Miracolo a Viale Trastevere
Miracolo a Viale Trastevere: con la riforma della filiera tecnico-professionale gli anni di studio degli istituti tecnici e professionali si ridurranno da 5 a 4, ma questo non andrà a scapito delle competenze, conoscenze e delle abilità attualmente previste dall’indirizzo di studi di riferimento; anzi verrà ampliata l’offerta formativa di questi corsi, con particolare riferimento alle discipline di base; inoltre si faranno più alternanza, più viaggi all’estero e più laboratori; potranno essere svolte attività formative in lingua straniera veicolare (CLIL) e rafforzato l’insegnamento della lingua straniera. Tutti questi obiettivi verranno raggiunti in quattro anni, anziché nei cinque cui eravamo abituati da sempre (che spreco di tempo c’è stato finora!); la variabile tempo-scuola diventa dunque una variabile indipendente, non nel senso statistico di variabile che non è influenzata da altre variabili, ma nel senso che non conta proprio. Il tutto, ça va sans dire, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Dunque si risparmia un anno di tempo, la spesa non aumenta, ma si raggiungono gli stessi obiettivi, anzi di più. C’è da chiedersi come non abbiamo potuto pensarci prima!
Già nel 2017 era stata prevista una sperimentazione di corsi quadriennali nei licei classici e tecnici, ma questa era limitata a 100 classi accuratamente selezionate; questa sperimentazione, che avrebbe dovuto essere monitorata e valutata da Comitati scientifici regionali e nazionali, nonché dall’Invalsi, venne rinnovata ed ampliata alla fine del 2021 con il parere contrario del Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione, che rammentò che il rinnovo e l’eventuale ampliamento della sperimentazione sarebbero dovuti avvenire previa valutazione positiva da parte del Comitato Scientifico Nazionale al termine del ciclo sperimentale quadriennale. Oltre alla mancanza di tale fase di valutazione, risultavano mancanti i risultati del Piano di innovazione ordinamentale in esito al primo anno dei percorsi e la relazione elaborata dall’Invalsi a seguito dell’esame degli esiti relativi al terzo anno. Immaginiamo che ora, prima di questa nuova decisione, tali valutazioni sulle sperimentazioni passate siano state accuratamente predisposte e siano sul tavolo del Ministro. O no?
Ma non è questo il solo miracolo prefigurato dal Ministro Valditara: lo schema di disegno di legge presuppone infatti la moltiplicazione degli Istituti Tecnici Superiori, istituzione meritoria ma che finora, per la complessità della sua configurazione, nonostante vari successivi proclami ed iniezioni di denaro pubblico, non è riuscita a decollare in termini quantitativi. Difatti l’innovazione proposta dal MIM prefigura di fatto un sistema 4+2, con la previsione di un largo passaggio al biennio degli Istituti Tecnici Superiori. Qui occorre far riferimento a qualche numero: i diplomati degli Istituti Tecnici e professionali sono attualmente 250.000, cui si aggiungono quasi 20.000 diplomati quadriennali dell’Istruzione e Formazione Professionale Regionale. Gli iscritti in totale agli ITS sono poco più di 25.000, di cui possiamo stimare 15.000 circa iscritti al primo anno, un quarto dei quali provengono dai licei. Se i 270.000 diplomati tecnico-professionali volessero passare agli ITS troverebbero meno di un ventesimo dei posti disponibili. Certamente una parte dei diplomati continuerebbe a rivolgersi all’Università (ma i diplomati quadriennali dovrebbero recuperare le competenze mancanti con i corsi integrativi), ma se anche solo la metà dei diplomati dei corsi quadriennali volesse accedere all’ITS l’offerta formativa di questi ultimi dovrebbe moltiplicarsi almeno per 10.
Insomma se il MIM vuole raggiungere gli obiettivi previsti da questo schema di disegno di legge, obiettivi che sarebbero anche condivisibili (aumentare l’appetibilità della formazione tecnico-professionale rafforzando il raccordo tra scuola e lavoro ed integrando i diversi sistemi di offerta sul territorio), prima di lanciarsi in nuove sperimentazioni dovrebbe far tesoro delle esperienze passate. Andrebbero esaminati con attenzione gli esiti delle passate sperimentazioni, i risultati ottenuti dagli studenti in termini di apprendimenti, le difficoltà incontrate dagli insegnanti e dagli studenti, in particolare quelli più fragili, a seguito della compressione del curriculum ecc.. Va riflettuto sui motivi che limitano lo sviluppo quantitativo degli ITS prendendo a confronto le esperienze francesi delle STS (Section de technicien supérieur). Solo a questo punto sarà possibile definire e sperimentare nuovi modelli curricolari solidi e realistici piuttosto che mandare le scuole allo sbaraglio con il compito di conciliare l’inconciliabile.
Giorgio Allulli Vicepresidente della Rete europea della qualità dell'Istruzione e formazione professionale (EQAVET); già direttore delle aree sistemi formativi del Censis, dell'Isfol e della Conferenza dei Rettori.