Lezione sull’iCub e i suoi 53 gradi di libertà di movimento
Una lezione su iCub che trae origine dalle definizioni di Wikipedia e dai video di Youtube, facilmente rintracciabili nel web dagli studenti. L’azione del docente si basa sulla segnalazione e sull’approfondimento tematico dei contenuti che si trovano in rete.
Su Wikipedia si legge: “iCub è un robot androide costruito dall’Istituto Italiano di Tecnologia. Alto 104 cm e pesante 22 kg, la sua estetica e funzionalità ricordano quelle di un bambino di circa 3 anni. iCub è sviluppato congiuntamente al RobotCub Consortium, una joint-venture di alcune università europee. Il maggiore scopo di questa piattaforma informatica e hardware è quella di studiare la cognizione, attraverso l’implementazione di algoritmi motivati dalla biologia. Il progetto è open source sia per il software disponibile gratis e non criptato, sia per la parte hardware, approfonditamente descritta nelle sue componenti, con pezzi reperibili sul mercato.
Si stima che iCub, nella sua versione finale, avrà 53 gradi di libertà di movimento, organizzati nel seguente modo:
• 7 per ogni braccio robotico;
• 9 per ogni mano robotica (3 per il pollice, 2 per l’indice, 2 per il dito medio, 1 per la coppia anulare-mignolo, 1 per l’abduzione/adduzione);
• 6 per i movimenti della testa;
• 3 per il torace e la colonna vertebrale;
• 6 per ogni gamba robotica.”
Questa tipologia di lezione è stata proposta nell’Istituto tecnico industriale a indirizzo elettrotecnico-elettronico ITT-LSSA Nicolò Copernico di Barcellona PG (Me) nell’ambito di una visita riguardante l’orientamento in entrata di una scuola media di primo grado. Prendendo spunto dalla visione di un video su Youtube riguardante iCub, sono stati resi oggetto d’attenzione due termini: “progetto open source” e “gradi di libertà di movimento”, correlando nozioni informatiche a quelle strettamente meccaniche. Infatti, il primo termine si riconduce alla terminologia informatica, mentre il secondo a quella meccanica.
Facendo sempre ricorso alle definizioni estrapolate da Wikipedia, si è iniziato a spiegare il significato di “progetto open source”: “Open source (termine inglese che significa “codice sorgente aperto”), in informatica, indica un software i cui autori (più precisamente i detentori dei diritti) ne permettono e favoriscono il libero studio e l’apporto di modifiche da parte di altri programmatori indipendenti. Questo è realizzato mediante l’applicazione di apposite licenze d’uso. Il fenomeno ha tratto grande beneficio da internet, perché esso permette a programmatori geograficamente distanti di coordinarsi e lavorare allo stesso progetto. Pertanto gli studenti sono stimolati a intraprendere, via internet, contatti con altre scuole che condividano le esperienze teoriche e laboratoriali studiate. In altre parole proporre l’open source come strumento per la condivisione della conoscenza”.
All’interno della lezione si è spiegato come avviare un progetto open source partendo dalla comunicazione (avere una moltitudine di canali a disposizione, utilizzazione delle mailing list e avere un canale IRC per avviare chat in tempo reale con gli utenti, disporre di un sito web per dare visibilità al progetto, creando un single point of contact, ovvero un luogo virtuale a cui chiunque può accedere e in cui si possono trovare tutte le informazioni necessarie al progetto), per arrivare alla descrizione del repository su cui mantenere il codice sorgente e del issue tracker, che permette di tracciare la storia dei bug (gli errori nella scrittura di un programma software), che inevitabilmente verranno introdotti nell’applicazione.
L’altro termine studiato su Wikipedia è stato “gradi di libertà di movimento”, ovvero “il numero di variabili indipendenti necessarie per determinare univocamente la posizione di un punto materiale nello spazio (coordinate).
In particolare il numero di gradi di libertà di un sistema è per definizione pari a quello del numero di coordinate generalizzate necessario a descrivere il suo moto. Un punto libero di muoversi nello spazio a 3 dimensioni ha quindi 3 gradi di libertà; se il punto deve muoversi su un piano (2 dimensioni) ha 2 gradi di libertà; se deve muoversi lungo una retta o una curva (1 dimensione) ha 1 grado di libertà”.
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Immagine in testata di oosp / Flickr (licenza free to share)
Aldo Domenico Ficara