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Etica pubblica e istruzione: la forbice del disonore

Pubblicato il: 21/05/2014 14:34:41 -


Riportare l’attenzione sul valore dell’etica pubblica, nella politica e nei cittadini, può fortificare il significato dell’istruzione in Italia, oggi più che mai. Con questa prospettiva i dati statistici sulla scuola possono essere letti con maggiore consapevolezza.
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Stefano Rodotà in “Il dovere dell’onore” (La Repubblica, 7/5/2014) osserva che l’art. 54 della Costituzione prevede il dovere del cittadino di rispettare la Costituzione e le leggi, come pure, per il cittadino con funzioni pubbliche, il dovere di “adempiere con disciplina e onore”.
Bene, Rodotà sostiene che i politici hanno dimenticato il dovere dell’onore sia come cittadini sia come funzionari pubblici. Di qui il crollo di un’etica pubblica.
Titolo interessante quello di Rodotà che sposa bene quello che, più o meno contestualmente, avevo deciso per questo contributo, prima ancora di averlo finito.

L’articolo “Il giallo delle iscrizioni” rappresenta il segno dei tempi. I dati del MIUR sulle iscrizioni alle superiori mostrano quel che l’adulto pensa della scuola e cioè quale futuro sceglie per i propri figli: il 30% circa va ai licei “aperti” (quelli considerati “semplici” come gli artistici, i musicali, i linguistici e delle scienze umane), il 20% circa, invece, opta per i licei “duri” (scientifici e classici, con la metà delle ore settimanali impegnate su discipline notoriamente dure) e il restante 50% s’iscrive presso i tecnici ed i professionali. Il primo gruppo cresce di anno in anno, mentre gli altri due gruppi perdono iscrizioni, nonostante rappresentino complessivamente il 70%. Il 50% d’iscrizioni ai tecnici e ai professionali non significa, naturalmente, che gli adulti credono nel lavoro (come ben sa chi vive nella scuola), meno che mai oggi con una crisi galoppante, ma semplicemente che ritengono i propri figli non adatti a un liceo.
Risultato?
Gli adulti non credono più né nel lavoro, né nello studio “duro” e sperano una vita semplice, senza calvari, direttamente e immediatamente orientata verso il cinema, l’arte, la musica e lo spettacolo, possibilmente la TV, o nel caso peggiore, dove si studia poco o si è più tolleranti verso chi studia poco.
Per fare cosa, dopo? Chi lo sa. Oggi, non si può dire!

Ora, premesso che cinema, arte, musica e teatro incarnano l’essenza di quell’armonia culturale intrinsecamente inscindibile da un sano, e possibilmente completo, sviluppo della persona, c’è da chiedersi quale sia il senso di questa condizione dell’adulto.
Non possiamo fare a meno di ricordare che secondo recenti indagini sull’analfabetismo “funzionale”[1] e “di ritorno”[2] la condizione dell’adulto (dai 18 anni ai 64) è molto precaria, al limite del paradosso. Se poi ci aggiungiamo circa quattro milioni di NEET[3], oltre tre milioni di attuali nuovi poveri e la crescita velocissima del numero di migranti (che nel limitatissimo caso di istruiti sono comunque di “altra cultura” con la disastrosa condizione del diritto interculturale), il quadro si fa tanto chiaro quanto preoccupante. Come mostrato nel diagramma di Pareto[4] sempre più confermato dai dati, la forbice tra “istruiti” e “non istruiti” si stabilizza sull’80/20, come quella tra i “licei duri” (circa il 20%) e tutti gli altri (circa l’80%).
Coincidenze? Solamente un fenomeno statistico? Si veda anche la “learning curve”[5].

Comunque, la politica attuale, cieca e sorda, non si pone al centro del vero problema, millantando interesse per la scuola e per un’etica pubblica che non c’è; dal canto suo, il cittadino, alla ricerca di una sua identità, risponde al disonore del politico con l’opportunismo, alimentando il suo disinteresse pubblico. È la divergenza della desolazione, disarmante, stanca e impotente.
Un circolo vizioso che condivido con Rodotà, che spinge l’uno contro l’altro e tutti alla ricerca di un effimero palliativo, virtuale e inebriante.
Aggiungo, però, attenzione è una condizione per l’insorgenza di autoritarismi e dittature, come il passato insegna, e che tutti noi dobbiamo impedire, se non per noi stessi, per i nostri figli! Si proprio per loro.

*
Note
[1] A.M. Allega, “Riforma dei cicli scolastici: come pensarci dopo i dati OCSE PISA e PIAAC”

[2] “Chi ha il pane non ha i denti” (recensione al libro di A. M. Allega “Analfabetismo: il punto di non ritorno”, Herald Ed., 2011)
[3] A. Dall’Acqua e A.M. Allega, “Che cosa farò da grande? Quant’è difficile scegliere!”
[4] A.M. Allega, “Darwin, Pareto e l’istruzione”

[5] A.M. Allega, “La curva di apprendimento e la questione morale”

***
Immagine in testata di aldoaldoz / Flickr (licenza free to share)

Arturo Marcello Allega

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