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La nostra gita al Parco del Circeo

Pubblicato il: 04/07/2013 12:32:10 -


Una giornata in gita scolastica al Parco Nazionale del Circeo, tra meraviglie di terra e di mare immersi a contatto con la flora e la fauna del luogo: alcuni studenti ci portano con il loro racconto in questo angolo protetto di paradiso.
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All’uomo forse non importa delle risorse e delle riserve naturali, ma per gli animali esse rappresentano dei piccoli angoli di paradiso perché al giorno d’oggi, per varie cause, gli habitat degli animali stanno scomparendo.

Conoscere il proprio territorio, comprenderne la ricchezza e il valore è forse il modo migliore per imparare a rispettarlo e proteggerlo. Per questo nella nostra scuola vengono organizzate per le classi prime delle visite nel Parco Nazionale del Circeo, uno dei luoghi protetti in cui la biodiversità si esprime in modo ricco e completo.
Nella giornata del 23/05/2013, infatti, accompagnati dagli insegnanti De Matteis, Boccanera e Calienno, noi della 1^A e 1^B ci siamo recati a Sabaudia, nel Parco Nazionale del Circeo, effettuando una visita guidata con Marco, un esperto ambientalista.
Il Parco fu istituito nel 1934 per volere di Benito Mussolini e del senatore Raffaele Bastianelli, allo scopo di curare gli ultimi resti delle paludi pontine, che proprio in quegli anni venivano bonificate.
Esso è anche una “riserva della biosfera” protetta dall’UNESCO.

Al suo interno vi sono cinque habitat naturali importantissimi: la foresta, il promontorio, le zone umide, la duna litoranea e l’isola di Zannone.

Il promontorio è diviso in due versanti:
• nel Quarto Freddo sono presenti foreste di lecci e, più a bassa quota, si trova un piccolo bosco di sughero;
• il versante meridionale (Quarto Caldo) è caratterizzato da piante e arbusti della macchia mediterranea: leccio, corbezzolo, rosmarino e cisto.

La nostra prima tappa ci ha portati nella zona denominata “Cerasella”.
Appena arrivati a destinazione Marco, la nostra guida ci ha detto che ci trovavamo nella foresta planiziale, l’unica parte rimasta, dopo il disboscamento, dell’antica Selva di Terracina.
Ci ha poi portato a vedere i recinti dei daini e dei cinghiali e ci ha spiegato che i daini hanno sostituito i caprioli, più piccoli e tipici di questa zona. Gli animali vengono catturati dalla forestale insieme ai cinghiali perché, essendo troppo numerosi, potrebbero danneggiare l’ecosistema.
Marco ci ha fatto capire anche la differenza fra daino maschio e daino femmina.
I maschi, a partire da 10 mesi, sviluppano le corna (palco) e ogni anno in primavera le perdono per poi riformarle immediatamente. Per i maschi le corna rappresentano un importante “ornamento” e vengono utilizzate nella competizione per la conquista della femmina. La femmina è leggermente più piccola, con un diverso colore del manto che, comunque, varia a seconda delle stagioni.

Anche tra i cinghiali c’è differenza: si può distinguere il cinghiale maschio da quello femmina dalla colorazione del manto, che nel caso del maschio è più scuro in modo che si possa confondere con l’ambiente, mentre quello della femmina è più chiaro, ma comunque tale da mascherarla per poter proteggere i suoi piccoli.

In seguito siamo tornati alla zona attrezzata di Cerasella, che si chiama così perché all’origine era occupata in gran parte da alberi di “cerase marine” ossia corbezzoli, degli arbusti che hanno la particolarità di produrre insieme fiori e frutti. Al suo interno vi sono delle torri di controllo che, attraverso delle telecamere, hanno il compito di monitorare costantemente l’ambiente circostante, soprattutto come protezione da eventuali incendi.

A questo punto… beh, diciamo che una buona merenda e un po’ di ricreazione ci stavano proprio bene!
Nel frattempo non abbiamo perso occasione per guardarci intorno e notare tanti “buchi” nei tronchi, perfetti nella forma: Marco ci ha spiegato che vengono fatti dal picchio che li utilizza per incastrare e rompere i pinoli. Che furbo l’amico picchio!!!

La nostra pausa è terminata e noi, ansiosi di riprendere la nostra avventura, ci siamo subito riuniti in gruppo intorno ai nostri professori e alla nostra guida.
Abbiamo percorso un lungo sentiero nella foresta e abbiamo osservato le varie cose che Marco ci indicava, dandoci molte interessanti informazioni:
• varie specie di piante come lecci, cerri e un albero con le spine che viene chiamato “Spino di Giuda” perché somiglia molto a quello con i cui rami si dice sia stata fatta la corona di Gesù;
• il sottobosco formato da pungitopo, mentuccia, erica, corbezzoli e felce;
• un rametto ricoperto da licheni, che rappresentano una simbiosi tra alga e fungo, e hanno la caratteristica di assorbire molte sostanze nocive;
• le pigne o, meglio, i coni: quello maschile, molto piccolo, che contiene il polline, e quello femminile che viene fecondato dal polline e che al suo interno sviluppa i semi (i buonissimi pinoli).

