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La merenda delle fate

Pubblicato il: 15/05/2013 11:36:33 -


Le storie di fate e di magia, di orchi e di streghe, ci offrono l’occasione per riunirci con i nostri bambini e parlare di cibo. Anzi, per riflettere insieme a loro, per esplorare emozioni e interrogarsi sulla società, sulle relazioni umane. E infine… fare merenda con un buon dolce.
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Dagli studiosi, ma anche dai lettori, le fiabe vengono da sempre considerate storie avventurose nelle quali la lotta tra protagonista e antagonista, tra bene e male, rappresenta un messaggio prezioso. Verissimo. Tuttavia, nelle fiabe c’è molto di più.

La letteratura fiabesca racconta il legame dell’umanità con la Storia, segnala il rapporto tra gli esseri umani e gli elementi della natura e regala riflessioni importanti sulla società, sempre attuali, nonostante i cambiamenti esteriori.

Il rapporto tra uomini e cibo, per esempio, è una costante di tutte le fiabe del mondo, a qualunque latitudine siano create.

Non abbiamo mai smesso di interrogarci sul cibo, lo facciamo ancora, quotidianamente, sia quando è molto sia quando scarseggia. Attualmente l’umanità intera si trova a combattere tra obesità e anoressia, tra fame e voracità, tra indigestione e vuoto. Non a caso il tema della fiera internazionale Expo2015 sarà proprio l’alimentazione. Si avverte un grande bisogno di riflettere su questo tema.

Spesso i bambini del Nord del mondo consumano cibi trasferiti direttamente dal supermercato al frigorifero, di cui non conoscono la reale provenienza. Da dove viene un uovo? Con cosa è fatta la pasta? E i pomodori crescono sugli alberi o in terra? Sembra quasi assurdo, ma dopo tanti progressi scientifici e tecnologici restiamo ancora quasi degli analfabeti del cibo.

Ed ecco che le fiabe, magicamente, ci vengono in aiuto, proponendo riflessioni importanti, che hanno un sapore d’eterno, mai fuori moda. Le storie di fate e di magia, di orchi e di streghe, offrono l’occasione per riunirci e parlare di cibo con i bambini. Anzi, per riflettere insieme a loro, per esplorare emozioni e interrogarsi sulla società, sulle relazioni umane.

Nella letteratura fiabesca c’è sempre il cibo che fa la sua comparsa in bella mostra. In alcuni casi in forma figurata, come il lupo che mangia la nonna o l’orco che mangia i fratellini, ma assai più spesso il cibo è descritto in maniera dettagliata.

Il cibo delle fiabe è semplice, semplice come il puro piacere del narrare, oltre ogni morale. Si tratta, soprattutto, di prodotti della terra e i pasti sono spesso frugali, fatti di zuppe e pani, legati al mondo contadino e alle sue abitudini. Tuttavia non scarseggiano nemmeno dolci e torte, descritti minuziosamente.

C’è un fantasticare legato agli stenti della vita quotidiana o alla tristezza della solitudine e della sconfitta. Nel mondo fatato si proiettano aspettative e desideri, con tavole imbandite dove abbondano piatti succulenti e ogni ben di Dio possibile. Emergono aspettative e desideri, sogni e superstizioni, che popolano le cucine di streghe, orchi e folletti.

L’alimento magico per eccellenza è rappresentato dai frutti degli alberi e dei cespugli, la mela innanzitutto, offerta dalla strega a Biancaneve, ma anche altri che guariscono, donano la fertilità, avvelenano. È proprio grazie a una mela che nascono Pomo e Scorzo, dopo che il loro papà ha chiesto a un mago: “Signor Mago, mi insegni un po’, come posso fare ad avere un figlio?”.

Ma nelle fiabe ci sono anche vere e proprie ricette, come quella che propone H.C. Andersen ne “Il folletto del droghiere”:

“Si trovava nel freddo corridoio anche quando il vento autunnale soffiava dalle botole del soffitto e portava un freddo terribile, ma il piccolo folletto lo notava solo quando si spegneva la luce della mansarda e la melodia si perdeva nel vento. UH! Allora rabbrividiva e se ne ritornava nel suo angolino tiepido; era così comodo e piacevole! Quando poi ricevette il suo riso al latte di Natale con un bel pezzo di burro, allora il droghiere ridivenne il suo compare!”

Spesso il racconto ha origine da una sventura legata alla mancanza di cibo: le fiabe sono strapiene di padri che non riescono a sfamare i figli, di madri che trovano la soluzione di allontanare i piccoli dalla famiglia, poveri che chiedono pane, viandanti a stomaco vuoto, occhi di streghe voraci, re ingordi. A volte alle tavole basta dire “apparecchiati” e allora volano polli arrosti, ciliegie e uva passa, cascano focacce calde, compaiono minestre magiche fumanti, in cui le salsicce si rotolano da sole.

