La dispersione scolastica al tempo del coronavirus
Gli alunni che si perdono durante il percorso di studi rappresentano la maggiore criticità del nostro sistema formativo, sia sul piano pedagogico, perché rappresentano un insuccesso per gli esiti personali e sociali dei nostri giovani, sia su quello economico, in quanto tale fenomeno ha un costo elevatissimo per il nostro bilancio statale.
Le cause sono attribuibili sia ad aspetti interni al percorso scolastico – e ripetenze, la scarsa motivazione e i bassi livelli di apprendimento –, sia esterni, dovuti alle condizioni socio-culturali della famiglia e al degrado dei territori. Per contrastare tale fenomeno vengono proposte soluzioni che però non vanno a incidere sul curricolo o sull’organizzazione della scuola o riguardano l’introduzione di attività che anche quando riscuotono successo restano ai margini della didattica istituzionale.
Si dovrebbe affrontare l’annoso problema della valutazione che impedisce di raggiungere la classe successiva se non si consegue la media del sei in tutte le discipline, compresa la scuola primaria, mentre si potrebbe intervenire con un piano di studi flessibile, un sistema di debiti/crediti che premi l’orientamento e consenta di coltivare i talenti, nell’ottica della ‘pluralità delle intelligenze’.
In situazioni di disagio economico e sociale, caratterizzate da genitori con basse scolarità, è difficile che i figli raggiungano risultati elevati; così accumulano ritardi e spesso abbandonano. Tutto ciò si ripercuote sull’occupazione, sulla qualità del lavoro e ha riflessi, come testimoniano diverse ricerche, sull’ordine pubblico e la salute degli individui e della comunità.
Per sostenere la motivazione allo studio, soprattutto se si tratta di soggetti difficili, si interviene con una didattica attiva, spesso attraverso collaborazioni tra la scuola e agenzie esterne, preferibilmente fuori dalle tradizionali aule, che richiamano contesti formativi non formali; si tratta din approccio integrato su più livelli che valorizzi le persone con attività individuali e di gruppo, alimentando la peer education. Occorre modificare la relazione educativa, in modo da prevedere risposte individuali, e all’occorrenza ristrutturare gli spazi nella scuola stessa; tempi di permanenza più lunghi potrebbero attenuare il rischio di dispersione, se si presentano proposte educative alternative.
Sulle diverse questioni presentate da tempo si compiono monitoraggi e ricerche al fine di rafforzare la funzione di ascensore sociale della nostra scuola e di farla uscire dalla condizione di bassa mobilità educativa, di cui detiene un triste primato a livello europeo, ma la pandemia ha interrotto improvvisamente gli sforzi costringendoci a ripiegare sull’insegnamento a distanza che ha rischiato di allontanare proprio quei ragazzi che avevano maggior bisogno di cura, e quindi più facilmente vittime di ulteriore dispersione.
La chiusura così protratta delle scuole e l’incertezza sui tempi e i modi della loro riapertura potranno aumentare le disuguaglianze tra gli studenti. Numerosi sono i ragazzi che non hanno risposto agli inviti on line dei loro docenti perché non dotati di adeguata strumentazione o collegamenti a internet.
La sfida per la didattica è duplice: da un lato approfittare del distanziamento per cercare di recuperare quegli alunni che in aula manifestavano disagio attraverso una modalità on line che potrebbe interessarli maggiormente, e che fuori dalla scuola non avrebbero avuto l’opportunità di incontrare, e, dall’altro, favorire il contatto con modi diversi di affrontare la conoscenza, che richiedono una capacità di manipolazione e di trasformazione sempre più differenziata e personale. Il rapporto con la rete pone un’accessibilità diversa alle discipline, offrendo compiti di realtà e la soluzione di problemi, e ciò motiva l’impegno.
L’occasione da da non perdere della didattica a distanza
Questa generazione dei docenti ha perso il monopolio dei mezzi per trasmettere la conoscenza. Viene chiesto loro di insegnare a distinguere, scegliere in mezzo a un mare di informazioni, valutando il sapere e la competenza che i giovani hanno acquisito in molti modi anche lontano dalla scuola. La loro formazione nel settore delle tecnologie, come accade spesso nel nostro Paese, è lasciata all’iniziativa dei singoli, per cui si può ritenere, come per altri settori dell’innovazione didattica, che una buona parte si senta poco preparata a utilizzarle. E anche coloro che sono più competenti pensano a un complemento alla didattica tradizionale, non a uno strumento di mediazione con gli stessi studenti, che invece comporterebbe una modifica della configurazione della stessa classe.
