Identità di genere e diritto al benessere
Carriera alias
E’ cronaca dello scorso anno scolastico la vicenda di un giovane studente liceale, che consegna il compito in classe con il suo nome di elezione, diverso ovviamente da quello anagrafico, e il docente lo rifiuta, incurante del Piano personalizzato di studio per le persone in transizione e del regolamento della carriera alias, adottati dall’istituto scolastico in cui insegna [1].
In questi giorni la cronaca lombarda documenta che in aula in Regione è stata messa ai voti e non è riuscita a raggiungere il quorum la mozione contro le carriere alias e la creazione di spazi “gender neutral”, dopo un acceso dibattito su un testo che ha trovato contrarie non solo l’opposizione – che l’ha definita una “mozione transfobica senza precedenti” -, ma anche parte della maggioranza [2].
La procedura della carriera alias intende tutelare i diritti dei ragazzi e delle ragazze in transizione, offrendo loro la possibilità di sostituire il nome anagrafico con quello adottato, fino all’ufficiale rettifica anagrafica.
Si tratta al momento di un servizio interno e limitato solo a alcune università e a poche scuole secondarie superiori (29 in Lombardia), che – in assenza di linee guida ministeriali – hanno inteso tutelare l’ambiente formativo per chi ne fa richiesta, offrendo garanzie di rispetto, dignità e privacy e evitando il misgendering, ovvero l’uso di termini che fanno riferimento al sesso biologico e non all’identità di genere, in cui l’individuo si riconosce.
Nella consapevolezza che non tutti gli studenti rientrano nel costrutto di genere binario, in queste realtà professori e compagni utilizzano il nome di elezione, al momento dell’appello, sul registro elettronico della classe, nella modulistica ufficiale dell’istituto, evitando così il rischio di creare situazioni di imbarazzo, di essere offensivi e di avere un impatto negativo sull’autostima e sulla salute mentale.
Promuovere un ambiente inclusivo significa fare in modo che nessuno si senta in qualche modo costretto o spinto a modificare qualunque propria attitudine culturale o fisica al fine di sentirsi “adatto”.
Il rispetto verso una persona parte dal nome e, poi, dal pronome; per questo la scelta di usare quello prescelto, e non quello di nascita, costituisce un segno di rispetto e in questo modo risulta attenuato il disagio per la persona transgender, posta costantemente di fronte all’incongruenza tra nome e genere nello spazio pubblico e nei luoghi di socialità.
In un’intervista apprendiamo dalle parole di uno studente che cosa significherebbe se la sua università non prevedesse più la carriera alias: “Io avrei rinunciato anche solo a presentarmi in un’aula di università sentendomi chiamare con un nome che non è il mio. È vero, è sui miei documenti, ma non è il mio nome. (…) Le carriere alias salvano letteralmente la vita. La carriera alias ha salvato la vita anche a me. Io non mi sarei mai iscritto all’università se non avessi avuto la possibilità di dimostrare quello che veramente sono” [3].
Diritto all’identità di genere
Un tema, quello dell’identità di genere, che ha molto a che vedere con il diritto a essere se stessi e con il benessere e l’equilibrio psicofisico.
Se è vero, infatti, che il genere che sentiamo coincide nella maggior parte dei casi con il sesso biologico con cui nasciamo (cisgender), è altrettanto vero che talvolta questo non accade e che è necessario tutelare il diritto a vedere riconosciuto e rispettato il genere vissuto e percepito, che può essere diverso da quello assegnato alla nascita (disforia di genere) e registrato sul documento di identità.
Una persona può anche non riconoscersi con il genere uomo/donna, poiché si sente entrambi o nessuno (“non binario”).
Come recita una sentenza della Corte Costituzionale, “il diritto all’identità di genere è elemento costitutivo del diritto all’identità personale, rientrante a pieno titolo nell’ambito dei diritti fondamentali della persona” [4].
Pratiche semplici possono facilitare la vita quotidiana, per esempio una X su passaporti e certificati, che renda possibile la dichiarazione di un’identità non binaria, la possibilità di frequentare servizi igienici, spogliatoi e squadre sportive corrispondenti al genere in cui ci si identifica e, come già detto, la previsione di una carriera alias nel regolamento di Atenei e scuole superiori.
Nelle università della California un progetto in corso trasforma tutti i servizi igienici in bagni unisex con cabine individuali e per gli edifici di nuova costruzione o ristrutturati è prevista la dotazione di servizi igienici monosessuali per tutti. Di servizi igienici di genere neutro negli edifici pubblici, tra cui uffici, scuole, ospedali e luoghi di intrattenimento, si stanno occupando i legislatori di molti paesi, con l’obiettivo di tutelare chi sente il bisogno di presentarsi alla collettività in base al genere percepito.
Il genere percepito è una questione che esiste da sempre, ma che è stata a lungo considerata un tabù e ancora oggi acquista rilevanza spesso soltanto in relazione a casi di cronaca che fanno scalpore o a atti di bullismo e violenza che destano l’attenzione di un pubblico vasto.
E’ bene per questo ripercorrere alcune tappe salienti nella storia della civiltà: risale al maggio del 1990 la svolta voluta dall’OMS, che ha depennato l’omofobia dall’elenco delle malattie mentali; dal 2004 si celebra nel mondo una giornata contro omofobia, lesbofobia e transfobia; il concetto di identità di genere è nella raccomandazione Ue del 2010 e a partire dal 2011 è entrato nel lessico di trattati internazionali e nella giurisprudenza della corte europea dei diritti umani. Attualmente in Europa sono 11 gli Stati che prevedono tutele per le discriminazioni anche per identità di genere, 20 se si considera il perimetro del Consiglio d’Europa. In questi elenchi ancora non figura l’Italia.
