Il contesto e il processo educativo trasformano coloro che sono coinvolti

C. M. Cipolla, in “Allegro ma non troppo”, sostiene che stupidi si è (II legge sulla stupidità umana), perché “la stupidità è indipendente da qualunque altra caratteristica della persona”. Questa è una tesi molto forte che Cipolla dimostra considerando la misura della percentuale di stupidi nelle università tra bidelli, amministrativi, professori e, poi, persino tra i premi Nobel.

La stessa percentuale di stupidi si trova in tutti gli ambienti dimostrando che la stupidità non dipende dalla cultura né dalla condizione finanziaria. Insomma, “stupidi si nasce”, esattamente come si hanno i capelli di colore rosso o nero. Il contrario di quanto sostiene Forrest Gump.
Che cosa significa innato? S. J. Gould nella sua teoria degli equilibri punteggiati (o puntuati) in “La struttura della teoria dell’evoluzione” descrive l’evoluzione come un processo lunghissimo (su scale temporali molto lunghe) per la formazione di equilibri che subiscono modifiche e variazioni su tempi molto brevi per poi ricominciare a evolversi su tempi molto lunghi verso nuovi equilibri.

Le neuroscienze, e in particolare la psicologia evoluzionistica, mostrano che i modelli cognitivi dell’uomo, nel corso dell’evoluzione, sono plasticamente forgiati in moduli, con funzioni specifiche [“modularità massiva”, in J. Fodor, The modularity of mind, Cambridge, MIT Press (1983) e, soprattutto, in S. Pinker, How the mindworks, New York, Norton (1997)], e che il contesto incide moltissimo nella formazione, nelle variazioni e nelle modificazioni delle funzioni cerebrali. Una rivoluzione di contesto come quella generata dalle tecnologie digitali può generare una trasformazione modulare nel corso di qualche generazione. Quindi, se si considera la stupidità sulla scala temporale della vita umana, allora, essa può essere considerata innata, ma se vista sulla scala temporale di più generazioni, e magari di qualche secolo, allora non è più innata ma prodotta dall’evoluzione.
In altri termini, sulla scala evoluzionistica, ha ragione Forrest Gump: “stupido ci si diventa, facendolo”.

La conquista di questo risultato è importante: se la stupidità non è innata (intendendo per questo, immutabile, eterna, inalterabile) allora si può “curare”, comunque “cambiare”, riducendone il peso sulla composizione sociale della popolazione.
E la medicina giusta, naturalmente, è la partecipazione diretta ai processi educativi nella vita della scuola.
Il processo educativo e il contesto educativo trasformano tutti coloro che sono coinvolti.
Pazientemente, qualche risultato consistente si potrà avere dopo qualche generazione e pian piano il lavoro delle persone “intelligenti” modificherà lo status di quelle “stupide”. E di processi positivi nella scuola ce ne sono sempre tantissimi.

Quali sono quelli invece che spesso alimentano la stupidità?
Pensiamo a uno studente svogliato e poco studioso. Al momento giusto, si pone a capo di un’occupazione studentesca. Vuole i locali della scuola per stare lì con la sua ragazza o per il desiderio di averne una e per sospendere le lezioni per un po’. Questo ragazzo, attraverso il suo operato, produce qualche beneficio agli altri studenti, allontanandoli dalla scuola e dallo studio? Produce dei benefici a se stesso? Produce un’azione di protesta utile a qualcuno? Oggi? Soprattutto oggi?

Invece, è garantito, che produce danni a se stesso, ma anche danni agli altri (docenti e studenti) che si troveranno di colpo allo scrutinio senza aver avuto il tempo di maturare valutazioni sufficienti sulle discipline. Secondo Cipolla lo stupido è chi non trae beneficio alcuno né per sé né per altri, ma provoca danni agli altri e a se stesso. Per Cipolla questo studente è semplicemente stupido.

Ora, il punto è che questo studente viene da una famiglia (con fratelli più grandi e più piccoli) e la famiglia dalla sua storia. I modelli culturali e comportamentali si tramandano, condizionando così la fase successiva dell’evoluzione familiare. Intervenire sulla condizione dello studente di oggi, protagonista della protesta estrema, potrebbe voler dire, produrre una trasformazione che avrà effetti sulle generazioni successive.
Introdurre, ad esempio, elementi di analisi che conducano alla sensibilizzazione dei problemi sociali, e delle necessarie proteste, con forme di partecipazione diverse da quelle che sembrano, in quel momento, le più vantaggiose (disertare la scuola o avere la scuola pubblica a disposizione per nulla). Allo stesso modo, avviare una ricerca sulle manifestazioni d’interesse più efficaci al contesto politico e sociale trasformato.

Secondo il “Cipolla pensiero”, per essere considerata intelligente, la scuola e tutti i suoi protagonisti devono vivere di uno scambio sia nel dare sia nell’avere. Lo scambio non è, ovviamente, di tipo economico (sarebbe assurdo solo pensarlo).
Lo scambio si ha sul piano umano: non c’è nulla che arricchisca di più di uno studente che trova la sua via nel mondo. E non c’è nulla che impoverisca di più delle azioni manipolate.
L’adulto che strumentalizza lo studente, invece che prendere egli stesso posizione, è ovviamente un “bandito” (secondo Cipolla), ma lo studente manipolato o che strumentalizza il fatto quotidiano per i propri opportunismi, finisce con l’essere stupido.

E non dimentichiamo la IV legge del Cipolla: la stupidità comporta sempre un costo elevatissimo per tutti.
L’occupazione della nostra scuola, ad esempio, è stata votata dal 67% degli studenti, il che significa un fatto essenziale: molti ragazzi delle prime, delle seconde e delle terze (quindi, minori) hanno votato così. E, naturalmente, tornando a casa diranno ai genitori, io non c’entro nulla, l’hanno occupata gli altri. Il genitore: “Che scuolaccia…” e che bravo mio figlio!

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