistema formativo e sistema produttivo.

Le proposte si distinguono in azioni strategiche e in proposte operative.
Le azioni strategiche riprendono obiettivi e prospettive volte a rilanciare il sistema formativo nel suo insieme per allinearlo a quanto l’Europa raccomanda (permeabilità d’istruzione e formazione professionale allo scopo di garantire qualificate competenze per la vita, lotta alla dispersione scolastica e formativa, utilizzo delle nuove risorse offerte dalle ICT, rinforzo della cultura della valutazione e innovazione degli approcci pedagogici e formativi) e indicano strumenti e strutture, presenti nel nostro sistema, ma non ancora attuati – ovvero già sperimentati – ma, di fatto, non più praticati: i CPIA (Centri Provinciali per l’Istruzione degli Adulti), il cui regolamento è stato varato nel 2013, cominceranno forse a funzionare nel 2014-2015; l’ONEDA (Osservatorio Nazionale dell’Educazione degli Adulti), che – nato nell’allora CEDE (Centro Europeo dell’Educazione) durante i ministeri Berlinguer prima e De Mauro – poi, di là degli strumenti e delle analisi prodotte, ha perduto la sua funzione iniziale di rappresentare il riferimento generale entro il quale sviluppare la valutazione del sistema d’istruzione e formazione.
La coerenza del ragionamento, in cui proposte operative e azioni mirate sono collocate, è chiara:
– azioni mirate ai NEET (Not in Education, Employment or Training);
– interventi brevi/lunghi finalizzati a settori specifici di popolazione, realizzati nelle scuole e nei CFP (Centri di Formazione professionale), con personale docente e formativo in servizio;
– varie forme di supporto e d’incentivo alle imprese per garantire innovazione e occupazione.

Il problema centrale tuttavia resta quello della praticabilità degli impegni e dei tempi, questo è, infatti, il terreno sul quale troppo spesso s’impantanano molte delle lodevoli proposte che, già da qualche tempo, avrebbero dovuto sostenere il “lifelong learning” nel nostro paese.

Per approfondire leggi: “Il rapporto della commissione sul Progetto PIAAC 2014

Correlazioni:
allegato con testo completo
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