ClanDESTINI (sesta puntata)
Il giallo a puntate di Education 2.0 ambientato nella scuola in ospedale.
Il giorno successivo lo passò steso sul letto, la caduta gli aveva fatto davvero male. Il dolore al piede era ormai fisso e pensava a tutto quello che gli era capitato, a quello che aveva visto e capito, a come era fuggito incappando in quella maledetta scheggia di granata… e soprattutto pensava al fratello maggiore della morte!
Kamal era andato a trovarlo perché aveva avuto il divieto assoluto di muoversi dal letto, s’era interessato molto ai fumetti, che non smetteva di sfogliare.
Lui odiava le barche, il vento e le onde, poi era ferito e febbricitante, stipato nello scafo tra una donna incinta ed un uomo che era svenuto o già morto. Il bianco aveva detto che poteva avvicinarsi a Lampedusa quel tanto che bastava per sbarcare e Didier sapeva che sarebbe stato il momento più difficile. Doveva solo aspettare e sopportare il caldo, la fame e la sete, debole com’era, in quella puzza che nemmeno il vento riusciva a disperdere. La donna si contorceva e la situazione peggiorò. Lo scafista che guidava lasciò il suo posto al libico e si avvicinò. Li guardò, poi gettò in mare il morto. Didier stringeva il manico del coltello che aveva in tasca, doveva difendere se stesso e le poche pietruzze che aveva nascosto.
Non s’era pentito di quel viaggio, doveva solo aspettare di toccar terra, poi ci sarebbe stato il mare tra lui e il fratello maggiore della morte. Una serie di conati di vomito lo costrinse a sporgere la testa oltre il bordo dello scafo, ormai non aveva più niente nello stomaco, ma riuscì comunque a vomitarsi l’anima.
“La costa, la terra” disse indicando qualcosa di indistinto la donna incinta accanto a lui. Era ugandese e fino a quel momento non aveva mai parlato.
Erano arrivati, ma c’era, in lontananza anche una barca… la guardia di finanza? Li avrebbero messi in prigione?
I due scafisti erano nervosi e agitati, spensero il motore del gommone, fecero gesti incomprensibili e cominciarono a gettar donne e bambini giù dalla barca, Didier fu il primo, preso di sorpresa e perse il coltello.
L’acqua era gelata e lo colpiva per trascinarlo sotto, non avesse imparato a nuotare nel lago Kivu, sarebbe morto subito, accanto a lui urla e grida d’aiuto si spensero presto. Doveva tenere su la testa e non bere, non pensare ai dolori alla gamba. Si tenne su, ma la terra era lontana, la sua barca era lontana e l’altra non si distingueva ancora.
Poi sentì i colpi d’arma da fuoco. Il marinaio libico gli stava sparando, perché poi? Ma certo sparava a lui, andò sott’acqua annaspando, e non vide più altro.
Quando riprese i sensi era sul peschereccio italiano, erano riusciti a salvare solo lui e una piccola yemenita.
Il bambino siciliano, nel letto vicino a lui, si svegliò. Dormiva spesso, per i medicinali che gli davano, sicuramente.
“Posso vedere anch’io quei fumetti?”
Kamal glieli posò sul letto, dopo uno sguardo d’intesa col suo amico. Didier l’aveva conosciuto al Centro di identificazione e di espulsione di Lampedusa, poi, dato che erano tutt’e due parecchio malconci, erano stati subito trasportati in un ospedale vero, su quell’isola più grande.
“Mi chiamo Totuccio e sto qui da un po’ di tempo… mi faccio capire?”
Didier fece cenno di sì con la testa e indicò i fumetti “C’è un uomo mascherato, amico dei pigmei, con due grandi pistole nelle fondine e un lupo al guinzaglio, lo conosci?”
“Sì, me li dava a vedere mio nonno, io però preferisco i manga… voi due siete clandestini?”
“Che vuol dire?” chiese Didier.
Totuccio poggiò i fumetti sul comodino pieno di medicine. “Che per i clandestini, come ha detto mio padre, c’è il respingimento… però questa parola non la potete proprio capire…”
Kamal guardò la porta in fondo alla corsia e si sedette sul letto di Didier “Nessuno mi ributta in mare.” disse a voce bassa.
