Le domande che fanno cambiare
IL PROBLEMA DI PARTENZA
A.S. 20102011: la nostra scuola ha aderito al progetto europeo KidsINNscience e nello specifico alla pratica innovativa “Posing the question why”.
“Bello, bellissimo!” abbiamo pensato, ma immediatamente una domanda: “E ora che si fa?”.
Il gruppo di insegnanti di scienze si è subito riunito, e la referente di progetto ci ha spiegato che avremmo dovuto far osservare ai bambini una candela accesa e poi, nel modo più distaccato possibile, ascoltare le loro osservazioni e soprattutto le loro domande.
Sbigottimento, curiosità, incertezza, entusiasmo, dubbi… tanti sentimenti sono venuti fuori. E se i bambini non chiedono nulla? Se noi non sappiamo dare risposte? Dobbiamo dare risposte? E dove le cerchiamo? Abbiamo testi per prepararci?…
Abbiamo deciso di metterci in gioco proprio per la curiosità di vedere cosa accadeva e siamo partite un po’ così, come veniva…
L’ESPERIENZA
8 febbraio 2011, Classi IA e IB: disponiamo i bambini intorno a un grande tavolo, accendiamo la candela e diciamo di osservare; dopo un po’ di tempo chiediamo loro se hanno qualcosa da dire.
Che stupore! Quante mani alzate!
Iniziamo a scrivere: “Quando stai al buio la luce sembra diventare rossa”, “Se accendi la candela lei si scioglie”, “…e poi comincia a scendere”, “Dentro ha un filo”, “Quando la candela si spegne esce il fumo”…
A questo punto, senza che noi dicessimo nulla, inizia una valanga di domande: “Perché se soffi la candela si spegne?”, “Perché ha la cera?” “Perché se l’accendi esce il fuoco?”, “Perché il filo non si scioglie e la candela sì?”, “Perché se metti un sassolino sulla fiamma si spegne?”…
Non credevamo alle nostre orecchie: loro osservavano e domandavano, e la cosa formidabile è che non si aspettavano da noi una risposta immediata, eravamo “sopravvissute”!
LE RIFLESSIONI
I bambini delle nostre classi avevano solo sei anni, e nonostante questo erano stati in grado di passare “spontaneamente” dalle osservazioni alle domande. Forse le “ansie” di noi insegnanti di non riuscire a dare delle risposte impedisce ai bambini di sviluppare un loro naturale “ragionamento scientifico”.
L’anno successivo abbiamo ripreso il progetto, lavorando sui vari stati della materia.
I bambini hanno anche imparato, sperimentando, come “provare” a dare delle risposte alle loro stesse domande e, cosa affascinante, non si sentivano affatto demotivati se non riuscivano a trovare una risposta, anzi questo era motivo di confronto e punto di partenza per fare altri esperimenti.
Con quest’esperienza abbiamo imparato ad accettare i nuovi percorsi che si creano nelle attività, soprattutto quando non si sa dove ci porteranno, anzi è proprio questo il bello.
Crediamo che a volte i primi a doversi mettere in gioco siamo proprio noi adulti, ricordandoci che l’importante è “porsi le domande” e non sentirsi inadeguati se alla fine non ci sarà una risposta, perché sarà solo l’inizio di un’altra esperienza.
Prima di tutto i bambini hanno disegnato le candele secondo i propri ricordi…
Poi hanno avuto modo di osservarle accese e…quante domande!
Infine un nuovo disegno… questa volta ricco di particolari e osservazioni
“La fiamma era gialla chiara, un po’ più giù era giallo scuro invece ancora più sotto era blu; dove era gialla chiara sembrava che ti cecava gli occhi”
“Mi ha colpito tanto che la candela aveva dei taglietti in cima alla fiamma e che la punta del filo era rossa”
“Una parte della fiamma era chiara e una scura, quando la candela era spenta era tutta bianca, quando era accesa si vedevano delle linee nella parte alta. A volte la fiamma andava su e giù”
“Ho osservato che la fiamma quando si alza si restringe”
Cos’è che brucia? Osservazioni con cera e stoppino
“…Ma la cera da sola non brucia!!”
“Lo stoppino da solo brucia troppo velocemente…”
E allora si ricomincia da capo con domande, osservazioni, possibili risposte e verifica di quelle che potrebbero essere vere…
ABSTRACT:
La scuola elementare “Giacomo Leopardi” aderisce al progetto europeo KidsINNscience con la pratica educativa “Posing the question why”. La referente del progetto ci aveva dato tutte le indicazioni, ma tutto sembrò complicarsi quando noi insegnanti capimmo che il nostro intervento sarebbe stato marginale: ascoltare, annotare, vedere se nascevano spontaneamente domande e se gli alunni erano in grado di trovare il sistema di darsi risposte. Spesso siamo abituati a partire mentalmente dalla risposta per arrivare a come porre le domande da fare ai bambini, avendo già chiaro in mente tutto il processo e i vari passaggi. Con questo progetto ci siamo trovate spiazzate. Ma metterci in gioco anche senza “terra sotto i piedi” è stata un’esperienza pregnante, che ha segnato il modo di fare scienze di molte di noi: dare ai bambini la capacità e la possibilità di porsi delle domande è importante tanto quanto trovare il modo di saper dare delle risposte.
ENGLISH ABSTRACT:
The primary school “Giacomo Leopardi” has implemented the innovative practice “Posing the question why” taken from the European Project KidsINNscience. When we received all the instructions from the teacher responsible for the school we realized that our position had to be somehow sideways: to listen to our pupils, to write down our notes, to ascertain whether children asked their questions spontaneously and were able to find their own path to the answers. Often we start from the answer we already know to get the questions we address our pupils and it is very clear to us what the process and the stages to reach the answer should be. Working in this project has put us out of place although to be at stake without any fixed point of reference has been a very meaningful experience that has modified our way of teaching science: to give our pupils the opportunity and the capability to raise their own questions is as important as to find the way to give them the correct answers.
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Valeria Del Bon e Maria Cristina Rufini