ClanDESTINI (ventiseiesima puntata)

L’uomo indossava un panama coloniale e uno spolverino lungo che faceva appena vedere la parte finale degli stivali. Era troppo coperto per le temperature miti di Roma. Attraverso gli occhiali da sole Lozza esaminò la piazza piena di autobus e macchine parcheggiate, il ponte sulla ferrovia era visibile tra gli alberelli d’ailanto cresciuti per conto loro in prossimità della scarpata.

Non volle togliersi lo spolverino prima di entrare nella stanza dove l’aspettava il Generale dei Servizi Segreti. Finalmente fu ammesso alla sua presenza, in una stanza impenetrabile.

“Mi fa piacere che parli italiano” disse il Generale con un sorriso, “la sua presenza qui è già un imprevisto, se avessi dovuto rispolverare il mio inglese, sarebbe stata una tragedia. Lei, mister Clumper, mi hanno detto, che è un agente… privato, ma accreditato dall’ambasciata americana… non mi guardi così sorpreso, siamo in una stanza dove non ci possono sentire… non è un caso che l’abbia fatta venire qui a Piazza Zama, dove possiamo stare più tranquilli…”

Mister Clumper si sedette comodamente e accavallò le gambe. “Ho amato una ragazza italiana, una volta. Una stanza scif, capisco… nonostante i parati ho riconosciuto i muri in metallo…”

“Per quello che valgono.” si permise di dire il Generale. Rimasero per un poco in silenzio. Fu il generale a ricominciare a parlare. “Così la interessano i bambini soldato.”

Lo guardò. Era vestito troppo pesante e in maniera appariscente, come di solito cerca di non fare una spia che si rispetti. Era anche vero che era venuto come spia tra le spie e non c’era motivo che si sforzasse di passare inosservato.

“Bambini! Ne ho conosciuto uno che appena arrivato al campo, gli hanno dato un kalashnikov, e l’ordine di uccidere.” rispose “Gli ho domandato se aveva avuto paura o scrupoli di coscienza. Mi ha detto ‘Si può sentire qualcosa se si è già morti?’ Ma ha ragione, andiamo dritto al punto, le spiego perché ho voluto vederla, mi interesso di due particolari bambini soldati Kamal e Didier.”

Il Generale fece un cenno vago con la testa. “Kamal e Didier, vedo. Sarebbe stato più corretto se questa visita di cortesia l’avesse fatta prima di andare alla scuola ospedale di Montelusa. So che c’è stato. L’hanno vista in corsia. Ma ora mi dicono che quei soldati bambini sono spariti, scappati via…”

L’altro serrò le labbra e guardò la telecamera che stava inquadrandolo e lo specchio unidirezionale dietro cui dovevano esserci altri occhi italiani. “Dall’America mi hanno mandato in Sicilia perché sono interessati a Buruli, quel capo ruandese che chiamano il fratello maggiore della morte. Ed è Didier che Buruli vuole morto a tutti i costi. Tanto lo vuole morto da chiedere alla Mafia di fargli un piccolo favore… lo sapete, no?”

Anche stavolta il Generale rimase impassibile e mosse appena la testa. “Un favore retribuito, naturalmente.”

“Naturalmente” disse l’agente americano. Cominciava a sentire caldo, la tuta che aveva sotto lo spolverino era troppo attillata.

“Mi dicono che è di ritorno da una missione a Kingali.”

“Con i miei collaboratori africani sono riuscito a scoprire molte cose interessanti.”

“Allora, che c’entrano i bambini soldati del nostro ospedale?” lo sondò il Generale.

“L’Acme… ritiene che c’entrino molto. Questa è una faccenda che si fa sempre più complessa.”

Il militare italiano era imbarazzato a capir così poco di quello che stava dicendo. “La sua agenzia, l’Acme è una organizzazione privata tanto segreta che il mio ufficio non è a conoscenza nemmeno di cosa vogliono dire le lettere dell’acronimo, non si sa dove ha sede, di certo non a Fort Meade, né a Dulles-Chantilly o a Tampa o a Denver-Aurora… Sappiamo dove non è, non ha un indirizzo civico e pare l’edificio non venga riconosciuto nemmeno da Google Maps.”