Nessun insegnante però pensava di doversi far carico completamente di tali problemi didattici in così poco tempo, spostando sul web gran parte del lavoro che aveva intenzione di svolgere in aula e dovendo fornire le attrezzature a un consistente numero di alunni. Questi, proprio perché versano in situazioni di indigenza economica e di povertà educativa, potrebbero profittare maggiormente della novità diminuendo così il tasso di fallimento e migliorando i bassi livelli di istruzione. Sono i malati che hanno bisogno del medico, direbbe don Milani, mentre la scuola ancora una volta sembra fatta per i sani, per coloro che possono seguire il regolare sviluppo del processo formativo, con il rinforzo delle tecnologie.
I contenuti digitali infatti non sono fissi e definiti come in un libro, ma sono fluidi e in divenire; non seguono la linearità del testo, ma la reticolarità ipertestuale; servirsi delle videolezioni senza vincoli di spazio e tempo, agire sui comandi di riproduzione a proprio piacimento, riascoltare un passaggio senza doverlo chiedere all’insegnante, rappresentano aspetti di personalizzazione dell’insegnamento e dell’apprendimento che gli studenti si ritrovano nelle mani. La videolezione smette di essere riproduzione di quella fatta in classe; viene progettata e realizzata per essere fruita fuori dalla scuola .
Si tratta di adottare la metodologia della progettazione modulare, lavorando con segmenti circoscritti di contenuto, facendo leva non tanto sulle lezioni del maestro quanto sull’attività degli studenti, con un programma per ciascun alunno. Al centro della didattica c’è un’attività concreta; è importante che gli apprendimenti siano sperimentati in prima persona, passino attraverso l’esecuzione di compiti, per renderli significativi in un contesto reale.
Una strategia di questo tipo anima una scuola aperta che si fa comunità educante, in rete con i propri territori di appartenenza che spesso sono segnati da profonde differenze e che hanno il potere di condizionare la sfida educativa. Bisogna fare i conti con i differenti contesti e con la storia dei ragazzi che perdiamo. Di recente il Ministero e l’INVALSI hanno adottato un’iniziativa atta a ridurre i divari territoriali per quanto riguarda la dispersione, ribadendo la necessità di prefigurare progetti integrati con il territorio in modo da permettere alle scuole di superare la difficoltà di intraprendere percorsi di miglioramento e così rimotivando gli studenti alla frequenza.
Qual è dunque il valore aggiunto della scuola nei confronti di questa situazione di abbandono ? L’uscita dalla crisi premia le competenze diffuse, indispensabili all’innovazione. In Italia, ci dicono dall’Europa, l’azzeramento della dispersione produrrebbe un aumento tra l’1,4 e il 6,8% del PIL.
Al ritorno nelle aule i rischi della dispersione ci saranno ancora tutti se si riprenderà la routine trasmissiva; un contributo al miglioramento potrebbe venire dall’esperienza della didattica a distanza se ha motivato i ragazzi più fragili alla partecipazione con contenuti aperti per stimolare ricerche sul web e se i docenti avranno svolto una funzione di facilitatori di processi e testimoniato la vicinanza ai loro alunni. Come per il personale sanitario che si è prodigato per gli ammalati durante la pandemia, agli occhi dei giovani studenti dovrà emergere analogo impegno e sacrificio degli insegnanti in modo che, accanto al valore della salute, possa emergere l’importanza della scuola. Se l’insegnamento a distanza fosse l’occasione per i docenti di dar prova di sé e della propria dedizione al progresso degli allievi, si potrebbe far breccia nella motivazione dei ragazzi anche in vista di una ripresa del lavoro in presenza, in modo da evitare che si allontanino, solo che davvero il corona virus abbia innescato un sincero ed efficace cambiamento.
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Gian Carlo Sacchi* Esperto di politica scolastica. Ha fatto parte del Consiglio di amministrazione dell’INDIRE e ha fatto parte del comitato Scientifico della Regione Emilia Romagna per le esperienze di integrazione tra istruzione e formazione professionale.