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Pinocchio 2.0, le storie inventate per bambine/i: Le avventure della Jefferson

Pubblicato il: 18/07/2013 09:51:43 -


Nell’ambito del progetto Pinocchio 2.0 è stato chiesto a mamme, papà, sorelle, fratelli, zie, zii, nonne e nonni, amici di inventare brevi storie e poesie che poi vengono lette in classe dalle maestre e illustrate da bambine e bambini della scuola dell’infanzia di Latina e da quelli che fanno parte della rete di progetto. Ecco la storia inventata da Debora Lombardo, anni 12, della Scuola in ospedale San Carlo di Milano.
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“In piazza, gli mozzeremo la testa!” gridò il capo tribù Reach ai suoi soldati. Jack era spaventato ma non si perdeva d’animo.

Tutto cominciò qualche tempo prima…

Era la notte del 16 agosto 1659. Tutto l’equipaggio era a bordo della Jefferson, grande nave mercantile di origine europea. Jack era uno dei tanti mozzi presenti sulla nave, non era una persona importante, era lì perché era stato catturato come schiavo dall’America.
Jack era coraggioso, saggio. Non scambiava parole con i compagni, sia per una questione di lingua ma anche perché non era mai stato un uomo di grandi parole. Svolgeva bene il suo lavoro e si serviva di questo per affrontare la giornata.

Sembrava una notte tranquilla, ma poco dopo le tre il capitano annunciò un guasto alla nave. “Caricate le scialuppe! C’è un guasto a poppa!”

Così, nel giro di cinque minuti la nave sembrava il centro di una grande città, piena di persone che correvano. Jack stava preparando la cena, quindi in quella gran confusione riuscì a recuperare qualche pagnotta. Poi si diresse anche lui in una delle dieci scialuppe di salvataggio.
“Capitano, dove ci dirigiamo?” chiese un membro dell’equipaggio. “All’isola di Merchof!” rispose lui dalla prima scialuppa.

Un attimo di silenzio in tutte le scialuppe, seguito poi da una gran confusione.

L’isola di Merchof era protagonista di molte leggende in cui si narrava che tanti equipaggi, tra cui quelli della Tirren, Meb e Lichos, una volta entrati nell’isola non si rividero mai più. Ma quella era l’unica via di “salvataggio”, se così si può definire.

Erano circa le sei del 17 agosto quando tutte le scialuppe attraccarono nell’isola, stava appena sorgendo il sole. Il capitano incaricò delle persone per esplorare l’isola. “Tu, tu e tu!” indicando col dito indice tre persone. “Voi tre non vi dovrete separare mai, anche in caso di morte! Esplorerete tutta la parte occidentale dell’isola, mentre io e i miei compagni esploreremo tutta la parte orientale. Ci ritroveremo qui quando il sole sarà sorto dieci volte”.

Le tre persone scelte erano Jack, Lucy e Peter. Erano tutti schiavi amerindi e per questo riuscivano a comunicare bene. Lucy era l’unica ragazza presente nell’equipaggio. Era molto coraggiosa e avventuriera. Peter invece non era per nulla coraggioso. Era un uomo molto vanitoso e pur di non sporcarsi i piedi si era costruito degli stivali abbastanza resistenti.

“Jack, Peter, comincia la nostra avventura!” diceva Lucy che si era già avventurata in sentiero e faceva da guida agli altri due. “Ma se io resto qui e continuate senza di me? Questa sera mi venite a prendere…” diceva il fifone agli altri due che non erano molto contenti della sua presenza.
“Andiamo, ti riposerai più tardi! Fifone!” gli urlò Jack.
“Fifone, a me?! Ma se io…” Una risata tra Jack e Lucy coprì le parole di Peter.
“Beh, vorrà dire che, siccome non sei un fifone, starai tu di guardia questa notte” affermò Lucy.
“Ehm… Va bene… Non c’è nessun problema… Non sono mica un fifone io!”
Un’altra risata completò le sue parole. “Shh!!” bisbigliò Lucy “zitti, ho sentito qualcosa!”
“Forse dovremmo tornare indietro” disse paurosamente Peter.
“Zitto! Nascondiamoci qua dietro” disse Lucy e nel frattempo spostò una gran quantità di erbacce. “Jack, che ore sono?” chiese Peter.
“Guardando la posizione del sole rispetto all’ombra dell’albero credo siano… le due del pomeriggio”.
“E… in un’isola deserta non si mangia?” bisbigliò Peter.
“Forse ha ragione, è il caso di cercare qualche provvista, anche per la notte.” intervenne Lucy.
“Io ho giusto qualche pagnotta, ma credo bastino solo per qualche giorno.” disse Jack.
“Bene, per oggi ci cibiamo con questo, domani all’alba andremo alla ricerca di qualche altra cosa.” affermò Lucy.

