ClanDESTINI (cinquantasettesima puntata)
“Nel corridoio dove affacciava la cabina, un uomo si era appiattito contro la parete, tirò fuori dalla cintola la sua Beretta calibro 9 e lentamente sfilò dal taschino della giacca il silenziatore. Poi, l’uomo fece un passo avanti verso la porta dove aveva visto entrare il marinaio congolese. Inserì il silenziatore nella canna e provò a girare lentamente la maniglia”.
In pochi minuti una vecchia autocisterna dei Vigili del Fuoco di Chisimaio era arrivata al porto con la sirena a singhiozzo.
L’Alfa era ancora fumante e intorno alla sua carcassa annerita si radunarono i vigili, un doganiere e vari curiosi.
“Qualcuno aveva un estintore” osservò uno dei vigili indicandolo per terra, accanto alla macchina “e ha spento l’incendio… Una cosa curiosa!”
“Lascialo a terra” intimò il doganiere “sarà meglio prendere le impronte, se ci sono, perché non è soltanto curioso ma anche sospetto, così ti direbbe la Polizia se non se la fosse presa comoda.”
Il marinaio congolese con la sacca sulla spalla, mischiato tra i curiosi osservava la scena, poi lentamente si staccò dal gruppo e si avviò verso la sua nave, in fondo al molo.
Un altro uomo si era mischiato nella piccola folla, un uomo che non staccava gli occhi dal marinaio e dalla sua sacca.
Salito sulla nave, il marinaio si guardò intorno: i suoi compagni erano quasi tutti scesi a terra fin dall’entrata in porto e ora in plancia c’era soltanto l’ufficiale di coperta e qualcun altro in sala macchine.
Il marinaio raggiunse la cuccetta, che divideva con altri cinque, e gettò il sacco sul lettino.
Aprì l’anta del piccolo armadio e tirò fuori tutti i suoi effetti personali: una giubba, due paia di pantaloni, due golf pesanti, camicie e mutande, un paio di scarponi e qualche calzerotto di lana.
Capovolse la sacca e i diamanti grezzi si sparsero sulla coperta marrone del letto. Li guardò ipnotizzato: quanti erano e quanta bellezza e ricchezza contenevano racchiuse! Sul mercato dovevano valere un patrimonio.
La tentazione di tenerne qualcuno per sé era forte, ma Buruli li aveva certamente contati e più di una volta lui si era preso la vita di chi si era pigliato anche una sola pietra. Sistemò giubbotto e pantaloni nella sacca e poi cominciò a riempire i calzerotti di diamanti.
Nel corridoio dove affacciava la cabina, un uomo si era appiattito contro la parete, tirò fuori dalla cintola la sua Beretta calibro 9 e lentamente sfilò dal taschino della giacca il silenziatore. Poi, l’uomo fece un passo avanti verso la porta dove aveva visto entrare il marinaio congolese.
Inserì il silenziatore nella canna e provò a girare lentamente la maniglia.
Si era chiuso dentro, c’era da aspettarselo con il bottino che trasportava.
Hansen si piazzò davanti alla porta, esplose due colpi in sequenza sulla serratura, sferrò un calcio ed esplose altri due colpi alla cieca. Stunf, stunf… gli riecheggiò nelle orecchie. Il congolese aveva una mano insanguinata poggiata sull’addome e nell’altra un lungo coltello a serramanico.
Hansen schivò il colpo girandosi di lato, indietreggiò ed esplose un ultimo colpo. Stunf. Poi si avvicinò, vide che il corpo aveva ancora qualche debole sussulto ed esplose un ultimo colpo direttamente al cuore del marinaio. Scansò il corpo con il piede e guardò i diamanti grezzi sparsi sulla coperta intrisa di sangue.
Dopo aver tolto il silenziatore, s’infilò la pistola nella cintola, raccolse i bordi della coperta marrone e sistemò il fagotto nella sacca del marinaio.
“Un venditore bianco non è contento fino a quando non ha riscosso, per intero, il prezzo pattuito!” disse a voce bassa.
E uscì.
