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L’arcivernice: Suárez e il Natale andaluso (quarantaseiesima puntata)

Pubblicato il: 22/12/2012 12:41:22 -


L'incontro di Ramon con il “doctor eximius”, fra sostanze spirituali distinte “solo numero”, mandati politici revocabili e Consigli di Amministrazione delle Università...
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Voleva risentire il profumo del Guadalquivir, era come la “madeleine” di Proust; aveva nella retina le asperità della Sierra Morena; e il retrogusto del Turrón, dei Polvorones y mantecados, della casa di campagna dei nonni. Insomma, Ramon cominciò a chiedersi se, per le feste della Navidad, sarebbe tornato in Andalusia.

Uscì nel giardino, nel buio della fredda gelida serena notte invernale. In fondo, lì dov’era c’erano tanti amici, c’era Giulia, c’era un certo mondo, ormai consolidato. Ma la notte era serena, e si vedeva il luccichio degli astri; fu allora che Ramon sentì la nostalgia, e gli parve che una voce gli parlasse,

come una lunga, scura, triste lingua, per formare una pozza d’agonia vicino al Guadalquivir delle stelle.

E, concentrandosi meglio, risentì le parole del suo illustre conterraneo, ma questa volta suonarono così:

“Como una larga, oscura, triste lengua, para formar un charco de agonía junto al Guadalquivir de las estrellas”.

Strano, incurabile, irrazionale disagio la nostalgia. Ramon rabbrividì nella giacca, e rientrò in casa turbato. Doveva parlare con uno spagnolo, meglio, con un andaluso. Si ricordò di un’immagine, sfogliò forsennatamente, e ritrovò l’icona ieratica e magrissima, le guance scavate, di Francisco Suárez, il “doctor eximius”.

Malgrado la severa austerità del portamento e dei modi, Ramon avvertiva una sensazione originaria, un senso di consuetudine e di casa (quanto è forte, e irrazionale, il rapporto dell’uomo con la terra, e con la propria in specie…).

“Maestro, maestro…” balbettò, quasi senza che altra parola potesse essere ripescata da quello scombussolamento mnestico.

“Ramon, che hai scoperto, dunque, dalla filosofia?”.

“Tante, troppe cose; al punto che ora dubito assai più fortemente di prima di se e di che cosa si possa dare conoscenza”.

“La conoscenza, la cognizione diretta, si dà solo del singolare, Ramon; come vedi, un gesuita tomista come me non è poi così lontano da Ockham… ma dirò di più: io credo persino all’esistenza di sostanze spirituali distinte ‘solo numero’. Anche se il ‘principium individuationis’ in generale non può fondarsi solo sulle determinazioni spazio-temporali, stante la pura potenzialità della materia. L’universale è allora posteriore alla conoscenza dell’individuale, è un cogliere l’unità nella molteplicità, come dice Aristotele. E voglio aggiungere ancora questo: forse ti sembrerà non particolarmente importante l’ammettere sostanze spirituali distinte ‘solo numero’, e tuttavia questa assunzione ha una conseguenza dirompente: manda all’aria le celebri cinque vie di Tommaso; perché il ragionamento non può concludere per l’unicità e l’infinitezza del ‘principium’ dedotto. Dunque l’unica via a Dio è a priori, è dall’Ens ‘a se’ che si deducono la necessità e l’unicità di Dio, come già Anselmo aveva capito”.

Ramon non aveva dimestichezza con il registro semantico della tarda scolastica, e si trovò subito spiazzato, a dover pensare. Ma un meta-pensiero lo consolava: buon segno, quando si vede pensare…

Quasi indovinando quel disagio, Suárez continuò:

“Sai, Ramon, che, per quanto le mie tesi ti possano sul momento sembrare astruse, esse sono penetrate profondamente nella filosofia moderna, hanno influenzato Cartesio, Leibniz, e, attraverso Wolff, persino Kant. Nelle mie ‘Disputationes’ sta in nuce la separazione dell’ontologia dalla teologia, persino al di là dei miei intenti; e, distinguendo tra una metafisica generale, o dell’essere e delle sue qualità trascendentali, e una metafisica ‘speciale’, o dei vari enti specifici, e cioè di ‘anima’, ‘mondo’, ‘Dio’… Ti ricorda qualcosa, Ramon?”.

“La dialettica trascendentale… Kant…”.

“Bravo Ramon!”.

“Maestro, mi pare di ricordare che anche il tuo pensiero politico ha avuto vasta influenza…”.

“La mia teoria politica, che forse a qualcuno è parsa strumentale in funzione antianglicana, è stata lodata persino da Hugo Grotius, il fondatore del giusnaturalismo. Il potere politico non appartiene a nessun uomo, ma alla pluralità degli uomini, che per natura nascono uguali. E così il potere, ancorché assoluto, se pure legittimo all’origine, non può essere usato contro il bene comune. Dunque il mandato, il ‘pactum subjectionis’, può sempre essere revocato da chi è in effetti vero detentore del potere. Così, se il sovrano agisce contro il bene comune, la collettività deve potere riprendersi quel potere, e ritirare quel mandato, se l’autorità degenera in tirannide. E il despota deve essere osteggiato, combattuto, deposto, e perfino mandato a morte”.

Ramon rimase colpito. In effetti, a parte le dittature esplicite, gli venne in mente un solo caso di mandato irreversibile: quello dato ai Consigli di Amministrazione delle Università secondo la nuova legge italiana. Si rese conto di quanto calava il principio generale nel contingente, e di non sapere forse discriminare, in quel momento, il transeunte dall’eterno; ma quello dell’università era in fondo il suo attuale universo. E gli venne in mente quante volte era stato chiesto da studenti, dipendenti, professori dell’università di eliminare quella assurda anomalia, ma non c’era stato niente da fare. Un Consiglio di Amministrazione non sfiduciabile da chi l’ha nominato non è forse un esempio di un’intangibile oligarchia degenere?

Strano davvero questo incontro. Un tardo scolastico, da cui ti aspetti una piena immersione in un remoto passato, che in prima approssimazione pare il classico nemico della modernità, e che, tuttavia, pur così ancorato alla tradizione, fornisce spunti importanti a Kant, è citato e apprezzato da Schopenhauer, viene considerato da Heidegger troppo poco valutato, etc. E nei termini della cui teoria politica si può persino ragionare sul “particulare” del triste momento dell’accademia. Davvero, si ripresenta così e si srotola davanti agli occhi la nozione di “philosophia perennis”, anche in senso non necessariamente mistico, come in Agostino Steuco, in Leibniz e, più modernamente, da Huxley.
Ramon pensò di parlarne con Suárez, ma il piccolo, magro gesuita si stava ormai dissolvendo.

Decise allora definitivamente che avrebbe trascorso la prossima Navidad nella sua Siviglia.

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Maurizio Matteuzzi

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