Lungo il sentiero abbiamo potuto osservare delle farfalle con colori particolari e questo ci dice, insieme alla presenza dei licheni, che si tratta di un ambiente pulito, privo, per fortuna, delle tante sostanze che inquinano le nostre città.

Siamo poi arrivati alle “Piscine della Verdesca”, una zona umida paludosa che sembra un ambiente incantato. Le loro origini sono dovute alla fuoriuscita dell’acqua causata dal riempimento della falda acquifera che straripa e provoca l’affioramento delle acque.
In esse vivono specie vegetali adattate a vivere con le radici sommerse e sono presenti molte forme di vita animale, come crostacei, girini e anfibi. Ci siamo entrati in silenzio perfetto per ascoltare le voci della natura. Che magia… sembrava di essere nel regno delle fate e a qualcuno di noi sfuggivano, sia pure sottovoce, esclamazioni di meraviglia e ammirazione.
Marco, utilizzando alcuni contenitori di vetro, ha “pescato” alcuni girini e altri invertebrati per farceli osservare, ma dopo, naturalmente, li ha liberati in acqua con grande delicatezza.

Al termine di questa prima parte della nostra visita, ci siamo recati presso il Centro Visitatori del Parco, dove abbiamo pranzato.
Anche qui l’esperto ci ha mostrato e spiegato alcune cose:
• la ricostruzione di una carbonaia, una montagnola di rami e terra, grazie alla quale si produceva il carbone;
• la ricostruzione della lestra, antica capanna di legno che serviva da rifugio agli abitanti del luogo durante la sosta in pianura nei periodi freddi, prima che la primavera facesse schiudere le uova della terribile zanzara anofele, portatrice di malaria;
• la stalla e i recinti dei muli che trasportavano i pesanti carichi del legno ricavato dagli alberi della foresta.
Qui è illustrata una piccola parte della storia del nostro territorio, e pensare a come si viveva fino a circa settanta anni fa ci ha fatto sentire molto fortunati: altro che computer e televisione…

L’altra parte della nostra visita ci ha portati verso il mare e più esattamente sulla duna, ossia quel cordone di sabbia che qui ha catturato, in alcuni punti, l’acqua salata per trasformarla nei laghi salmastri costieri di Fogliano, Monaci, Caprolace e Paola.
La duna è un accumulo di materiale sabbioso che si forma per opera del vento che preleva la sabbia dalla spiaggia e la deposita. Nel periodo autunnale e primaverile su di essa possono vedersi piante che sopportano situazioni e condizioni di vita estrema.

I diversi tipi di duna sono tre:
• quella embrionale, dove inizia la vegetazione;
• quella consolidata, ossia quella parte che attraversiamo sulla passerella per scendere sulla spiaggia e sulla quale troviamo una vegetazione di tipo arbustivo;
• la parte retrodunale, che è dove inizia il bosco vero e proprio.

La spiaggia è una stretta fascia di sedimenti fra terra e mare, costituita prevalentemente da sabbia formata e trasportata per opera di molti fattori ambientali.

In questa sosta abbiamo raccolto e osservato del materiale e svolto dei giochi a squadra che dovevano servire a farci scoprire alcuni interessanti aspetti di questo ambiente. Purtroppo, il vento forte e freddo che soffiava nel pomeriggio ci ha costretti a una fuga veloce, e i nostri giochi sono stati ultimati sul pullman.

A questo punto, visto che avevamo altro tempo a disposizione, abbiamo proseguito con l’ultima tappa, che consisteva nell’osservazione degli uccelli acquatici del lago di Caprolace e delle zone umide dei “Pantani d’Inferno”, che sono ecosistemi importantissimi perché consentono alla fauna migratoria di fermarsi e trovare riposo e cibo: luoghi ideali, quindi, come aree di sosta.

Quando arriva la primavera, questi animali invertono la rotta, prendono il volo dalle zone di svernamento e tornano verso il Nord Europa per nidificare.

Con quest’ultima tappa abbiamo concluso la nostra gita, sicuramente un’esperienza bellissima che consigliamo alle prime classi degli anni seguenti e a tutti i ragazzi che abbiano voglia di fare un’esperienza a contatto con la natura, tra terra, mare, storia e leggenda.

Leggi la Presentazione del Parco del Circeo elaborata da Salvatore Amicucci.

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