Sulla banchina la confusione intorno alla carcassa dell’Alfa era ancora notevole, “una bomba incendiaria…” stava dicendo un ufficiale di polizia al giornalista con una piccola telecamera a spalla.
Hansen oltrepassò la folla, aveva bisogno di una camera d’albergo, di una doccia e di un piano per rimettersi in pista. Ora che era diventato ricco poteva diventare più potente.
* * *
Nell’aula della scuola in Ospedale erano rimaste Linda, la maestra Tina e il piccolo Totuccio, che aveva curiosato su Wikipedia.
“Ora basta, diamo un’occhiata alla posta elettronica, e poi tu torna a letto”. Propose Tina. “È appena arrivata un’e-mail” disse Totuccio “guardate…”:
“Carissime Linda e Tina, non ho avuto più modo di comunicare con voi, durante il viaggio per mare e una volta a terra ci sono state varie emergenze. Ora finalmente mi sono imbattuta in un internet point nel centro di Mogadiscio e ho deciso di spedirvi un’e-mail, dato che il mio cellulare sembra che abbia preso una febbre malarica, per quanto funziona male.
Non siamo potuti arrivare fino a Chisimaio, perché hanno chiuso il porto da quando hanno trovato un gran numero di rifiuti tossici nelle stive di tre navi partite dall’Italia. Forse temevano che ne sarebbero giunte altre!
Il nostro Cola è una leggenda in questa parte del continente africano, ci hanno detto che giornali e televisioni marocchine, libiche, egiziane e somale hanno parlato di lui: l’uomo che ha scaricato in mare casse di armi dirette in Africa e ha caricato sulle navi centinaia di uomini, donne e bambini.
Una specie di angelo dei clandestini, per dirla nel mio linguaggio!
Questa sua popolarità ci ha agevolato moltissimo, ci hanno fornito documenti e visti, di cui ovviamente eravamo sprovvisti.
E ora io e Kamal disponiamo anche di una jeep, con tanto di guida-interprete-autista disposto a portarci a destinazione.
Il punto è che ancora non so qual è la destinazione! Ma confido nella capacità delle consorelle del mio ordine religioso per avere informazioni attendibili.
A Chisimaio, abbiamo appreso dalla stampa, che c’è stata una rissa in un ristorante italiano, ed è rimasto ucciso anche un poliziotto delle nostre parti. Potrebbe essere una traccia.
Al porto della stessa città, poi, è stata incendiata un’auto italiana e stanno cercando di identificare i due cadaveri a bordo. Un’altra traccia?
Io e Kamal siamo molto in apprensione per la vita del nostro Didier, ma sappiamo anche che è indistruttibile: è passato attraverso gli orrori e i pericoli delle guerre tribali riuscendo a sopravvivere.
Kamal, invece, si comporta in modo misterioso, si vede che il ritorno in Africa gli ha riaperto vecchie ferite: non si separa mai da una sacca, dove ha infilato le cose che ha rubato nel porto di Montelusa a una troupe americana. Ma, non vuole parlarmene.
Vi darò altre notizie appena possibile, abbracciate per me Totuccio che sta combattendo anche lui la sua battaglia con spirito forte,
vostra Nunzia Di Brazzà.
Post Scriptum: invece a me il ritorno in Africa ha riaperto subito vecchi ricordi, visto che d’impulso mi sono firmata con il mio nome e cognome da ragazza… quando per la prima volta ho incontrato questo mondo e conosciuto l’amore e l’eroismo”.
“Di chi parla?” chiese Totuccio.
“Dell’aviatore che è stato il suo primo e unico amore prima che prendesse i voti.” rispose Linda.
“Un coraggioso che ha sacrificato la vita per gli altri” completò il quadro Tina.
“Che strano cognome che aveva suor Annunciazione da ragazza” esclamò Totuccio “non sembra italiano”.
“Non mi ha raccontato molto della sua vita” iniziò la maestra Tina “ma il suo avo si era trasferito in Francia…”.
“Un siciliano?” sperò Totuccio.
“Lo chiamavano il romano, anche se la famiglia era originaria del Friuli”.
“Qual era il suo nome?”
“Si chiamava Savorgnan e c’è in Africa una città che prende nome da lui…”.
