La scuola che (ri)vorrei… Auguri a Mario Lodi (7)
LA SCUOLA CHE… RIVORREI
Caro Maestro, ricordi la nostra scuola?
È proprio quella che rivorrei!
Quella che aveva inizio non a settembre,
ma il primo di ottobre.
Quella senza rientri pomeridiani,
che ci vedeva fare i compiti a casa
prima di andare a giocare in cortile.
Quella con la ricreazione in giardino,
quando il tempo lo permetteva.
Quella che non era stata mortificata
da continue riforme,
perché la vera riforma era nel metodo
e nel confronto tra i nostri docenti.
Quella in cui lo studio aveva un valore legale
che nessuno avrebbe mai messo in discussione.
Quella dei tempi distesi,
senza l’assillo delle prove Invalsi,
prove, queste ultime, che sono lontane
dalla nostra cultura, perché ricalcano
quelle di Paesi che credono
nei test e nel sapere misurato
sulla quantità di crocette.
Rivorrei la scuola che vedeva studenti
condividere ideali con gli operai,
e gli uni scioperavano al fianco degli altri;
quella della solidarietà e del confronto.
Rivorrei la scuola del quaderno di bella
sul quale ricopiavamo i nostri pensieri
fissati prima nella “brutta”
e delle lettere che scrivevamo ad amici lontani.
Rivorrei il tempo delle interviste
che noi studenti facevano ai negozianti,
girando per le strade
e quello dei film discussi in cineforum.
Rivorrei quel nostro bel Paese
che veniva apprezzato per l’alto grado di umanità
e di rispetto del prossimo.
Sembra impossibile che si parli
della modifica dell’art. 18
sostenendo che licenziare senza giusto motivo
sia giusto, perché questo genera occupazione.
Sembra assurdo che gli Italiani e le Italiane
debbano subire ricatti e perdere lavoro,
quando invece si potrebbe tassare
chi delocalizza e sfrutta la povertà degli altri Stati.
Sembra incredibile che oggi esista un’Europa
disposta a cambiare le regole del gioco,
mettendo così in discussione
le conquiste dei nostri Padri e delle nostre Madri.
Mi viene in mente una frase
che sta circolando molto in questi giorni:
“Abbiamo impiegato secoli per costruire
diritti universali che proteggessero,
indistintamente, chi non ce la fa”.
Insomma, caro Maestro,
vorrei poter tornare a credere in un mondo migliore,
per noi e per i nostri giovani che rappresentano il futuro,
un futuro che rischia di non esserci più.
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Linda Giannini