Il precariato degli insegnanti fra la Corte di Giustizia europea e la “Buona scuola”
La sentenza della Corte di Giustizia Europea del 26 novembre 2014 in materia di abusi di reiterazione di rapporti di lavoro a tempo determinato nelle scuole statali e i provvedimenti di immissione in ruolo del personale precario, delineati nel progetto della “Buona Scuola”.
La Sezione III della Corte di Giustizia Europea, riguardo alle domande di pronuncia pregiudiziale proposte, alla Corte stessa, dal Tribunale di Napoli e dalla Corte Costituzionale, ha di fatto constatato l’inadeguatezza della normativa italiana in materia di ricorrenza di contratti di lavoro a tempo determinato del personale scolastico, rispetto ai principi contenuti in materia nel relativo accordo quadro europeo che – finalizzato specificatamente a migliorare la qualità di tale tipo di rapporto e a creare un quadro normativo per la prevenzione degli abusi derivanti dall’utilizzo di una successione di rapporti di lavoro a tempo determinato – prevede, appunto, che gli Stati membri debbano introdurre misure che, pur tenendo conto delle specificità delle esigenze dei vari settori lavorativi, esplicitino le ragioni obiettive che giustifichino il rinnovo dei contratti a tempo determinato, la loro durata massima totale e il numero dei rinnovi consentito.
La Corte, infatti, pur riconoscendo le esigenze di flessibilità di un sistema annualmente correlato alle variazioni di organico del personale scolastico, in relazione alle dimensioni e alle scelte didattiche della popolazione scolastica e della conseguente opportunità di non rischiare di immettere in ruoli definitivi personale che possa rivelarsi in eccedenza rispetto alle reali esigenze, ha valutato che le concrete modalità di funzionamento del sistema di reclutamento, tra cui la mancanza di tempi certi nell’espletamento delle procedure concorsuali, producono un continuo rinnovo di rapporti a tempo determinato su posti vacanti e disponibili che la normativa italiana formalmente qualifica come “posti in attesa della copertura tramite l’espletamento delle procedure concorsuali” e che, in quanto tali, renderebbero giustificata una loro copertura temporanea solo per tempi certi e molto più brevi.
Valutando, poi, che la normativa italiana esclude il settore scolastico da quelle norme che prevedono l’inquadramento nei ruoli dopo 36 mesi di contratti a tempo determinato, così come qualsiasi forma risarcitoria nei riguardi del personale reiteratamente impiegato a titolo non definitivo, la Corte conclude dichiarando che la normativa in questione contrasta con l’accordo-quadro europeo sul lavoro a tempo determinato, in quanto non consente di definire criteri obiettivi e trasparenti per verificare se i rinnovi contrattuali rispondano effettivamente ad un’esigenza reale. Inoltre non prevede nessun’altra misura diretta a prevenire e a sanzionare il ricorso abusivo a una successione di contratti di lavoro a tempo determinato.
Preso atto che i principi richiamati nel testo della sentenza sembrano ineccepibili, alla luce dell’attuale sensibilità sociale e della consapevolezza dei disagi esistenziali ed economici che causa un perdurante stato di incertezza lavorativa, sembra importante rilevare che mentre nel testo dell’accordo-quadro europeo e nella stessa prima parte della sentenza si parla dello scopo di evitare il susseguirsi di rapporti di lavoro a tempo determinato in generale, la parte più specifica e dispositiva della sentenza si rivolge esclusivamente a censurare l’abuso della successione di quei rapporti a tempo determinato, le supplenze annuali, che la legge italiana prevede appunto per quei posti ad orario di cattedra intero, disponibili per tutto l’anno e vacanti, cioè privi di titolare, destinati, quindi, alla nomina di personale di ruolo.
Questo per dire che la sentenza lascerebbe impregiudicate e possibili quelle situazioni d’indefinito reiteramento di quei rapporti di lavoro precario, denominati supplenze, sino al termine delle attività didattiche che, attualmente e secondo la norma, vengono utilizzati per coprire quei posti su cui non sono possibili nomine in ruolo, vale a dire i posti interi o cattedre solo disponibili ma non vacanti (cioè là dove esiste già un titolare che per previsioni di stato giuridico, utilizzazioni, comandi ecc., non insegna nella scuola) e quei posti dove la disponibilità di ore d’insegnamento è di entità inferiore all’orario intero contrattualmente previsto.
Se ci si prefigge lo scopo di aderire, nello spirito e nella maniera più ampia possibile, al dettato europeo, sembra che la massiccia immissione nei ruoli che propone l’attuale Governo nell’ambito del progetto “La Buona Scuola” fornisca l’occasione giusta.
Un’assunzione nei ruoli di tale portata – che dovrebbe riguardare tutti gli aspiranti inclusi nelle graduatorie a esaurimento e in più, probabilmente, gli idonei di precedenti concorsi, andrebbe sicuramente ben al di là dei posti vacanti e disponibili in senso stretto e costituirebbe un organico funzionale numericamente assai superiore a quello che si determina con i criteri attuali, per effetto della somma aritmetica dei singoli posti interi e delle cattedre strettamente necessari al funzionamento delle istituzioni scolastiche.
Con tale scorta di personale non dovrebbe risultare impossibile destinare personale di ruolo a quelle situazioni, prima accennate, a cui oggi si assegna personale con contratto a tempo determinato, sino al termine delle attività didattiche agendo, per esempio, con criteri più ampi di quelli attuali nel determinare i possibili raggruppamenti di spezzoni orari per costituire cattedre esterne oltre che utilizzare tale personale a tempo indeterminato, in eccedenza per quelle supplenze temporanee che si rendessero necessarie, per brevi o più lunghe sostituzioni dei colleghi assenti.
La coincidenza tra lo spirito, più che lo stretto dettato, della sentenza della Corte Europea e la volontà politica di ridurre al minimo il precariato nella scuola, non soltanto come misura sociale, ma anche come elemento di stabilità e, quindi, di affezione professionale, sembra una circostanza particolarmente felice, da non perdere.
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*** Immagine in testata di Nemo/Pixabay (licenza free to share)
Gianfranco Argenio