***
Doveva assolutamente procurarsi un’arma da fuoco, le pinze lunghe e le forbici dell’infermeria non bastavano, servivano solo per agire in silenzio. Per difendersi aveva bisogno di una pistola.
Didier entrò con le canadesi nella cucina e trovò Ceccina, la magrissima cuoca che, dicevano, aveva prestato servizio nel carcere di Porto Empedocle.
“Vieni, vieni, caruso, sto facendovi gli arancini.”
Ceccina stava scolando il riso e guardava Didier di sottecchi mentre lavorava. “Vieni avanti, fammi compagnia, quando sono pronti te ne dogno subito uno. E ora magari un panino ti faccio.”
Didier si sistemò su uno sgabello, mentre lei preparava il ripieno con carne tritata, regagli di pollo a pezzettini, piselli e conserva allungata con l’acqua.
La donna somigliava a un’araba che stava sulla barca, nel viaggio verso Lampedusa. Protetto nella cucina la guardava affaccendarsi.
“Piano mangia.” lo ammonì Ceccina sbattendo le uova. Le si potevano contare le ossa attraverso il grembiule. Le mani erano forti e nodose.
Era lei dunque quella che, pagando, ti poteva procurare qualsiasi cosa, pare vendesse di tutto, o quasi. Era contento che in cucina fosse sola.
Con un ultimo boccone terminò il panino con la provola. “Ceccina se avessi da pagare, tu mi troveresti qualcosa che mi serve tanto?”
“Ah! Parlare sai! E tu hai di che pagare? Io trovo qualunque cosa… che ti serve? Che hai da darmi?”
Era quello il momento brutto, avrebbe accettato il suo piccolo diamante grezzo? Anche quella pietruzza era sopravvissuta al lungo viaggio per terra e per mare… Gli avrebbe trovato la pistola? E sarebbe stata in buono stato? Gli sarebbe piaciuto avere una Glock, ma certo si sarebbe accontentato di qualsiasi cosa funzionasse un po’!
“Fammi vedere.” lo sollecitò Ceccina.
“Ecco qui” disse mostrandole la pietruzza.
La donna fissò a lungo il sassolino, poi lo guardò e annuì.
Continuò a cucinare. Ceccina passava le crocchette nell’uovo sbattuto e poi nel pangrattato, dopo le metteva a friggere in un padellona d’olio bollente.
“Mi credevo che povero eri!” gli mise in mano una schiumarola “Prendi un arancino, quello dorato… vuoi una Beretta, o roba americana a tamburo?” la donna sistemò gli arancini sulla carta del pane “Lio, mio marito, può trovare questa cosa… ma rischiamo il posto.”
“È l’infermiere che sta sempre insieme a Constantin?”
“Sono amici lui e Lio… mio marito si chiama Rosalio. Ma tu sei certo che quello è un diamante?”
“Sì, sono sicuro, si ammazzano per questi sassi.”
(continua)
(La storia di ClanDESTINI è frutto della fantasia degli autori: qualsiasi riferimento con la realtà, fatti, luoghi e persone vive o scomparse, è puramente casuale).
Calcerano e Fiori: il viaggio di Didier, un video riassunto che svela scenari inediti sulla storia di Clandestini
È in libreria “Teoria e pratica del giallo“, la nuova fatica di Luigi Calcerano e Giuseppe Fiori per le stampe di Edizioni Conoscenza.
Qui le modalità per l’acquisto del libro.
Le puntate precedenti
L’intervista agli autori, Il giallo d’appendice
La video presentazione di Luigi Calcerano e Giuseppe Fiori, Un giallo prezioso: ClanDESTINI
Luigi Calcerano e Giuseppe Fiori, narratori e saggisti, vivono e lavorano a Roma. Hanno scritto insieme numerosi romanzi polizieschi. Per ulteriori informazioni si possono consultare:
http://it.wikipedia.org/wiki/Luigi_Calcerano
http://it.wikipedia.org/wiki/Giuseppe_Fiori_(narratore)
http://www.luigicalcerano.com
http://www.giuseppefiori.com
Calcerano e Fiori