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L’arcivernice: Congetture e confutazioni (cinquantacinquesima puntata)

Pubblicato il: 12/04/2013 10:15:53 -


“Maestro, ma allora non avremo mai certezze scientifiche?. “Il versante da seguire è l'altro lato della montagna. Se lo schema che ci servirebbe per l'induzione è fallace, non è cioè un'inferenza valida, lo è tuttavia il gemello duale del modus ponens, il modus tollens…”. In questa puntata Ramon incontra Karl Popper.
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“Il fatto è, caro Ramon, che la generalizzazione si basa su una fallacia logica. La struttura logica sottostante è questa: A implica B; ma si dà B; dunque A. Ad esempio: “se la Terra girasse intorno al Sole, e anche gli altri Pianeti, e a velocità di rotazione diversa, si avrebbe la retrogradazione di alcuni Pianeti; ma la retrogradazione si dà in effetti come dato osservabile. Dunque la Terra gira intorno al Sole”. La struttura logica sottostante è semplicemente errata, per quanto persuasiva possa apparire. La struttura:

A implica B

ma B dunque A

semplicemente non è un’inferenza valida; mentre è valida

A implica B

ma A dunque B

ossia il famoso modus ponens. Possiamo convincercene facilmente, solo che pensiamo che B potrebbe essere causato da molte altre situazioni al posto di A. Tanto è vero che anche la teoria tolemaica, con l’introduzione degli epicicli, spiega altrettanto bene B, cioè la retrogradazione dei pianeti. Come ci muoviamo allora noi, a livello intuitivo? Troviamo un altro fatto osservabile o comunque provato, diciamo C, e ritentiamo:

A implica C

ma C dunque A

Vale lo stesso discorso, abbiamo semplicemente guadagnato qualcosa solo in termini di probabilità. E allora andiamo avanti, dopo che con B e con C, ad introdurre un D, e poi un E, ecc.

Questo processo è inutile, l’inferenza rimane errata, per quanti elementi io possa sostituire a B. Ciò che si ottiene è semplicemente una maggiore credibilità di A, sul versante psicologico, ma mai la prova dello stesso. Se vuoi, è la stessa struttura del processo indiziario; se Mario è l’assassino, allora avrà le mani sporche di sangue; ma ha le mani sporche di sangue, dunque Mario è l’assassino. Se Mario è l’assassino, allora era nei pressi della vittima all’ora dell’omicidio; ma Mario era effettivamente in quei paraggi; dunque Mario è l’assassino. E così via. L’esito può essere quello di condannare all’ergastolo il macellaio sotto casa… (che, poveretto, aveva le mani sporche di sangue, era nei paraggi, ecc).
Questa situazione è paradigmatica della struttura della maggior parte dei gialli, romanzi o telefilm che siano: tutto converge ad accusare un innocente, che poi viene salvato dal protagonista, detective o avvocato che sia. Ciò che manca perché il ragionamento chiuda, cioè diventi valido, è che solo A spieghi i fatti. Tanto è vero che, per tornare al paradigma giuridico, nel processo indiziario il compito della difesa è proprio quello di mostrare che esiste un’altra possibile spiegazione dei fatti, o di “istillare nella giuria un ragionevole dubbio”: tutti i fatti in esame si spiegano non solo con A, ma anche con X, per un X qualsiasi. Ciò (in teoria) basta per l’assoluzione, quanto meno in linea di principio e in punta di diritto (almeno per quello anglosassone, cui di solito fanno riferimento le detective stories)”.

Popper aveva pronunciato queste parole quasi tutto d’un fiato, anche se con la dovuta lentezza, per dare tempo all’interlocutore di seguire il ragionamento.

“Maestro, ma allora non avremo mai certezze scientifiche?.

“Il versante da seguire è l’altro lato della montagna. Se lo schema che ci servirebbe per l’induzione è fallace, non è cioè un’inferenza valida, lo è tuttavia il gemello duale del modus ponens, il modus tollens, tanto per continuare a seguire le etichette della logica medievale:

A implica B

ma non-B

dunque non-A

Con questa inferenza valida noi possiamo invalidare A, e questo lo otteniamo provando un unico fatto, non-B. La confutazione è ineccepibile. E qui dobbiamo cercare un solo fatto, non escludere gli infiniti non-A, come nel primo caso. Abbiamo cioè uno strumento potentissimo di confutazione. Ecco perché io amo parlare di falsificazionismo.
È pur vero che, in ambito scientifico, il nostro A è di solito di natura assai complessa, di norma un’intera teoria. E dunque, come notano Quine e Duhem, il nostro concludere per non-A non ci dice ancora precisamente che cosa in A va rivisto, quale parte induce l’incongruenza; ma avremo delimitato fortemente il campo di analisi. A volte può essere facile vedere quali principi, quali equazioni, quali assunzioni, magari implicite, provochino la prima premessa, quella che da A segue B. Magari un piccolo ritocco salva la teoria dalla invalidazione, semplicemente inibendo la derivazione di B da A”.

“Resta il fatto che non abbiamo dimostrato la teoria, ma l’abbiamo soltanto salvata dalla falsificazione”.

“Sì, è così, e qui io assumo un atteggiamento in un certo senso pragmatista, o utilitarista. Ma prima fammi trarre una importante conseguenza da quanto s’è detto, e a cui tengo molto: la mia concezione fornisce una demarcazione netta tra scienza e non scienza, o scienza e cialtroneria: soltanto ciò che è in linea di principio falsificabile è scientifico”.

“Diceva di un atteggiamento pragmatista…”

“Sì, quasi peiceiano: a parità di evidenza sperimentale, una teoria è preferibile, ossia ha più valore, in tanto in quanto è più applicabile di un’altra. Cioè spiega tutti gli stessi fatti, e altri ancora che sfuggono alla prima. O, anche, una teoria è migliore di un’altra quando consente previsioni più affidabili sulla realtà. Si instaura pertanto una forma di selezione naturale, in senso darwiniano, tra le teorie. E questo è il senso del progresso. Una gran quantità di fatti esperiti e validati era spiegabile tanto nei termini tolemaici quanto in quelli copernicani.
Ma la seconda teoria spiegava anche il fatto che i satelliti di Giove, i famosi pianeti medicei di Galileo, potessero orbitare nel senso contrario alla teoria degli epicicli. E in effetti è probabile che proprio con questa osservazione, descritta nel ‘Nuncius sidereus’, Galileo si sia definitivamente e interiormente convinto per quelle tesi che la violenza lo costrinse a rinnegare”.

Ramon non era entusiasta; gli sembrò di avere acquistato nell’affidabilità del metodo, ma di avere perso in certezze. La strada sembrava più in salita di prima. E nel contempo gli veniva alla mente quel po’ che aveva letto dei molti allievi di Popper, che in un secondo tempo lo avevano fortemente criticato, come Thomas Kuhn o Paul Feyerabend. Aggiunse soltanto:

“Maestro, la strada che mi hai indicato è più faticosa di prima…”.

“Ragazzo, se qualcuno ti ha promesso una strada in discesa, non è certamente un vero scienziato”.

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Maurizio Matteuzzi

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