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Speranze, sogni e problemi in una lettera alla mamma

Pubblicato il: 08/07/2013 11:17:24 -


Si parla fin troppo di disagio giovanile, ma difficilmente si viene a contatto con una testimonianza diretta espressa attraverso un elaborato scolastico. Chi scrive è un’alunna di terza media: il nome non conta, quello che conta è il messaggio che con grande lucidità, coraggio e sensibilità riesce a comunicare a tutti, lasciando senza parole per primi i suoi insegnanti che in lei hanno sempre e solo visto l’alunna perfetta, serena e disponibile con tutti... una bellissima persona, che dimostra di esserlo fino in fondo consentendo la pubblicazione dei suoi pensieri più intimi perché “potrebbe essere d’aiuto a qualcun altro”. E noi la ringraziamo per avercelo concesso e, soprattutto, ci sentiamo fieri e felici per il suo coraggio e per la sua grande vittoria.
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“Sei ormai giunto alla fine del triennio della scuola media: spiega come sei cambiato, come si sono modificati i tuoi interessi, il tuo rapporto con gli altri, la tua personalità. Rifletti ed esponi, anche sotto forma di lettera o diario, speranze, sogni, problemi della tua età.”
Latina, 15/06/2013

Cara mamma,
sono ormai giunta alla conclusione di un ciclo, quello della scuola secondaria di primo grado. Sembra irreale, non trovi? Ancora non riesco a capacitarmi di quanto il tempo sia passato in fretta e di tutte le esperienze che, durante questo lasso di tempo, mi sono lasciata alle spalle: giochi, scherzi, compiti riusciti bene e ore passate a studiare per raggiungere tutti gli obiettivi che ogni giorno hanno alimentato le mie giornate. Fino ad arrivare qui, a questa lettera.
Fino ad arrivare a queste righe che, forse, molto probabilmente, non avrò mai il coraggio di consegnarti. Sai, mamma, sono molto fragile, e la mia parte più interiore l’ho sempre ben protetta con la corazza che ho creato, lo scudo per il mondo esterno di cui non ho mai capito i complessi meccanismi e che mi spaventa a morte.

Eppure ti sto scrivendo, con il cuore che batte a ritmo incalzante e le mani che tremano, in quanto ci sono delle cose che da tanto, troppo tempo avevo bisogno di confessarti. In fondo tu sei la persona che mi ha donato la vita, nonché l’unica donna che amerò in eterno con tutta la mia anima: se neanche tu hai il diritto di scavare fra i miei segreti, chi altro potrebbe farlo? Chi altro potrebbe sfiorarmi il cuore? E quindi, eccoci qui. Sai, mamma, in questi tre anni ci sono stati notevoli cambiamenti, soprattutto in me e nel mondo che mi circonda. Tutto ciò che fino ad ora ho visto ed ho vissuto ora è sulla mia pelle: esperienze positive e negative, sorrisi, lacrime, rapporti d’amicizia e sentimenti che non potrò mai scrollarmi di dosso. Certo, forse un giorno molte cose sembreranno dimenticate, ma non sarà così, perché saranno semplicemente archiviate nel mio cassetto dei ricordi. D’altronde, è in questo modo che si cresce: vedendo, vivendo. Trovando il coraggio di lasciare il nido e di imparare a volare, acquisendo tutta la forza necessaria per affrontare gli ostacoli, superare i pericoli, sconfiggendo i mostri. Già, i mostri… I demoni di cui nessuno, durante questo lasso di tempo, si è mai accorto. I demoni che io stessa ho creato e che mi hanno ogni giorno tormentato, succhiato ogni goccia di vita, riducendo la mia esistenza a niente di più che un grande, schifoso incubo, in cui troppo spesso ho creduto di non farcela e dove sono sempre stata vinta dalle mie debolezze ed ossessioni. Quante cose che non sai, mamma… Quante cose ti ho nascosto, quante emozioni ho mascherato…
Eppure ho sempre finto. Finto di essere una comune adolescente, finto di star bene, finto quella felicità che tante volte mi è apparsa solamente come una bellissima, irraggiungibile utopia.

Ho finto di essere una ragazza come un’altra: con uno sfrenato amore per il calcio, la musica e la cultura. Non mi ero accorta, però, che non era così. Ho detto troppe bugie, tante fandonie da convincere anche me. Non mi ero resa conto che una normale quattordicenne la notte avrebbe dovuto dormire, e non immergere il volto stanco e gli occhi di chi è ormai sfiancato dalla vita in un cuscino, cercando di piangere silenziosamente tutte le lacrime, cercando di non farsi sentire.

Non mi ero accorta che una normale adolescente, la quale tutti erano convinti che io fossi, avrebbe dovuto pensare solamente alla scuola e a divertirsi, a stare con gli amici, e non a sfogare sulla propria pelle la rabbia e l’odio represso per un Mondo che, ormai, non sentivo più mio. Sì mamma, perché tu non lo sai, ma la mia tristezza l’ho sempre combattuta con un paio di forbici, le stesse che molte volte mi hanno offerto quella temporanea serenità di cui avevo un disperato bisogno. E io ne ero la vittima, la miserabile vittima del mio stesso crimine.

Tutte le sofferenze, le delusioni, i fallimenti…Ho sempre espulso dalla mia anima tutte le emozioni e i brutti pensieri sul mio corpo, forse la principale causa di tutti i miei dolori.