Totuccio fece una smorfia, non conosceva tanto la geografia, ma non gli pareva vero. Linda sorrise, “in realtà alla fine sembra che si chiamasse Pierre Paul François Camille Savorgnan de Brazzà, Di Brazzà in italiano. Era figlio del conte Ascanio, nobile italiano, del Friuli, amico di Giuseppe Mazzini…”.
“La madre invece era una marchesa romana”, precisò Tina “e ci fece questo dispetto: assunse la cittadinanza francese nel 1874, così si procurò l’opportunità di viaggiare; voleva prima di tutto esplorare l’Africa”.
Linda carezzò la testa di Totuccio “ora in poche parole è difficile da spiegare, cerca su Wikipedia, se vuoi. Era un esploratore, ma lontanissimo da Stanley e dagli altri esploratori bianchi di quel tempo…che ammazzavano e sottomettevano i téké. I congolesi”.
“Stanley era quello che, in Africa, ritrovò Livingstone, vicino al lago Tanganica…” disse Totuccio.
“Sì, perché era anche giornalista e, scorgendolo gli disse la famosa frase ‘Dottor Livingstone, I presume?’. Era un colonialista convinto e pure col pelo sullo stomaco!
Brazzà invece si fece apprezzare, non solo dagli africani, dal suo amico Bokombo Iloo per i suoi metodi non violenti e per il suo disgusto verso lo sfruttamento coloniale, l’assoggettamento e la sopraffazione. Senza combattere”, continuò Linda “fece il bene loro e della Francia, anche se poi divenne scomodo per l’imperialismo francese e le multinazionali…”.
“C’erano già?”
“Si chiamavano concessionarie; Brazzà governò per un poco il Congo francese e sperimentò una politica coloniale originale e da apprezzare, un caso raro, morì misteriosamente e la moglie franco-americana rifiutò la proposta che fosse sepolto nel Pantheon, con Napoleone, così come avevano chiesto quelli stessi che se n’erano voluti liberare! Pensate” disse Tina rivolta a Linda e a Totuccio “che la moglie, nel viaggio di ritorno dall’Africa assaggiava l’acqua e il cibo che gli erano destinati, temeva lo volessero ammazzare e forse l’hanno fatto davvero! Ci son stati anche bianchi come si deve, il fatto era che se ne trovarono pochi… e li tolsero di mezzo. Re Leopoldo del Belgio si arricchì col Congo e fece morire più di dieci milioni di congolesi!”
”Brazzaville!” urlò Totuccio orgoglioso.
“E ora non ditemi che questo brav’uomo era proprio…”
“L’antenato di suor Annunciazione, che al secolo si chiamava: Nunzia Savorgnan di Brazzà!” concluse la maestra Tina soddisfatta.
(continua)
(La storia di ClanDESTINI è frutto della fantasia degli autori: qualsiasi riferimento con la realtà, fatti, luoghi e persone vive o scomparse, è puramente casuale).
L’intervista agli autori, Il giallo d’appendice
La video presentazione di Luigi Calcerano e Giuseppe Fiori, Un giallo prezioso: ClanDESTINI
Calcerano e Fiori: il viaggio di Didier, un video riassunto che svela scenari inediti sulla storia di Clandestini
È in libreria “Teoria e pratica del giallo“, la nuova fatica di Luigi Calcerano e Giuseppe Fiori per le stampe di Edizioni Conoscenza.
Qui le modalità per l’acquisto del libro.
Luigi Calcerano e Giuseppe Fiori, narratori e saggisti, vivono e lavorano a Roma. Hanno scritto insieme numerosi romanzi polizieschi. Per ulteriori informazioni si possono consultare:
http://it.wikipedia.org/wiki/Luigi_Calcerano
http://it.wikipedia.org/wiki/Giuseppe_Fiori_(narratore)
http://www.luigicalcerano.com
http://www.giuseppefiori.com
GLI EBOOK DI CALCERANNO E FIORI SU PINOCCHIO 2.0
http://www.descrittiva.it/calip/ebook-pinocchio2punto0.htm
Calcerano e Fiori