Mister Clumper rimase impassibile “Come capirà, non voglio parlare dell’Acme. Se proprio la interessa deve seguire i normali canali…”

Era incredibile come quel militare giocasse a fare la sleeping beauty con lui! Probabilmente avevano ragione i colleghi che fidavano solo nella tecnologia per l’intelligence, lo spionaggio dei segnali elettronici stava liberandosi dei contatti umani, quelli in cui lui credeva. “Perché non ci andiamo a prendere un caffé fuori di qui? Ogni volta che vengo in Italia, appena arrivato prendo subito un bell’espresso… come lo fanno in Italia, altro che Starbucks!”

Il Generale si mosse sulla sedia imbarazzato “Fuori del mio ufficio?”

L’agente americano alzò le spalle e si spinse il cappello sulla fronte. Doveva provare a smuoverlo per avere una conversazione accettabile.

“Lei crede che…” il Generale s’interruppe.

“Credo che la segretezza sia fondamentale. Ed anche il mio caffé.”

Dieci minuti dopo passeggiavano per Piazza Zama. Il Generale si diresse verso la stradina che costeggiava, dall’alto la ferrovia. Un grosso cane lupo li seguiva a breve distanza.

“Ecco perché sono andato a Montelusa senza avvertirvi.” stava dicendo Clumper “Buruli, il fratello maggiore della morte, vuole che Didier muoia. Ci vuol poco a capire che ha scoperto qualcosa che può metterli nei guai! Qualcosa che può essere molto utile anche per noi.”

Il Generale annuì “Magari, tra i ruandesi di Buruli e i mafiosi c’è un impiccio al di sopra delle capacità di comprensione di un bambino… non capisce neanche bene cosa sa o cosa ha scoperto, ma potrebbe far fallire un disegno criminoso molto importante… e lucroso. Mi fa piacere prendere una boccata d’aria. Perché la collaborazione tra i nostri enti potrebbe ancora accentuarsi, non essere generica e virtuale ma attuale ed operativa…”

L’agente si tolse gli occhiali da sole ed annuì. Generale, tu sai di cosa parli? “Strana morte quella di Valaci. Come pure quella del giudice e della sua scorta.”

“La Mafia non perdona.”

“Non diamo sempre la colpa di tutto alla Mafia, nei romanzi polizieschi sono soluzioni troppo facili, da cui autori e lettori si guardano bene.” esclamò Clumper “Da quello che so, certo, deve entrarci la Mafia coi traffici dei rifiuti tossici che si stanno stabilendo, col vostro avallo…” Ora il Generale avrebbe parlato non foss’altro per negare.

“Nessun avallo! Nessun avallo!”

“Con la vostra neutralità allora.”

“Ma neanche per sogno! Non sappiamo niente di rifiuti tossici.”

“Niente?” la voce dell’agente americano era incredula.

“Troppo poco, diremo allora.” Era arrivato il momento per il Generale di scoprire la sua carta “La collaborazione cui accennavo inizia da qui: stanno partendo alcune imbarcazioni dal porto di Ancona, cariche di veleni provenienti da riverite fabbriche del Nord Est ed avrei bisogno di buttare un occhio su questa spedizione mentre i miei uomini sono bruciati o inaffidabili…”

La sleeping beauty pretendeva veramente troppo dall’ingenuità degli americani! Per quanto…

(continua)

(La storia di ClanDESTINI è frutto della fantasia degli autori: qualsiasi riferimento con la realtà, fatti, luoghi e persone vive o scomparse, è puramente casuale).

Calcerano e Fiori: il viaggio di Didier, un video riassunto che svela scenari inediti sulla storia di Clandestini

È in libreria “Teoria e pratica del giallo“, la nuova fatica di Luigi Calcerano e Giuseppe Fiori per le stampe di Edizioni Conoscenza.

Qui le modalità per l’acquisto del libro.

Le puntate precedenti

Prima puntata

Seconda puntata

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Quarta puntata

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Ventitreesima puntata

Ventiquattresima puntata

Venticinquesima puntata

L’intervista agli autori, Il giallo d’appendice


La video presentazione di Luigi Calcerano e Giuseppe Fiori, Un giallo prezioso: ClanDESTINI


Luigi Calcerano e Giuseppe Fiori, narratori e saggisti, vivono e lavorano a Roma. Hanno scritto insieme numerosi romanzi polizieschi. Per ulteriori informazioni si possono consultare:
http://it.wikipedia.org/wiki/Luigi_Calcerano

http://it.wikipedia.org/wiki/Giuseppe_Fiori_(narratore)

http://www.luigicalcerano.com

http://www.giuseppefiori.com

Calcerano e Fiori