Caro Saviano, questa volta non sono d’accordo! La lettura, la rete e la Tv
In un recente articolo apparso su L’Espresso Roberto Saviano analizza i motivi per cui in Italia si legge poco, ed espone alcune sue considerazioni in merito. L’autore del presente contributo rilegge invece in chiave propria i punti evidenziati da Saviano, rilevando quelli sui quali si trova in disaccordo.
Roberto Saviano sull’Espresso – articolo “Le vittime dell’ignoranza schiave di chi governa”, nella rubrica “L’antitaliano” (23 ottobre 2013) – sostiene che per uscire dal disastro dei dati Ocse sui livelli di analfabetismo funzionale della popolazione italiana c’è una sola strada: “puntare sull’istruzione, arginare la dispersione scolastica soprattutto nelle aree del Sud più colpite dal fenomeno”.
Qui siamo perfettamente d’accordo.
E aggiunge che non è colpa della scuola, degli scrittori, dei giornalisti e degli editori se in Italia si legge poco, ma che la soluzione potrebbe essere quella di far entrare la letteratura nella Tv e nel Web.
E, per dimostrare l’efficacia di questi mezzi, cita due esempi: il primo è dato dalla lettura di alcune poesie di una nota poetessa (da “La gioia di vivere” di W. Szymborska) che Saviano fece in Tv e grazie alla quale il libro scalò presto tutte le classifiche di vendita; il secondo (“L’utilità dell’inutile” di N. Ordine) gli è “capitato tra le mani” – attualmente vendutissimo – lo ha presentato in Tv Fabio Fazio e lo stesso Saviano lo ha evidenziato su Facebook e, immediatamente, su Amazon ha raggiunto le vette di vendita.
Quindi, “se l’abitudine alla lettura in Italia sembra non risiedere più nei suoi luoghi d’elezione, dobbiamo – dice Saviano – iniziare ad aprirle altri spazi”. In fondo, perché no!
Caro Saviano, non capisco cosa la spinge a dire questo.
Premesso che il coraggio delle sue scelte, il valore dei suoi scritti, e ogni suo intervento in Tv sono per me espressione della sua grande passione civile e della sua infinita sete di giustizia sociale; e che per questo io la considero un vero eroe dei nostri tempi… ma, reputo che in questo caso – e mi permetto di dirglielo – lei è in errore.
Se il problema è diffondere la vendita di un libro, allora che ben venga la Tv. Ma se il problema è, invece, la diffusione della lettura questa è un’altra difficoltà e la Tv, mi dispiace, serve a ben poco.
La Tv seleziona in “modo proprio”, con criteri propri, il merito di scritti e scrittori, lasciando alle ragioni di mercato o alle ragioni all’italiana (quelle note “relazioni pericolose”) ogni spazio in Tv. E non deve perdere di vista il fatto che in Italia, per ovvie questioni di ritardo strutturale rispetto a ogni Agenda digitale, pochi utenti – sull’intera popolazione italiana – accedono e usano la rete (vedi “Demagogia digitale” su Education 2.0), il 50% rispetto al 60% della media UE (che si riduce al 14% se si considera la banda larga).
Ad esempio in Basilicata il 28% dei giovani dai 16 ai 24 anni non sa usare un PC. Inoltre i dati rilevano che nel 2012 il 55% dei pugliesi peccava della stessa mancanza e il 28% ha letto solamente un libro.
Il problema della lettura è complesso, non facilmente riducibile alla sua commercializzazione o a una mera questione di marketing. Punti che semmai riguardano l’interesse degli editori.
Il problema della lettura è strettamente legato a quello dell’analfabetismo funzionale.
Margaret Wolf nel suo eccellente “Proust e il Calamaro” descrive la complessità delle funzioni cerebrali coinvolte nella lettura. Queste funzioni cerebrali sono di natura plastica, nel senso che si “adattano” al contesto culturale e da quest’ultimo sono plasticamente forgiate.
Il nostro contesto culturale è quello da lei ricordato e ben descritto dai dati OCSE. Ed è bene notare che, per la prima volta nella storia delle analisi OCSE, si è posto un peso rilevante nella cura della rilevazione dei dati per la fascia d’età tra i 15 e i 65 anni, cioè dall’obbligo scolastico all’età del pensionamento e, quindi, non solo per la fascia giovanile.
In altri termini, i dati rilevati sono dati sull’analfabetismo funzionale relativi a tutte le fasce d’età e cioè sulla (in)capacità di comprendere: un testo, gli elementi della realtà circostante e il senso delle relazioni sociali (da quelle fisiche a quelle mediate da un social network).
Il contesto culturale di oggi non è certamente quello ideale per le nostre funzioni cerebrali e meno che mai quello ottimale per sviluppare la propria capacità di lettura.
A questo devastante risultato, come la scrittrice accenna, ha non poco contribuito la Tv.
La Tv, per poter essere d’aiuto, non dovrebbe essere quella che è… – ma qui il discorso si fa lungo – e credo che sarebbero in pochi a non volerla così.
La nostra società, invece, non dovrebbe vedere la scuola come una delle sue tante componenti, dovrebbe avere il coraggio di crederci di più e considerarla come l’unica componente essenziale al superamento di molte discriminazioni, ingiustizie, patologie e tanto altro.
Sarò di parte, ma dal mio punto di vista la scuola, ricca di mille risorse – intendo vere materie prime – resta sempre la cenerentola della crescita sociale.
Caro Saviano, le faccio notare che i finanziamenti per l’edilizia scolastica sono stati bolle di sapone, come pure quelli – tanto pubblicizzati – relativi all’apertura delle scuole e delle biblioteche il pomeriggio.
Cambiare il contesto si può, ma occorre cambiare gli occhiali con i quali lo si guarda. E su questa strada dobbiamo lavorare molto.
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Arturo Marcello Allega