Qualche leggenda metropolitana in tema di istruzione e di crisi
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Un mio vecchio amico e collega, che da sempre si occupa della collocazione degli studenti dopo la laurea, è solito rispondere, alla domanda se sia il caso di tagliare sull’istruzione: “Quando c’è la carestia il contadino taglia su tutto fuori che sulla semina”.
In occasione dell’ormai dilagante tema della “crisi” ci sono alcuni collegamenti che vengono ormai fatti in modo automatico, e che è bene viceversa analizzare a fondo. Si dà per scontato che la spesa pubblica italiana è abnorme, che è uno dei nostri punti di maggiore debolezza, in quanto il settore pubblico è sovradimensionato. “Abbiamo lo stesso numero di dipendenti pubblici degli Stati Uniti… che sono un po’ più grandi…”, Sen. Garavaglia (Lega Nord), 19 agosto 2011, Omnibus. Subito di seguito la citazione più ovvia: “la scuola…”; no, non cito in modo incompleto, ha detto proprio così, senza un verbo, il che rende problematico contraddirlo.
Naturalmente è solo un esempio; ma il costrutto sottinteso è: i costi della cultura sono ipertrofici, e di conseguenza i tagli sono più che giusti.
Per ragioni di appartenenza, e per una abitudine ormai consolidata a parlare più volentieri di quel po’ che conosco piuttosto che di quel molto che ignoro, mi limiterò a controargomentare sull’università. Di passaggio mi sia concessa una sola citazione dall’ultimo rapporto OCSE sulla scuola (7/09/2010): “POCHI INVESTIMENTI NELL’ISTRUZIONE – Dal Rapporto emerge che l’Italia investe poco nell’istruzione. Mentre in media i paesi dell’Ocse investono il 5,7% del PIL, l’Italia solo il 4,5%. Di meno c’è solo la Repubblica slovacca che spende appena il 4% del PIL nazionale. Ancor peggio se si fa riferimento alla percentuale di spesa pubblica che il nostro paese destina alla scuola: solo il 9% rispetto alla media che è del 13,3%”. Garavaglia avrà altri dati, sicuramente di fonte migliore.
Sull’università dunque. Cito da http://www.universitas.bo.it/: “I professori sono troppi? Stando al DPEF-Decreto di Programmazione Economica e Finanziaria del Governo, luglio 2009, pag. 37, (quale documento potrebbe essere più autorevole per un Ministro della repubblica?) in Italia il rapporto tra studenti e professori è 21,4 (contro 15,8 Paesi OCSE). Anzi, in base ai dati del Miur, Ufficio di statistica, il detto rapporto è attualmente 27,31”.
La nostra Ministra, che evidentemente si fida di più di Garavaglia che dei dati del suo stesso ministero (ripresi ovviamente dall’OCSE, almeno quelli corretti) dice o lascia intendere (a seconda di quanta claque sia disponibile) che i professori sono troppi…
Per stare al DPEF (del SUO governo), a volere solo raggiungere lo standard OCSE, i professori universitari dovrebbero essere 105.000, anziché i 60.882 di adesso. E questo spiega l’esistenza di circa 30.000 “precari”, cioè assegnisti, professori a contratto, dottorandi, spesso utilizzati (e non pagati) impropriamente per le impellenze della didattica.
Ma allora, la Ministra di cosa sta parlando? Pazienza i leghisti, che si devono focalizzare sulle quote latte, cose importanti, mica come quel lusso sfrenato che è l’istruzione; ma i ministri del MIUR non sarebbe meglio che acquisissero i dati del MIUR, che li leggessero e caso mai se li facessero spiegare? Non volendo neanche pensare alla mala fede precostituita, le uniche spiegazioni rimangono infatti l’ignoranza o l’incomprensione. (Anche se a dir la verità qualche conversazione con Bisignani, inaspettatamente intercettata, il legittimo insorgere di qualche malevolo dubbio potrebbero giustificarlo).
Ma se siamo sottodimensionati, e i meno numerosi, costeremo troppo perché siamo i più pagati? Qui è meglio che taccia.
Torno alla crisi con una battuta. Un mio vecchio amico e collega, che da sempre si occupa della collocazione degli studenti dopo la laurea, è solito rispondere, alla domanda se sia il caso di tagliare sull’istruzione: “Quando c’è la carestia il contadino taglia su tutto fuori che sulla semina”.
English abstract: Here I propose some remarks about false platitudes regarding the economic crisis and the costs of education.
Maurizio Matteuzzi