Europa e Asia… in Rete!
Nei progetti collaborativi online la lingua straniera diventa il mezzo per comunicare contenuti. I prodotti finali comuni sono il risultato dei confronti con i partner in cui si progetta, si apprende e si arriva a soluzioni in gran parte imprevedibili, come in ogni ricerca e comunicazione reale.
Non sapevo cosa fosse AEC-NET quando nel 2004 Il Ministero della Pubblica Istruzione mi ha chiamato per propormi di partecipare a una conferenza in Germania, dove insegnanti europei e asiatici si incontravano per sviluppare progetti collaborativi online.
Ho sempre pensato che sperimentare e fare ricerca didattica è parte del lavoro di un docente, ma ho imparato a farlo in silenzio, senza disturbare (altrimenti ti travolgono con fiumi di parole: “legge, programma, regolamenti, pulizia dei locali, contrattazione decentrata, responsabilità” e così via, finché non ti prendono per sfinimento). A scuola le energie degli adulti sembrano concentrarsi sulla ricerca delle motivazioni per cui le cose non si possono fare e non sulle soluzioni per farle, le cose. Così, da quando professionalmente mi sento “matura” (ho 54 anni, quindi sono matura da un bel pezzo) vi confesso che faccio un po’ come mi pare, e gli unici elementi che prendo in considerazione sono i risultati dei miei alunni.
Per fortuna sono un’insegnante in Rete, e la Rete infrange l’anonimato, l’isolamento e la burocrazia.
In Rete la democrazia e la meritocrazia esistono. Se quello che pubblichi è valido e originale, qualcuno un giorno o l’altro ti viene a cercare. E mi hanno cercato, ma una conferenza “international” mi spaventava da morire.
Direi che è andata bene, perché dopo Schleswig-Holstein, ci sono state altre tre conferenze: Pechino, Kerkini in Grecia, Kota Kinabalu in Malesia e tante collaborazioni con decine di scuole europee e asiatiche, con insegnanti di tutte le discipline con cui condivido l’idea di scuola come comunità di apprendimento.
Insegno inglese e trovo che il contesto offerto dai progetti collaborativi online sia perfetto per i miei studenti di scuola superiore: la lingua straniera diventa il mezzo per imparare e comunicare contenuti, si apprende per scoperta, si pensano percorsi di ricerca e si arriva a prodotti e conclusioni spesso imprevedibili nei contenuti e nel linguaggio, come in gran parte imprevedibile è ogni ricerca e ogni comunicazione reale. L’inglese? Decolla. Errori? Sì, ovviamente, ma si comunica su tutto e non c’è bisogno di simulare attività realistiche, la comunicazione è vera, le attività sempre diverse, la motivazione alta.
Alla conferenza AEC di Kota Kinabalu ho trovato clima e paesaggi tropicali, le autorità del Sabah, del ministero della Educazione, Unesco e Unione Europea.
Ci pensate? Erano lì anche per me, prof. di un ITIS di provincia – nemo propheta in patria.
Soprattutto ho trovato un centinaio di colleghi di 23 paesi diversi. Molti ormai sono amici, ci vediamo una volta l’anno per la premiazione dei migliori progetti dell’anno precedente, la definizione di quelli nuovi, l’approfondimento di tematiche relative a TIC e didattica e poi il rapporto dura tutto l’anno sugli spazi comuni che costruiamo in Rete, convinti che la validità dei progetti non dipenda dai mezzi tecnologici usati ma dalla coerenza didattica e la consapevolezza metodologica delle attività progettate. Oserei dire che è il mio collegio dei docenti ideale.
Il rappresentante dell’ Unesco nella sua presentazione ha mostrato una slide significativa: un computer, un monitor poggiato su un vecchio mobiletto di legno e un amplificatore sono la dotazione tecnologica di un insegnante filippino vincitore di un importante premio, categoria “ICT in Education”.
Introdurre il computer nella didattica non è mai di per sé una rivoluzione; innovativi, coerenti e consapevoli devono essere la metodologia e l’approccio all’interno del quale si sceglie di lavorare.
Daniela Ianni