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Autonomia, istruzioni per il montaggio – 2

Pubblicato il: 18/01/2010 18:32:00 -


Il laboratorio rappresenta la risposta più promettente alle istanze formative del mondo contemporaneo: l’art. 5 delle bozze ministeriali di ristrutturazione dei tecnici e dei professionali dispone che i percorsi siano realizzati “attraverso metodologie finalizzate a sviluppare competenze basate sulla didattica in laboratorio”. I laboratori sono spazi di ricerca, di problem solving, ribaltano il rapporto docente-discente: pongono l’esperienza dei giovani a fondamento della didattica.
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L’art. 1 dell’8 marzo 1999 n. 275 stabilisce che l’autonomia delle istituzioni scolastiche “si sostanzia nella progettazione e nella realizzazione di interventi di educazione, formazione e istruzione mirati allo sviluppo della persona umana”.

Avendo a disposizione l’elencazione dei traguardi formativa e di quelli educativi è possibile concentrarsi sul come organizzare le conoscenze per favorire processi di apprendimento finalizzati alla creazione di capacità, questione introduttiva dell’analisi disciplinare: quali parti, quali aspetti delle discipline sono funzionali alla promozione delle capacità che qualificano il servizio scolastico?

DATO CHE le discipline si sostanziano dei PROBLEMI che hanno originato le ricerche, dei METODI impiegati per ricercarne la soluzione, degli ARGOMENTI che hanno chiuso le questioni poste;
DATO CHE le capacità sono dei processi;
DATO CHE lo studente che risolve un problema esibisce comportamenti sovrapponibili a quelli che caratterizzano le manifestazioni di capacità;
NE CONSEGUE CHE la progettazione dell’insegnamento deve sostanziarsi nell’individuazione di situazioni problematiche atte a sollecitare condotte funzionali sia alla promozione e al potenziamento di capacità, sia alla formazione di una corretta immagine delle discipline.

Si tratta di un assunto che ridefinisce il lavoro scolastico e lo colloca in un sistema di laboratori in cui si propongono occasioni di apprendimento: attività centrate su problemi la cui soluzione conduce sia al consolidamento di comportamenti produttivi, sia all’acquisizione di specifiche conoscenze.

La tradizionale lezione concluderà, coronerà e sistematizzerà l’attività di ricerca degli allievi: gli insegnanti affiancheranno/sosterranno/indirizzeranno i percorsi formativi maturati dagli studenti rispondendo alle loro domande, ma solo se ben formulate.

Profondi cambiamenti culturali e strutturali sono necessari. Si dovrà innanzitutto strutturare il servizio scolastico partendo dalla sua unitarietà, mettendo a sistema tutte le sue discipline: la crescita integrale di uno studente è un problema irrisolvibile per il docente che opera isolatamente. La conseguente visione organica richiederà il costante monitoraggio delle attività progettuali, vale a dire il periodico confronto tra gli obiettivi programmati e i risultati conseguiti, confronto che consentirà di governare i processi di apprendimento. Anche la tradizionale organizzazione didattica sarà oggetto di significativi cambiamenti: i laboratori saranno finalizzati alla promozione delle capacità collegialmente individuate e si costituiranno su specifici problemi sia di natura disciplinare, sia coinvolgenti una pluralità di materie.

Gli aspetti metodologici e il lavoro di équipe caratterizzeranno la professionalità dei docenti.

La situazione prospettata implica sia il mutamento della struttura organizzativa, sia la revoca della delega in bianco che gli insegnanti conferiscono alle case editrici riguardante la loro progettualità, aspetto che qualifica il loro lavoro. Per la prima questione il Consiglio di istituto/di indirizzo potrebbe far tesoro dell’esperienza delle aziende ospedaliere nei cui reparti le terapie sono decise e formalizzate collegialmente, sotto la direzione del primario.

Corollario finale: l’Agenzia Nazionale per lo Sviluppo dell’Autonomia Scolastica, che sovrintende la transizione al nuovo ordinamento, ha tracciato un quadro diametralmente opposto a quello che è stato prospettato: l’ordinamento dello Stato non è il fondamento dell’innovazione essendo stato sostituito da una raccomandazione dell’UE, concepita per uniformare gli esiti dei sistemi formativi non per caratterizzarne la gestione. La scelta ha condotto all’elevazione delle conoscenze e delle abilità a risultati dell’apprendimento mentre il dettato dell’art.2 della legge 53/2003 postula la loro strumentalità rispetto alla promozione e al consolidamento delle capacità dei giovani. La progettazione formativa e la progettazione educativa, di cui si sostanzia l’autonomia, non sono nemmeno nominate e, conseguentemente la progettazione dell’istruzione perde ogni incisività: si focalizzano la libertà di insegnamento e l’adozione di libri di testo, aspetti che poco hanno a che vedere con la finalità istituzionale. Tale impostazione conduce a un nuovo modello organizzativo fondato sui soli dipartimenti disciplinari, scelta che è sintomo sia dell’assenza della visione sistemica, sia della noncuranza dei principi delle scienze dell’organizzazione. Non privo di significato il fatto che l’autonomia è presentata come facoltà di disporre localmente di una quota del monte ore, aspetto senza importanza se posto al di fuori di una visione complessiva del governo della scuola.

Lo scenario che traspare riporta a situazioni già viste: il fallimento dell’esame di maturità del 1969 causato da una stantia concezione della scuola [CFR NUOVA SECONDARIA – E. Maranzana – Tra elusioni e omissioni – n° 6/1999].

Enrico Maranzana

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