Proprio grazie al cibo, il paesaggio naturale diventa magicamente un paesaggio alimentare, come nel paese di Cuccagna. Si parla spesso di questo paese nelle fiabe, in cui regna l’abbondanza e le cui origini letterarie sono davvero molto antiche. Già Ferecrate, commediografo del V secolo a.c., descrive il paese di Cuccagna dove fiumi di farina e brodetto nero, ribollendo, scorrono colmi tra sponde strette, con bocconi di pane già preparati e pezzetti di galletta.

Le spezie condiscono i cibi, ma sono usate anche per esaltare i gusti e con funzione medicinale. Alcune piante aromatiche compaiono addirittura nei titoli delle fiabe, Prezzemolina ne è un esempio (tutto italiano).

Il pesce è legato all’idea della povertà oppure diventa oggetto di prove di magia: pescare un pesce fatato può portare a una grande ricchezza! Preparare e cucinare il pane è sempre presentato come un atto quasi sacro. Il pane si fa in briciole, per rappresentare una possibilità di salvezza per Hansel e Gretel, oppure diventa pagnotta e allora è usato come compenso di una giornata di duro lavoro.

Ma il cibo è anche lo spunto per la denuncia delle disuguaglianze sociali, la piccola fiammiferaia di Andersen lo vede apparire e poi subito scomparire, nel gelo della strada, sotto lo sguardo indifferente di tutti i passanti. Il pane bianco, caldo e appena sfornato, è sulle tavole dei ricchi, quello nero e ammuffito è mangiato dai poveri.

La nutrizione corrisponde alla stratificazione sociale: carne per guerrieri, pesce per i religiosi, rape e legumi per i contadini. Anche la cottura tiene conto delle differenze sociali: l’arrosto è per i preti e i soldati, la gente di campagna consuma invece i cibi crudi o, al massimo, bolliti.

Infine i dolci: è grazie ad essi che si esprime maggiormente l’inventiva gastronomica nelle fiabe. Ne esistono per tutti i gusti: maialini di zucchero, panini dolci, ciambelle, panini di uva passa, canditi, frittelle di mele, marmellata. Poi focacce, come quella che Cappuccetto Rosso porta nel suo cestino. I castelli sono di biscotto, le case di zucchero, dalle rocce sgorgano cascate di miele e le strade sono lastricate di cioccolato.

A sottolineare l’importanza dei dolciumi ci pensano in maniera esplicita i fratelli Grimm: in una loro fiaba le protagoniste addirittura mangiano cibo dolce per superare una prova di bellezza!

Gli abili cuochi delle fiabe sono fate, elfi, gnomi, orchi e streghe, che danno prova di grande abilità e fantasia. Tutti i personaggi che popolano un mondo surreale, nonostante siano in grado di compiere gesta fantastiche, acquistano umanità nel momento in cui sono alle prese con uno degli atti più istintivi e primordiali che li accomuna all’uomo, che è appunto cucinare e mangiare.

Il fascino delle fiabe è proprio questo: avvicinare il mondo reale a quello incantato e mostrare che non sono poi così dissimili.

Dunque approfittiamone, leggiamole con i nostri piccoli e riflettiamo insieme a loro sul cibo e sul mondo. E quando sarà l’ora, facciamo merenda insieme alle Fate.

Pandolce della Fata
Ingredienti:
300 gr di farina, 100 gr di zucchero, 2 cucchiai di miele, 100 gr di burro, 1 bicchiere di latte, 2 uova, essenza di vaniglia, una bustina di lievito per dolci, 80 gr di mandorle a lamelle, confettini d’argento, un pizzico di sale.

Lavorate insieme farina, uova, zucchero, miele, burro, latte, essenza di vaniglia e un pizzico di sale fino a ottenere un impasto omogeneo. Quindi aggiungete il lievito, e dopo averlo incorporato versatelo in uno stampo precedentemente foderato con carta da forno. Cospargete la superficie con i confettini. Cuocete in forno a 180° per circa 40 minuti. Gustatelo tiepido.

È divertente, e si impara che per mangiare dobbiamo impegnarci, inventare, lavorare, perché nessun “pentolino magico” potrà procurarci da solo quello che desideriamo.

Rosa Tiziana Bruno fa parte del gruppo Facebook Pinocchio 2.0.

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Immagine in testata di deviantart (licenza free to share)

Rosa Tiziana Bruno

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