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Un approccio maieutico: dall’esperienza di laboratorio alla formulazione di ipotesi

Pubblicato il: 10/04/2013 11:32:07 -


Una pratica di laboratorio che spinga i ragazzi a porsi delle domande e li porti alla formulazione di ipotesi sistematizzabili poi in teoria. È un percorso possibile? L’esperienza di un istituto tecnico di Velletri, nell’ambito del progetto europeo KidsINNscience.
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IL PROBLEMA DI PARTENZA

Una delle concezioni più diffuse dell’attività di laboratorio negli istituti tecnici è di partire da una trattazione teorica dalla quale far scaturire un’attività sperimentale che abbia l’obiettivo di verificare la teoria seguendo precise istruzioni.
È possibile presentare agli alunni un problema da gestire in laboratorio che li spinga a porsi domande e li porti alla formulazione di un procedimento sperimentale autonomo e condiviso che possa risolvere il problema?

In tal senso la funzione dell’insegnante diviene realmente maieutica: la domanda, che nasce dall’osservazione della realtà, spinge lo studente a usare il pensiero logico-deduttivo e quindi a tirar fuori dalle sue conoscenze, in modo anche intuitivo, una spiegazione (o, meglio, un’ipotesi esplicativa) di ciò che vede e a progettare un’attività sperimentale che possa dare una risposta alle sue domande.
Si è cercato di osservare anche la differenza di risposta a tale approccio in base al genere, sebbene nella classe nella quale si è svolta la pratica vi fossero solo 3 ragazze (su di un totale di 19 alunni).

L’ESPERIENZA

La determinazione dell’acidità totale di un vino è stata la pratica che ha permesso di svolgere la parte di programma relativa alla teoria acido base.
La determinazione della quantità di zuccheri presenti ha altresì permesso di introdurre le reazioni redox. Per quanto riguarda la prima esperienza, la determinazione di un parametro fondamentale per un vino (l’acidità totale), ma “nascosto” (infatti non si trova sull’etichetta), è stato un fattore molto motivante per i ragazzi.
Così come la determinazione della quantità di zuccheri il cui eccesso può essere spia di un’eventuale sofisticazione. Le esperienze (scheda A e scheda B) sono semplici e non richiedono nulla più della normale vetreria e dei reagenti disponibili un in laboratorio di chimica mediamente attrezzato.

Per la valutazione è stato somministrato un test a risposta chiusa articolato in 25 quesiti: uno per ognuno dei “punti chiave” che sono emersi dal racconto del progetto.

I risultati sono stati sottoposti a un trattamento dati e sono risultati essere omogenei per i quattro gruppi che erano stati formati. In tali gruppi la presenza delle ragazze è stata decisiva: distribuite fra i vari gruppi, ne colmano le eventuali disparità e portano a un risultato omogeneo.

Durante l’attività sperimentale si è quindi costruita una “impalcatura” mediante la quale si è potuto affrontare gli aspetti teorici con maggiore efficacia.
Le lezioni di teoria sono state partecipate e condivise, specialmente paragonandole con le altre svolte sino a quel momento.
Inoltre le ore programmate si sono rivelate anche eccessive per l’efficacia con la quale i ragazzi hanno lavorato; parte di queste ore sono state infatti utilizzate per l’esecuzione di semplici esercitazioni numeriche.

Un aspetto rilevante è stato che le due schede di laboratorio non sono state elaborate dall’insegnante e consegnate agli alunni, ma sono emerse, e sono state “costruite” alla lavagna, dalla discussione che ha preceduto le esperienze stesse.
Alla fine di tale discussione, e prima della fase sperimentale, sono stati i ragazzi a scrivere le schede. L’insegnante ha solo raccolto le idee migliori e le informazioni corrette nelle due schede finali.

RIFLESSIONI

Il risultato sulla motivazione è stato quello di maggior rilievo: in una classe che presentava notevoli difficoltà di concentrazione, l’interesse è stato notevolmente superiore rispetto alla lezione frontale.
Tuttavia nelle ultime battute, esaurito l’effetto sorpresa, la partecipazione è stata più eterogenea: all’interno dei vari gruppi, negli ultimi incontri, mediamente uno o due ragazzi si defilavano dall’attività sperimentale, svolgendo un ruolo passivo.

L’analisi di una bevanda presente nella vita quotidiana, la ricerca di parametri non ricavabili dalla semplice lettura dell’etichetta, l’utilizzo delle stesse tecniche che vengono usate nei laboratori di analisi sono stati i fattori determinanti che hanno acceso l’interesse dei ragazzi.

La riflessione più interessante per me è che gran parte delle domande è scaturita in modo spontaneo dai ragazzi stessi che, motivati, hanno assunto un atteggiamento più attivo cercando di dare una risposta ai loro interrogativi.

Articolando le domande più interessanti in 25 punti si è potuto così agevolmente preparare una prova strutturata che ha potuto spaziare fra la gran parte dei punti salienti dei due argomenti presi in considerazione.

La pratica ha permesso altresì di evidenziare e colmare lacune e misconoscenze esistenti che non sarebbero emerse con un approccio tradizionale.
Ciononostante può rimanere la domanda di fondo se il percorso sia stato realmente non prescrittivo; se ci si è avvicinati effettivamente a quel difficile punto di equilibrio fra la correttezza, l’esaustività delle informazioni e l’apprendimento per scoperta da parte degli alunni.
In effetti, come detto, l’elaborazione delle schede delle esperienze è avvenuta in modo condiviso, ma data la complessità degli argomenti l’intervento del docente è sicuramente più indirizzante – da quanto emerso dalle discussioni con gli altri colleghi partecipanti al progetto – rispetto a quello, ad esempio, di un docente di scuola secondaria di primo grado.

ABSTRACT:
È possibile presentare agli alunni una pratica di laboratorio che li spinga a porsi domande che portino alla formulazione di ipotesi che poi possono essere sistematizzate in una teoria? Si è cercato di rispondere a tale domanda adattando una proposta di pratica innovativa ripresa dal progetto europeo KidsINNscience. Tale proposta pur cercando di non smarrire i requisiti teorici necessari, aveva il vantaggio di mantenersi all’interno di confini duttili, seguendo una pratica di laboratorio non prescrittiva. Nella sostanza si è determinata l’acidità totale di un vino e la sua quantità di zuccheri riducenti, mediante titolazione acido-base e redox. Tale pratica ha permesso di affrontare questi due argomenti in modo nuovo e con buoni risultati sia sul piano della motivazione che su quello degli apprendimenti significativi.

ENGLISH ABSTRACT:
Is it feasible to address students a laboratory practice that induces them to pose questions? Can the answers to these questions be arranged in hypotheses that could be systematized within a theory? I have tried to answer to these questions adapting an innovative practice taken from the European project KidsINNscience. This proposal does not overlook the necessary theoretical requirements but has the advantage of being confined within flexible boundaries since it follows a laboratory practice which is not rigid. From the practical point of view, the total acidity and the sugar content of a wine have been determined by means of an acid-base and redox titrations, respectively. This practice has allowed treating these two subjects in a novel manner giving good results both in the students’ motivation and meaningful learning.

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Immagine in testata di zhouxuan12345678 / Flickr (licenza free to share)

Gaetano Cantarella

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