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L’onnipotenza dei legami chimici

Pubblicato il: 12/10/2022 05:59:38 -


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“L’incontro di due personalità è come il contatto di due sostanze chimiche. Se c’è una reazione entrambe si trasformano”. Carl Gustav Jung

Spesso gli studenti sono annoiati dallo studio della chimica e hanno difficoltà a coglierne la rilevanza nella loro formazione scolastica. Si pensa che la chimica sia solo una quantità di informazioni da immagazzinare. L’intervento proposto mira a sfatare questo luogo comune e ad indurre a far apprezzare la chimica e a farla apprendere con successo. 

È difficile immaginare una qualsiasi manifestazione della vita quotidiana in cui la chimica non sia in qualche modo coinvolta. La chimica, così come le scienze, sono utili all’uomo per una migliore conoscenza di sé, dell’ambiente, degli altri esseri viventi. In particolare, la chimica, uno dei settori della ricerca tra i più promettenti, è lo strumento più efficace del quale l’uomo si avvale per risolvere il problema della vita e dell’ambiente naturale in un mondo sempre più affollato, inquinato e privato delle sue risorse originarie. Essa costituisce un patrimonio culturale nel quale nessuna architettura logica, nemmeno la più elaborata, vale quanto la risposta fornita dalla pronta sperimentazione. Il valore metodologico della sperimentazione, dell’osservazione e della verifica rimane indiscusso: solo in base a tali premesse gli scienziati sono in grado di formulare “leggi scientifiche” valide in quanto universalmente verificabili. La materia che ci circonda non è continua come i sensi inducono a credere. Gas, liquidi e solidi sono costituiti da microscopiche particelle in perenne agitazione: gli atomi. Questi fattori sono stati costantemente tenuti presenti nell’organizzazione del percorso didattico svolto nella seconda C1 del liceo classico quadriennale dell’IIS Telesi@. 

Legami & legami di Filomena Alaadick

L’atomo è l’elemento fondamentale della natura. La sua capacità di legarsi ad altri atomi è ciò che consente manifestazioni di vita che ci permettono di fare e di sentire, nel senso di percepire e trasmettere. Questo è possibile grazie ai legami chimici: quella che apparentemente sembra una semplice interazione tra gli atomi e che poi porta alla formazione di molecole. 

Per spiegare meglio cos’è un legame chimico e perché risulta essere proiezione di quello umano, è bene partire dalle etimologie: 

“Legame”, dal latino ligamen, derivato di “legare”, è per definizione “qualsiasi rapporto d’obbligo che limita la libertà d’agire e disporre di sé”. Nel significato etimologico ritroviamo quindi l’accezione negativa originaria della parola e vediamo anche come ha cambiato valore rispetto ai giorni nostri, visto che per noi è ciò che lega e che allo stesso tempo unisce e fa forza. 

“Chimico”, sempre dal latino chimia ‘alchimia’, giunto a noi attraverso il francese chimie ‘ chimica’   e poi chimique. Questo aggettivo, inizialmente, significava tutto ciò che è naturale. La sostanza chimica era quella che si trovava in natura. Oggi anche questa parola assume significato opposto. Da che era tutto ciò che si ritrovava allo stato naturale, adesso “chimiche” sono per noi tutte le cose che hanno subito una modifica, quindi artificiali. Questo ribaltamento di accezione è dovuto alla figura dell’alchimista, parola araba che significa “pietra filosofale”. Dal medioevo in poi nasce questa figura che rappresenterà per sempre colui che sovverte le leggi della natura, creando sostanze. Anche la sostanza chimica, pertanto, non è altro che l’aggregazione delle diverse combinazioni degli 89 atomi che conosciamo, implementata dai legami.  Questa unione è possibile solo se gli atomi legati tra loro producono un’energia minore rispetto agli atomi separati: un paradosso. Un paradosso che smonta tutte le convinzioni costruite sul famoso detto “l’unione fa la forza”. Il legame chimico ci dice che, solo nel momento in cui l’energia di due atomi diminuisce, e quindi l’atomo si presta all’unione, in quel caso, grazie al principio dell’energia potenziale minima, le particelle si uniscono, creando il legame. Se invece l’energia potenziale aumenta, il tentativo di unione fallisce miseramente. 

Volendo, potremmo paragonare questo fenomeno a quello delle relazioni amorose. Per concederci all’altro dobbiamo necessariamente essere disposti a perdere qualcosa e a mirare non solo più al nostro benessere, ma anche a quello dell’altro, diventando vulnerabili, abbassando la guardia. Dopo però verremo sempre ripagati da un risultato più grande, proprio come gli atomi: la sostanza. 

Così grazie al fenomeno dei legami, nascono delle vere e proprie relazioni. E’ quì che nasce la vera somiglianza tra rapporto atomico e anatomico. Non solo nelle dinamiche o nei processi di unione, ma nella struttura ormonale che definisce l’uomo. 

Infatti, proprio quando ci innamoriamo, chimicamente subiamo l’ondata di tutti i recettori emotivi che possediamo. Risposte ormonali immediate sono quelle date soprattutto dall’ossitocina, dopamina e noradrenalina. 

Se volessimo, potremmo definire l’amore proprio come una molecola. Nel momento in cui amiamo, che non è affatto una azione astratta, anzi, assolutamente evidente nel campo chimico, il nostro organismo produce una quantità molto elevata di 2-feniletilammina (PEA). Questa sostanza alcaloide, presente per esempio anche nel cioccolato e nel vino, causa effetti simili a quelli dell’anfetamina, stimolando la produzione di dopamina. 

Volendo suddividere le fasi dell’innamoramento, potremmo farlo in tre momenti: attrazione, desiderio e attaccamento. 

Nella prima fase, l’attrazione, produciamo estrogeni, testosterone. Nella cosiddetta fase del desiderio, subentra euforia, energia e sudorazione, quindi tendiamo a produrre dopamina e serotonina. Infine, quando la relazione non è più ridotta alle prime fasi, amando, produciamo PEA, insieme a ossitocina nella donna e vasopressina nell’uomo, ormoni che prodotti dal cervello rafforzano legame e memoria emotiva. 

Questo per dire che quando smettiamo di amare qualcuno, è impossibile non sentirlo.

Fisicamente, oltre alla cascata ormonale, gli studi dimostrano che subiamo dei cambiamenti fisici durante quelle tre fasi dell’innamoramento. Nell’arco di un minuto (attrazione) lo stomaco si contrae e aumenta la pressione sanguigna. Dopo cinque mesi, nel desiderio, siamo pieni di energie, soprattutto nell’incontro con l’altro. Dopo un anno, quando gli ormoni si sono stabilizzati e produciamo sempre gli stessi e nella stessa quantità, tendiamo addirittura a prendere peso. 

La Society for Neuroscience di Washington ha condotto uno studio per capire se “il tempo uccide la passione”. Tramite risonanze magnetiche effettuate a uomini e donne sposati da una media di 21 anni è emerso, non solo che la passione non muore, ma anzi che quei chili in più sono giustificati dal fatto che chimicamente, nella coppia, non si sente più ansia per l’aspetto fisico e si ha quindi più confidenza e fiducia nell’altro. 

Gli ormoni, che sono i veri messaggeri chimici, ci aiutano a capire meglio cosa proviamo. Il mondo dei legami e delle reazioni chimiche è  un campo ancora tutto da esplorare, quel che è certo è che finché sentiamo le energie “potenziali” giuste dobbiamo crederci. Se l’unione non fa la forza, almeno continua a fare la differenza. 

Filomena Rapuano IIS Telesi@

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