Ben venga il concorso
Ci si chiede se il concorso oltre ad essere la risposta giusta alla stabilità del personale, sia anche l’occasione per riqualificare in chiave moderna una professionalità regolata ancora oggi da uno stato giuridico vecchio di quarantani fa che evidenzia lo stato di immobilismo del nostro paese.
La riapertura dei concorsi nella scuola pubblica lanciata dal nuovo Ministro della Pubblica Istruzione Francesco Profumo per i docenti della scuola primaria, secondaria di primo e secondo grado, dovrebbe interessare una massa enorme di circa 300 mila docenti abilitati. Il dato evidenzia insieme la dimensione dello stato di precarietà della professione docente con la speranza di migliaia di laureati /abilitati di aspirare ad un posto di lavoro sicuro nella scuola pubblica. Si potrebbe dire che finalmente , dopo tre anni di tagli lineari alla spesa pubblica sull’istruzione paria a 8 miliardi operata dall’ultimo governo, con la chiusura di tutte le sperimentazioni, la riduzione dell’orario e degli organici e l’aumento degli alunni per classe, si ritorna ad investire sulla risorsa più importante per elevare la qualità della scuola che è quella sulla professionalità dei docenti.
I concorsi per gli insegnanti sono fermi da oltre 11 anni, dal 1999, l’ultimo concorso a cattedre è stato indetto dall’allora Ministro della Pubblica Istruzione Luigi Berlinguer; sino al 2008 si sono svolti i corsi universitari di specializzazione all’insegnamenti (SSIS) che hanno sfornato, al di fuori di ogni seria programmazione, una quantità di abilitati eccedente al fabbisogno; chiusa l’esperienza delle SSIS viene emanato il nuovo regolamento sulla formazione iniziale degli insegnanti (DM 19/09/ n. 249) con i corsi di tirocinio formativo attivo. Dal quadro emerge chiaramente l’incapacità delle politiche scolastiche di risolvere il problema del reclutamento dei docenti. La scuola ha bisogno di un sistema di reclutamento serio, veloce che immetta docenti giovani e preparati, per questo si tratta di ripensare ad un sistema di reclutamento più snello, efficace e meno farraginoso di quello attuale. Un giovane laureato quanti anni impiega per accede ad un posto “sicuro” di insegnante? Ben venga quindi la proposta di mettere in atto il concorso.
Va evidenziato che il concorso, com’è stato per quello in via di svolgimento per i Dirigenti scolastici , è anche un’occasione importante di aggiornamento degli insegnanti, in un paese che da oltre 15 anni non investe sulla formazione a differenze di molti paesi europei dove l’aggiornamento in servizio è una condizione per lo sviluppo di carriera.
Il concorso quindi può essere un’occasione per riprendere il dibattito su tutta una serie di nodi irrisolti che nessun Governo, in questi ultimi 15 anni ha saputo affrontare. In particolare tre sono le questioni che, a mio avviso, vanno affrontate e che la nostra rivista ha più volte posto all’attenzione del mondo politico e della scuola:
1. ci deve essere una stretta connessione nella filiera del reclutamento dei docenti tra formazione universitaria, abilitazione e concorso pubblico, basata su tempi certi ( i concorsi come prevede la legge vanno banditi ogni tre anni e …) e su una seria capacità delle strutture dell’Amministrazione Scolastica (in particolare gli USR) di programmare il fabbisogno di docenti rispetto ai diversi ordini scolastici;
2. puntare su una formazione continua legandola allo sviluppo della professionalità e della carriera, formazione resa necessaria da uno sviluppo delle tecnologie della comunicazione che sta modificando in profondità i processi di apprendimento e che per questo richiede agli insegnanti una continua acquisizione di competenze professionali;
3. puntare su un percorso professionale degli insegnanti che contempli nell’arco della vita professionale la possibilità ai docenti di valorizzare le competenze acquisite in ruoli e funzioni legate da un lato alla ricerca didattica (di cui la scuola ha un estremo bisogno per sostenere l’innovazione) e dall’altro legato al management/organizzativo/ gestionale.
Ci si chiede se il concorso oltre ad essere la risposta giusta alla stabilità del personale, sia anche l’occasione per riqualificare in chiave moderna una professionalità regolata ancora oggi da uno stato giuridico vecchio di quarantani fa che evidenzia lo stato di immobilismo del nostro paese.
Walter Moro