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I segreti dell’arte culinaria negli esperimenti scientifici

Pubblicato il: 26/03/2013 12:19:33 -


"Giocare" con la chimica in cucina: dal fenomeno alla spiegazione, passando attraverso le attività in laboratorio, imparando a interagire con gli altri, a scambiare idee, fino ad acquisire un corretto linguaggio scientifico. L’esperienza in un liceo di Roma, nell’ambito del progetto KIS.
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La scelta di adattare una proposta di laboratorio – ripresa dal progetto europeo “KidsINNscience” – in una scuola secondaria superiore è dovuta al fatto che gli alunni spesso acquisiscono una preparazione soprattutto teorica, per cui non sempre riescono a trovare una interrelazione tra i concetti studiati sul libro e la vita di tutti i giorni.
Il laboratorio è diventato così il luogo dove l’osservazione di un fenomeno e l’esperienza hanno consentito ai ragazzi di consolidare le proprie conoscenze sul funzionamento delle cose, correlando il mondo macroscopico con quello microscopico.
Anche l’insegnante, nel momento di riflessione e progettazione, ha imparato a osservare attentamente i singoli alunni e le loro reciproche interazioni.

IL PROBLEMA

L’insegnamento delle scienze nella scuola secondaria superiore prevede l’acquisizione di conoscenze e di competenze che abbracciano diversi temi, che vanno dalla Chimica alla Biologia e alle Scienze della Terra, il tutto svolto in poche ore settimanali.

Per tale motivo noi insegnanti molto spesso siamo per lo più concentrati a far acquisire agli alunni una buona preparazione teorica piuttosto che stimolarli a trovare una correlazione tra i fenomeni osservati nella vita di tutti i giorni e i concetti studiati sul libro di testo.

Ci si chiede allora se sia il caso di ricercare un modo diverso di insegnare scienze per stimolare la curiosità dei nostri studenti, forse solo facendo loro notare come semplici fenomeni che tutti i giorni osserviamo, anche mentre cuciniamo e mangiamo, possano in qualche modo portarci a formulare delle domande sul come e sul perché essi avvengono.

Gli studenti ricercheranno così nella loro mente delle possibili spiegazioni, ricollegando tali fenomeni agli argomenti studiati sui libri di testo.
Questo potrebbe essere l’obiettivo più importante da conseguire: dal fenomeno alla spiegazione, passando attraverso le attività in laboratorio, imparando a interagire con gli altri, a scambiare idee, fino ad acquisire un corretto linguaggio scientifico.

L’ESPERIENZA

La proposta del progetto KIS è stata da me sperimentata per due anni consecutivi in due classi diverse. Gli alunni coinvolti avevano la stessa età (16 anni), ma il primo anno il progetto ha riguardato un liceo classico, mentre il secondo anno una classe del liceo scientifico. Entrambe le classi facevano parte dell’indirizzo sperimentale “Brocca”, per cui le ore di scienze erano più numerose rispetto ai corsi di studio tradizionali.

Il tema che avevo scelto di sperimentare era “la chimica nell’arte culinaria”.

Il progetto è stato suddiviso in tre fasi della durata di 4 settimane.
– La prima fase consisteva nell’acquisizione delle tecniche di base dal punto di vista teorico pratico: distillazione, neutralizzazione, estrazione, cromatografia, ecc.
– La seconda fase prevedeva l’analisi di diversi tipi di vini e della birra: determinazione del grado alcolico, misura del pH con strumento e con cartine tornasole, concentrazione dello zucchero, titolazione acido-base.
– La terza fase consisteva nell’osservazione della denaturazione delle proteine in: uova (proteine dell’albume e denaturazione mediante sistemi diversi dal calore: cottura con alcool, acetato di piombo, nitrato d’argento, acidi ecc.) e latte.
– Nella quarta fase si è proceduto all’estrazione del DNA dal Kiwi mediante alcool etilico e si è lavorato sulla lievitazione della pasta della pizza in diverse condizioni (lavoro di gruppo eseguito a casa).

Gli alunni della classe sono stati suddivisi in 5 gruppi di 4/5 elementi ciascuno.
Ho ritenuto che questo numero costituisse un accettabile compromesso per consentire un buon livello di coinvolgimento di ciascun allievo e una condizione di sufficiente controllabilità della classe da parte dell’insegnante.
I gruppi erano costituiti da alunni di diverse fasce di livello cognitivo, e ho tenuto conto anche dell’attitudine alla socializzazione e dell’emotività dei singoli.

Sono stati oggetto di documentazione sia i processi sia i prodotti delle attività svolte.
– I processi erano documentati mediante la compilazione di un diario di bordo.
– I prodotti intermedi (relazioni tecniche) erano documentati con testi scritti, video e fotografie, mentre il prodotto finale è stato documentato mediante un prodotto informatico, in un caso anche in lingua inglese.

L’osservazione attenta e continua dei singoli alunni e delle reciproche interazioni mi è servita a valutare i progressi ottenuti.

La verifica degli apprendimenti è stata eseguita mediante un test strutturato, mentre un questionario ha permesso di rilevare l’interesse destato e l’autovalutazione degli studenti.

RIFLESSIONI

La sperimentazione mi ha permesso di far “giocare” gli alunni con la chimica in cucina.

Dal punto di vista didattico, continuo a pensare che questo tipo di approccio possa servire a facilitare l’apprendimento. Una prova di ciò l’ho ottenuta dalla valutazione delle prove strutturate e del compito in classe e dalla compilazione del questionario finale.

Ci sono state alcune difficoltà a livello organizzativo per il lavoro in laboratorio: essendo sola, in quanto priva di un tecnico di laboratorio, è stato difficile organizzare il lavoro per gruppi; alcuni alunni, tra l’altro, tendevano a distrarsi, mentre altri si tiravano indietro e non riuscivano (o non volevano riuscire) a essere più protagonisti.
Buona, invece, la registrazione delle attività mediante foto e video amatoriali.

Ho inoltre notato che le ragazze tendono a prendere appunti e a rielaborarli, mentre la maggior parte dei ragazzi si “affida al caso”! Tale aspetto è più marcato nel liceo scientifico rispetto al liceo classico, dove gli alunni tendono a lavorare con maggiore impegno e costanza, per cui le differenze tra i sessi sono meno marcate.

Ho notato un maggiore entusiasmo e interesse da parte delle femmine nelle sperimentazioni in laboratorio rispetto ai maschi, che, invece, hanno gradito maggiormente la rielaborazione dei dati da riportare sul prodotto informatico finale.

Da tale esperienza posso concludere che l’approccio progettuale funziona sull’apprendimento, ma per attuarlo bisognerebbe incrementare le ore curriculari dedicate all’attività di laboratorio, senza mai perdere di vista l’acquisizione dei concetti fondamentali delle scienze.



ENGLISH ABSTRACT
The choice to adapt a laboratory practice – taken from the European project “KidsINNscience” – in an upper secondary school is due to the fact that students quite often get only a theoretical background knowledge in science and cannot find any relationship between the concepts studied and everyday life. Laboratory then becomes the place where the observation of a phenomenon and experience allows the students to consolidate their knowledge about how things work, learning to correlate the macroscopic with the microscopic world. The teacher herself when it is the time of reflection and planning, works carefully observing single pupils and their mutual interactions.

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Ester Daniela Cardone

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