“La nonna di Pitagora” per digerire la matematica
Può la favola diventare strumento didattico che rende apprezzabili agli studenti materie altrimenti ostiche come la matematica? Nell’idea di alcuni docenti e nel libro che ne è seguito sì: personaggi “veri” che si animano per incuriosire i ragazzi creando nello stesso tempo in loro un sentimento affettivo dagli effetti benefici di lunga portata.
Perché parlare, su una rivista di “education”, della nonna di Pitagora, della sorella di Archimede, della zia di Euclide, della moglie di Eulero?
No, non siamo stati vinti da un’improvvisa passione per l’araldica. Personaggi, oltre a tutto, o completamente inesistenti, o, se anche esistiti (Pitagora avrà pur avuto una nonna…), di cui poco o nulla si sa.
Il fatto è che essi ci tornano utili per affrontare una volta di più un tema da sempre dibattuto, la repulsione di certi allievi agli studi matematici; il famoso, e purtroppo frequente: “odio la matematica”.
E allora ecco che in due specialisti di didattica della matematica nasce un’idea.
Perché non fare appello alla favola, tema che viceversa induce una grande felicità, oltre che una conseguente attenzione, nei discenti?
Ma di certo non si può fare direttamente uso di Esopo, o di Fedro…
E allora ecco la soluzione: le favole ce le inventiamo; e facciamo in modo che ognuna di esse termini con la scoperta, più o meno casuale, di una importante verità matematica.
Ricorrendo a grandi personaggi della storia del pensiero formale, come Eudosso o Cartesio o Peano, in modo che al discente intanto divengano familiari, e accostare loro personaggi improbabili, di fantasia: al posto della volpe, della rana, della cicogna di Fedro, avremo una zia, una sorella, un servitore, un monaco.
L’esito, paradossale, è comunque la scoperta: il teorema di Pitagora, le coniche, la geometria analitica…
Da questo approccio, assai originale e, direi, per certi versi geniale, è venuto fuori un libro, dal titolo strano: “La nonna di Pitagora”, appunto.
Un libro fuori dal comune, irridente e serio a un tempo. Diviso in due metà: prima le favole, poi la trattazione scientifica, la ricostruzione storica dei personaggi “veri”, una breve storia della matematica per medaglioni importanti, senza pretesa di esaustività.
Lo scopo dichiarato, e a nostro avviso largamente raggiunto, è quello di suscitare non solo la curiosità nei discenti, ma, allo stesso modo, un sentimento affettivo, un legame emozionalmente positivo che getti un ponte tra l’astratto iperuranio delle fredde verità formali, ferme nei loro ferrei legami, diciamo con Parmenide, e i personaggi fiabeschi che vi girano intorno, vivi, che respirano, umanamente, arzille vecchiette che lavorano a maglia per esempio.
Con un corredo di splendide e spesso spiritose illustrazioni.
Che poi essi siano esistiti, poco importa. Come per la volpe di Fedro, o la zanzare e il leone di Esiodo.
Crediamo sinceramente che i colleghi che trovano difficoltà a fare apprezzare, o almeno a non fare odiare, la propria materia, si parla della matematica ovviamente, possano trovare qui uno strumento didatticamente validissimo; dal cui buon uso può scaturire ben di più dell’apprendimento di qualche teorema, cioè un vero e proprio cambio di atteggiamento psicologico, che arrivi a impattare su tutta la vita futura dei propri allievi.
IL LIBRO:
La nonna di Pitagora. L’invenzione matematica spiegata agli increduli, di Bruno D’Amore e Martha I. Fandiño Pinilla, disegni di F. Grazioli, Edizioni Dedalo, 2013.
Bruno D’Amore, già professore ordinario, PhD in Mathematics Education.
Martha I. Fandiño Pinilla, prof. contratto, PhD in Mathematics Education.
Docenti di “Didattica della Matematica”presso il Dipartimento di Matematica – Università di Bologna.
Maurizio Matteuzzi