Oltre gli stereotipi
Siamo di fronte a un argomento di interesse trasversale per il mondo dell’educazione, del lavoro, della medicina e dello sport, che dovrebbe essere affrontato con consapevolezza scientifica e con atteggiamento laico, uscendo finalmente da uno schema binario, superando stereotipi culturali e liberandosi di dogmi fondati su interesse, pregiudizio e paura. La discriminazione è sempre dovuta, infatti, a mancanza di conoscenza. Per superare rigidità e pregiudizi possiamo e dobbiamo pertanto fare appello alla scienza, alla ricerca scientifica come strumento per migliorare la qualità stessa della vita.
La Conferenza mondiale ‘Science for Peace and Health’ – progetto coraggioso e visionario voluto dal prof. Umberto Veronesi, proseguito dopo la sua scomparsa grazie alla Fondazione che reca il suo nome – porta ogni anno sotto i riflettori temi dell’agenda politica globale di strettissima attualità per la comunità internazionale, che si intersecano in maniera indissolubile a questioni etiche non piu? eludibili [5].
L’ultima edizione, intitolata “Sono, Sei, È – Prospettive della scienza su sesso, genere e identità”, si è occupata di discriminazioni e disuguaglianze in ambiti quali la salute, la famiglia, il mondo del lavoro e più in generale la convivenza civile. Il tema affrontato e esplorato con approccio multidisciplinare è quello delle differenze sessuali e di genere, a partire dalla prospettiva delle scienze e prendendo in esame l’ambito scientifico, sanitario, economico e sociale: “Ancora troppe le diseguaglianze legate all’identità e al genere: vogliamo analizzarle attraverso diversi punti di vista per creare una società che lasci libertà di espressione senza pregiudizi”, ha affermato Alberto Martinelli, Vicepresidente di Science for Peace and Health, Professore emerito di Sociologia e Scienza Politica all’Università di Milano.
Si è parlato del ruolo evolutivo del sesso, delle sue origini e del suo impatto a livello neurobiologico, oltre a fare chiarezza tra l’accezione biologica di sesso e il più ampio costrutto socioculturale di genere e orientamento sessuale, con un’attenzione particolare rivolta alla lotta alle discriminazioni e con la prospettiva di valorizzare le differenze in aree cruciali della convivenza civile, chiamata a fare passi ulteriori nella lotta alle disparità e all’odio per motivi legati al sesso biologico, all’orientamento sessuale e all’identità di genere.
In Italia la strada da percorrere è ancora lunga e in salita. L’ISS insieme all’Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali della Presidenza del Consiglio dei Ministri ha creato il portale Infotrans [6], dedicato al benessere e alla salute delle persone trans gender, che promuove campagne di comunicazione e sensibilizzazione, mette a disposizione dei cittadini informazioni sanitarie e giuridiche, oltre a una mappa dei servizi, e realizza corsi di formazione. Proprio la leva della formazione può consentire di fare i necessari passi avanti nel campo dei diritti civili e a favore della difesa e dell’empowerment di quelle che definiamo minoranze: proprio la conoscenza della condizione transgender rappresenta infatti il necessario passaggio per infrangere l’invisibilità che spesso la circonda e per contrastare stereotipi e pregiudizi [7].
Per entrare più a fondo nel tema offro due suggerimenti di lettura: un saggio dell’avvocata e attivista Cathy La Torre, che si batte per i diritti non ancora riconosciuti e considerati di serie B, ma che non possono più essere rimandati e un romanzo di Silvia Ferreri [9], in scena anche a teatro, che narra attraverso il monologo di una madre il dramma di un figlio, che abita un corpo femminile che sente alieno e decide di sottoporsi a un intervento di transizione[8]. Pagine intense che ci introducono in modo complementare nella complessità di una questione ancora troppo condizionata da sensi di colpa, paure e pregiudizi.
[1] https://roma.corriere.it/notizie/cronaca/22_novembre_09/roma-liceo-cavour-professore-si-rifiuta-applicare-carriera-alias-905d3a52-6054-11ed-8bc9-4c51e1976893.shtml
[2] C. BALDI, “Al Pirellone il dibattito sui diritti”, in “Corriere della sera”, 6 settembre 2023; “Carriere alias a scuola. Centrodestra spaccato. Bocciata la mozione che voleva cancellarle”, in “Corriere della sera”, 11 ottobre 2023
[3] S. CHIA,” Lascerei l’università se cancellassero il mio nome”, in “Corriere della sera”, 11 ottobre 2023
[4] Sentenza n. 221 del 2015
[5] https://www.scienceforpeace.it/edizioni-precedenti
[6] https://www.infotrans.it/
[7] C. LA TORRE, Ci sono cose più importanti. I diritti che non possono più essere rimandati, Mondadori, 2022.
[8] C. LA TORRE, Ci sono cose più importanti. I diritti che non possono più essere rimandati, Mondadori, 2022.
[9] FERRERI, La madre di Eva, Neo Edizioni, 2017. La riduzione teatrale dell’omonimo libro è di e con Stefania Rocca.
Rita Bramante Già Dirigente scolastica, membro del Comitato Nazionale per l'apprendimento pratico della Musica
Rita carissima, complimenti per la chiarezza e la completezza dell’articolo. Condivido pienamente la libertà di essere.
Vincenzo Samà