Nei momenti di grande sconforto per me l’unica consolazione è stata una lama, sfregata sui polsi, sulle cosce, sui fianchi. Sfregata con forza, con violenza, con rabbia, fino a non sentire più il dolore, fino a non vedere il sangue caldo scorrere lungo l’avambraccio, sgorgare veloce e sinuoso lungo la mia gamba.

L’autolesionismo era la mia punizione, era il prezzo che dovevo pagare per la persona che ero, per la perfezione che ho voluto costantemente raggiungere senza mai però riuscirci.

Nessuno si è mai accorto di nulla, mamma. Sono sempre andata avanti da sola, fingendo sorrisi programmati, mostrando indifferenza e apatia, simulando, recitando di ridere come una bambina felice, continuando comunque a restare concentrata sulla scuola.

In quei momenti avevo bisogno di te, di voi. Avevo bisogno di qualcuno che mi facesse sentire protetta, qualcuno che mi fermasse, mi aiutasse, mi accudisse. Qualcuno che mi tendesse la mano e mi riportasse sul nido dal quale ero caduta senza che nessuno ne abbia fatto caso. Sì, mamma, perché ho provato a volare nonostante la debolezza delle mie ali e la mia totale incapacità di farlo.

Non credere che la mia sia un’accusa, mamma, non potrei mai. Non dopo tutto l’amore incondizionato che ogni giorno tu e papà mi date, non dopo tutti i sacrifici che fate per me.

Non vi ho mai ringraziato, e quindi vorrei provarci oggi, con questa lettera, dicendovi con il cuore in mano e le lacrime agli occhi che sono cambiata, che ho vinto la mia battaglia, che ho sconfitto tutto ciò che di brutto avevo nel cuore.

Sì, sono cambiata radicalmente. Ho abbandonato la ‘me’ del passato per accoglierne una più matura, più saggia, più felice.

Le mie ali sono ancora troppo fragili, ma le sto rafforzando con tutte le certezze di cui ogni giorno mi nutro: una famiglia di cui sono innamorata, una migliore amica, Giorgia, che nonostante tutto mi è sempre stata vicina e l’amore per quella musica che, come una persona cara, ha saputo proteggermi ed accudirmi. Sono cresciuta, ho deciso di voler cambiare la mia vita partendo innanzitutto da me.

Ho sviluppato un incondizionato amore per il vecchio, cosa che prima non mi sfiorava minimamente: hai mai trovato un’altra adolescente che prediligerebbe di gran lunga un buon vinile all’ultimo CD del rapper di turno? O che condivide la cultura hippie, i capelli cotonati e i pantaloni a zampa di elefante?

Mi sono innamorata di tutto ciò che fa di me una ragazza alternativa: l’amore per la letteratura, per i libri, la passione per la scrittura e l’arte.

Ho cercato per troppo tempo la perfezione in modelli sbagliati, in ragazze magrissime. Sono sempre stata una bambina in carne, mentre tutto ciò che desideravo era essere come gli altri.

Ho combattuto tutto ciò affrontando i miei problemi e provando ad esserne l’esatto contrario, sperimentando quella diversità che oggi è la mia migliore amica.

Ero convinta che la bellezza si trovasse in visi scarni, in ventri piatti e gambe esili e leggere, senza forma né espressività. Ciò che invece ho capito da quest’esperienza negativa è che la perfezione l’ho raggiunta solo ora che ho imparato ad apprezzare le piccole cose che la vita ogni giorno mi offre, accettandomi così come sono: con la pancia, le cosce grandi e il seno che non cresce. La perfezione l’ho raggiunta solo adesso che ho imparato ad essere felice e a credere in me stessa e nelle mie capacità.

Ho ritrovato tutti i sogni che prima avevo abbandonato, la fame di vita e le aspirazioni che, ora più che mai, sono decisa a raggiungere. Sono una ragazza determinata, mamma, e questo tu lo sai bene. Spero di fare carriera, magari raggiungendo il sogno del giornalismo sportivo che ho sempre coltivato e portato nel cuore. Ce la metterò tutta, e la promessa che ora vi faccio è che un giorno mi sdebiterò con voi (tu e papà) per tutto quello che avete fatto e che ogni giorno continuate a fare per me e le mie sorelle. Vi renderò fieri di me, perché è ciò che meritate e ciò che vi spetta.

Concludo questo scritto ringraziandoti, mamma. Grazie, grazie davvero. Grazie per i sacrifici, per il tuo essere una donna semplice e forte. Grazie per la tua onnipresenza, per il tuo esserci quando tutti gli altri non ci sono.

Ho appreso che la vita è un bellissimo dono e che non va sprecato.
Ho imparato ad apprezzare tutta la fortuna che nella mia esistenza ho avuto e di cui prima non mi ero mai resa conto, con gli occhi ostruiti dal dolore.
Quindi, ringrazio te e papà anche per avermi dato questo prezioso regalo che lo stare al mondo è. Credi che le mie ali siano abbastanza forti ora?

Ti amo mamma, ti amo papà. Vi amo, e vi amerò per sempre.
La vostra eterna bambina.

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Immagine in testata di Peter Hellberg / Flickr (licenza free to share)

Un'alunna di terza media

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