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Pinocchio 2.0, le storie inventate per bambine e bambini: Pinocchio in città

Pubblicato il: 12/10/2012 16:46:39 -


Nell’ambito del progetto Pinocchio 2.0 è stato chiesto a mamme, papà, sorelle, fratelli, zie, zii, nonne e nonni, amici di inventare brevi storie e poesie che poi vengono lette in classe dalle maestre e illustrate da bambine e bambini della scuola dell’infanzia di Latina e da quelli che fanno parte della rete di progetto. Ecco la storia inventata da Eugenia Curti, insegnante presso la scuola in ospedale Niguarda di Milano, reparto Pediatria "Rossini".
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Pinocchio, dopo aver sotterrato gli zecchini d’oro nel Campo dei miracoli e aver salutato il Gatto e la Volpe, si avviò verso la città. Il burattino, arrivato in città, cominciò a contare i minuti a uno a uno; mentre contava il tempo che lo separava dal raccolto cominciò a camminare e… cammina cammina, si trovò a sole tramontato in quel di Trastevere nel cuore di Roma. Lì vide molta gente che passeggiava sia lungo i vicoli che a ridosso dei marciapiedi illuminati dalle vetrine e dalle luci delle bancarelle di piccoli mercatini: uomini, donne, giovani, anziani, bambini, romani e turisti provenienti da tutte le parti del mondo, qualcuno pittoresco come i monumenti che incontrava lungo il suo percorso.

Pinocchio pensò di essere capitato nel “Paese dei Balocchi”, ma forse si sbagliava, perché lì per lì non vedeva nessun oggetto che lo “potesse baloccare”.

Un po’ con la testa bassa per la tensione dell’attesa, mentre il cuore gli faceva tic, tac, tic, tac, pensando al Campo dei miracoli, un po’ con la testa rivolta all’insù per la curiosità che lo contraddistingueva, abbassava e alzava il naso insieme allo sguardo, quasi ritmicamente, per non perdere nemmeno un attimo di quel mondo così originale.

Alcuni giovani premevano freneticamente dei tasti e parlavano in uno strano apparecchio appoggiato all’orecchio, altri spruzzavano di colore un portone riempiendolo di scritte incomprensibili, altri ancora, seduti a un tavolino, raccoglievano consensi e firme delle persone che passeggiavano li accanto.

Era una grande fiera: luci, suoni, rumori, vocii, risate, cullati da quel tepore settembrino che regala la città di Roma in quel periodo. Ecco, per un attimo, Pinocchio si dimenticò delle sue monete, ebbe la sensazione di stringere tra le mani la più grande ricchezza del mondo: la felicità di essere libero.

Libero di camminare senza meta, di odorare profumi al sapore d’abbacchio, di guardare edifici meravigliosi che sembrava volessero proteggerlo e proteggere anche un po’ loro stessi, di osservare i volti delle persone e di curiosare nei loro occhi, di ascoltare lingue strane, di stupirsi, meravigliarsi e sorridere di tutto ciò, proprio come un bambino.

In tutta quell’esaltazione, una visione lo riportò con “i sogni per terra”. Vide, appoggiata alla soglia di un portone, una piccola vecchietta che per tirare a campare aspettava con il suo cagnolino la benevolenza delle persone.

Allora si ricordò del suo povero babbo, che per comprare l’Abbecedario aveva venduto la vecchia casacca di fustagno, tutta toppe e rammendi, rimanendo in maniche di camicia mentre fuori nevicava. E Pinocchio, sebbene fosse un ragazzo allegrissimo, si fece triste: perché la miseria, quando è miseria davvero, la intendono tutti. Anche i ragazzi.

Ormai a notte fonda, riprese la strada che portava al Campo dei Miracoli.

Si ritrovò a costeggiare un grande fiume, il Tevere, che sembrava volesse essere discreto nella sua corsa verso il mare. Attraversava la città tranquillo e silenzioso, accarezzando arbusti cresciuti sugli argini a sua insaputa. Dall’imponenza dei ponti che si ergevano sopra di lui, Pinocchio intuì che quel fiume meritava rispetto.

Osservando meglio nel buio, riuscì a intravedere grandi palazzi, le cui luci si rispecchiavano nelle sue acque. Lungo il suo corso, l’Albula mansueto raccontava la storia di quella città e gli indicava la strada verso la meta.

Così fantasticando di imperatori e conquiste, giunse in vicinanza del campo, e lì si fermò a guardare se per caso avesse potuto scorgere qualche albero con i rami carichi di monete. Ma non vide nulla.

****

Il racconto è stato scritto da Eugenia Curti per la 6° edizione del Global Junior Challenge, evento al quale i progetti Percorso Soave e Pinocchio 2.0 sono stati selezionati tra i finalisti per la categoria fino a 15 anni.

La scuola in ospedale Niguarda fa parte dei progetti Soave Kids: http://blog.edidablog.it/blogs//index.php?blog=87 e Pinocchio 2.0: http://blog.edidablog.it/blogs//index.php?blog=275 e http://www.facebook.com/group.php?gid=139204519436108

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