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I bambini non sono abituati a esprimere le loro domande

Pubblicato il: 11/02/2013 17:18:38 -


La partecipazione al progetto europeo KidsINNscience ha avuto una ricaduta positiva nel gruppo classe. La scelta di adattare alla nostra realtà una pratica innovativa proposta dall’Austria che andasse nella direzione di un maggior coinvolgimento dei bambini sia dal punto di vista della didattica laboratoriale che della costruzione della lezione è stata premiante.
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IL PROBLEMA DI PARTENZA

La classe IV A della Scuola Primaria “Giacomo Leopardi” ha sperimentato, negli scorsi due anni, una didattica laboratoriale basata sulle domande dei bambini. Insieme alle altre colleghe di scienze della scuola partecipanti, avevamo infatti scelto una pratica innovativa, nell’ambito del progetto europeo KidsINNscience, che ci desse la possibilità di smontare la lezione tradizionale favorendo la curiosità e l’interazione dei bambini, sviluppando l’interesse e la partecipazione di tutti.

Il nostro percorso è stato segnato quindi da un’osservazione reale da parte degli alunni dei fenomeni proposti e dallo scaturire di decine di domande che sono state il nostro filo conduttore: ci hanno permesso di stabilire il punto di partenza, di fare ipotesi verificabili e di verificarle e, a volte, anche di lasciarle senza una risposta.

Come quando per la prima volta ho acceso la candela in classe (dopo aver lavorato sulla sicurezza in questa modalità di lavoro) e ho chiesto loro di proporre ai compagni le loro osservazioni e domande e gli alunni (in seconda elementare!) hanno presentato un elenco “infinito”: “Come fa a venire la fiamma quando la accendi? Perché in mezzo il fuoco è blu? Perché la fiamma della candela fa luce? Perché quando la candela si spegne la cera scotta? …”. Dopo aver scelto il quesito da cui far cominciare la nostra esplorazione sono arrivate le loro ipotesi (“Quello che brucia è lo stoppino”), da verificare attraverso nuove osservazioni, (“la cera scotta anche se non tocca la fiamma, la cera sembra acqua…”) e nuove domande, ma anche prime conclusioni da cui riprendere lo studio: “lo stoppino tiene la fiamma, lo stoppino senza cera si spegne subito, la cera protegge lo stoppino e lo fa durare a lungo”.

COSA È RIMASTO?

“I bambini non sono abituati a esprimere le loro domande”: questo era uno dei problemi che noi insegnanti volevamo affrontare con questo progetto. Uno degli obiettivi era quindi di stimolare la loro naturale curiosità e di basarci proprio sulle loro domande.

Come valutare però l’efficacia di due anni di lavoro?

Con le colleghe abbiamo discusso assai per creare un questionario che ci mostrasse i risultati, ma solo ora io ho avuto quella prova che nessun test mi aveva dato.

Un giorno, all’inizio di quest’anno, una bambina ha portato in classe una chiocciola, che naturalmente è stata accolta con tutte le attenzioni che un ospite di riguardo merita. Una volta sistemata nella sua nuova abitazione abbiamo cominciato a osservarla attentamente. Sono bastati pochi minuti prima che dalla classe si alzasse una voce: “Maestra possiamo scrivere anche le domande?”. Da lì è ripartito tutto.

Negli anni precedenti noi insegnanti avevamo creato un contesto adatto a provocare la curiosità degli alunni e quindi a far nascere le domande. Questa volta i bambini hanno fatto tutto da soli, hanno trovato un qualcosa da osservare, si sono posti delle domande e, insieme, hanno cercato di rispondersi.

Questo metodo è veramente entrato a far parte del “modus operandi” dei bambini, la discussione sollevata dalle loro stesse domande ha coinvolto tutta la classe e tutti hanno proposto ipotesi o hanno cercato di verificarle.

LE RIFLESSIONI

C’è un fattore cruciale senza il quale il coinvolgimento di tutti i bambini non è certamente assicurato ed è il clima positivo che si deve instaurare in classe.

Gli alunni che si espongono al “giudizio collettivo” devono sentirsi tranquilli e sicuri, devono sentirsi liberi di esporre le proprie domande certi che non ci sarà un giudizio sulla “bontà” del loro contributo né da parte dei compagni né dell’insegnante.

A volte questo può mettere a dura prova l’adulto, pressato da tempi stretti, dalla paura di perdere tempo, dal timore di fare brutta figura, dagli alunni che già stanno un passo avanti. In questo caso potremmo sciorinare la saggezza popolare che ci dice che “La fretta è cattiva consigliera”.

La pazienza, il saper aspettare, sono doti fondamentali per tutti, soprattutto per noi insegnanti.

PER APPROFONDIRE:
L’esperienza del progetto europeo “kidsINNscience”

ENGLISH ABSTRACT:
Our participation to the European Project KidsINNscience has got a positive relapse on the class. The teachers’ choice of adapting an Innovation Practice proposed by Austrian teachers, push towards a better and wider involvement of the children in both the laboratory practice and the lesson’s construction.

Maria Cecilia Caruso

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