Si misero in cerchio e consumarono due pagnotte, ne rimaneva un’altra.
“Oggi pomeriggio continuiamo il nostro percorso, prenderemo quella via e continueremo fino a sera” disse Jack. Lucy e Peter annuirono.
“Attenti!!” urlò Lucy. E salvò Peter da una freccia.
“Chi c’è là dietro?” chiese Jack. Nessuno rispose. Un’altra freccia, questa volta destinata a Lucy. “Quella ragazza ha dei riflessi incredibili” bisbigliò tra sé e sé Peter.

Dopo quegli attacchi non si sentì più nessuno, ma Lucy era convinta che si sarebbero ripresentati l’indomani.

Il pomeriggio continuarono il loro percorso e verso sera si rifugiarono in una piccola grotta.
Lucy prese due pezzi di legno e accese il fuoco. “Dobbiamo fare molta attenzione, quegli attacchi sono sospetti. Domani andremo alla ricerca di provviste. Questa è l’ultima pagnotta. La terremo per domattina.” disse Jack.
Lucy spense il fuoco e ricordarono a Peter che era il suo turno di guardia.

All’alba si misero in cammino e mangiarono l’ultima pagnotta rimasta. Peter raccolse qualche provvista ma la giornata si svolse come quella precedente, a differenza che non ci furono attacchi.

La mattina del terzo giorno, quando i ragazzi dormivano, un abitante dell’isola andò a visitare la loro grotta. Li guardava con diffidenza e curiosità.
Lucy si svegliò: “Chi sei tu?” e nel frattempo prese in mano il suo arco. “Via nemico!!” disse Lucy che si era già alzata.
Un urlo assordante uscì dalla bocca del nemico.
Subito dopo venti persone identiche al primo si presentarono davanti alla grotta. Tra quella massa ne uscì uno. Era vestito diversamente dagli altri e sembrava che tutti lo rispettassero.
“Presumo sia il capo tribù” disse Jack a Lucy.
“Zouth!” urlò il presunto capo tribù. Peter perplesso guardò Lucy:
“Zouth?!” chiese. “Vuol dire ‘zitti’. Conosco questa lingua.”
“Tin so sha?” chiese Lucy al nemico “come ti chiami?”
“I mi Reach o so cop trob. Tin vou la” – Sono il capo tribù Reach. Voi chi siete?
“Lucy, Jack e Peter” disse Lucy indicando gli altri due ragazzi.

Peter nel frattempo era entrato nella grotta per prendere alcune provviste recuperate dall’isola. “Ne volete un po’?” disse timidamente.
Improvvisamente la faccia di Reach assunse un’espressione sconvolta.
“Com vou os the Fou?” “Come avete osato raccogliere il Fou?” tradusse Lucy “credo sia la pianta che ha raccolto Peter. Deve essere qualcosa di sacro per loro”.
Tutti i ventuno uomini si misero in cerchio e complottarono per qualche minuto. Poi il capo tribù urlò: “In plo tagle capò!” – In piazza, gli mozzeremo la testa!
Sette uomini tenevano ciascuno dei tre. Dopo una lunga camminata arrivarono in piazza.
“Oggi è un giorno sacro. Non possiamo uccidere nessuno. Li porteremo in una cella.” – disse Reach a un soldato.
E così la loro serata iniziò lì.
“Che cosa faremo?” – chiese Jack mentre percorreva avanti e indietro la cella.
“Non lo so. Per ora restiamo qui.” rispose Lucy abbastanza tranquilla.
“Ma, aspettate… Se proviamo un piano di fuga?” disse Peter che improvvisamente era diventato coraggiosissimo. “I miei stivali adesso potrebbero servire. Li posso lanciare contro la finestra e nella notte ci caleremo.” Lucy annuì.
“Ma come faremo a calarci, non abbiamo neanche delle lenzuola!” disse Jack.
“Porto sempre con me delle frecce. Le attaccheremo sul muro ed arriveremo fino a terra.” disse Lucy tirando fuori dallo zaino alcune frecce.

Durante la notte misero in moto il loro piano.
“Siamo salvi!” bisbigliò Peter.
Piano piano si diressero vicino alle scialuppe. C’era il capitano della nave con il resto dell’equipaggio appisolati sulla spiaggia.
“Addio isola di Merchof, addio equipaggio della Jefferson” bisbigliarono i tre salendo su una scialuppa.

I tre ragazzi affrontarono un lungo viaggio in mare, si stabilirono in un’isola e rimasero per sempre amici.
O non proprio… Lucy e Jack si sposarono anche ed ebbero due bambini se non ricordo male.

Ogni avventura è piena di emozioni, esperienze nuove, persone che non avresti mai pensato di conoscere.
Ogni avventura è proprio un’avventura che aspetta di essere vissuta da persone che fino a un giorno prima giuravano di non viverla.

Il disegno è di Sofia Mazza, scuola dell’infanzia di Latina.

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Debora Lombardo

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