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Lettera alla professoressa Perla

Pubblicato il: 10/07/2024 07:33:51 -


1 domanda e 4 (sommesse) raccomandazioni alla coordinatrice della commissione incaricata di aggiornare le Indicazioni nazionali
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Gentile professoressa Perla,

sono uno dei quattro sherpa che hanno curato la redazione delle Indicazioni nazionali del 2012. Il nostro compito era quello di mettere insieme i contributi di una quarantina di esperti disciplinari, tutti citati nel frontespizio del documento.

Mi rivolgo a lei come coordinatrice della commissione incaricata di proporre modifiche al documento al quale abbiamo lavorato con assoluta dedizione ma che, ci tengo a dirlo, non fu un lavoro ex novo ma un’accurata evoluzione delle Indicazioni precedenti (Ministro Fioroni, 2007).

La domanda

Vorrei farle un’unica domanda, molto concreta, utilizzando uno spunto tratto dal libro “Insegnare l’Italia” che ha scritto insieme a Ernesto Galli della Loggia[1], forte anche del fatto che le considerazioni proposte nel libro sono presentate come un appunto di lavoro, un modo per sollecitare una riflessione su alcune questioni ritenute particolarmente rilevanti. Vi prendo in parola.

È una domanda che dovrei forse porre a Galli della Loggia, dato che riguarda una proposta presente in uno dei due capitoli scritti da lui, ma preferisco farla a lei perché, come pedagogista, ha certamente una maggiore consuetudine con il mondo della scuola. Confido poi nel fatto che il senso della domanda investe anche molte proposte che ho trovato nei capitoli attribuiti a lei.

Supponiamo che il curriculum di storia e geografia proposto da Galli della Loggia alle pagine 52-54 del libro, e che riporto qui sotto, divenga ufficiale così com’è (prego i lettori di soffermarsi a leggere integralmente la proposta riportata in rosso; è breve e molto chiara).



Scuola primaria

1° anno

  • Racconto a mo’ di favola dell’Iliade, dell’Odissea e dell’Eneide con lettura di brevi passi e una generica contestualizzazione.
  • Com’è fatto il mio paese/città; quali sono i luoghi più importanti e perché.
  • Che cosa si fa in una città, a che serve. Il mare, la montagna, i campi nell’esperienza degli alunni.

2° anno

  • Come l’Italia è diventata un solo Paese. Storia romanzata ma non troppo del Risorgimento italiano. Letture (con spiegazione) della memorialistica risorgimentale su Le 5 Giornate di Milano (Visconti Venosta), la Repubblica Romana (Garibaldi), la Spedizione dei Mille (Banti. Abba). Apprendimento a memoria, storia e spiegazione dell’Inno di Mameli.
  • L’esperienza personale dell’Italia che hanno avuto gli alunni (viaggi, incontri con altre lingue, incontri con non italiani). Primo contatto con una carta geografica. Chi comanda nel mio Comune: il concetto di elezione e di rappresentanza (con prova di democrazia elettorale nella classe: elezione ogni mese di un capoclasse, divisione in “partiti”, ecc.).

3° anno

  • La forma dell’Italia: le Alpi e il mare. Le civiltà mediterranee dell’antichità. Atene e lo scontro con l’Impero persiano lettura semplificata di brani di Erodoto e de I Persiani di Eschilo). Gli stanziamenti greci in Italia. Roma. Le lotte sociali e la conquista dell’Italia. La schiavitù – Elementi di Geografia europea. Caratteri del continente europeo.

4° e 5º anno

  • Come a Roma si decideva e chi comandava. La schiavitù. Il ruolo delle donne. Come si viveva e si combatteva. La costruzione imperiale. La romanizzazione dell’Europa. Che cosa ci hanno la- sciato i Romani. Le culture barbariche, il collasso dell’impero e la nuova Europa barbarica. La rivoluzione del Cristianesimo (letture guidate di Cesare, Catullo e del rescritto di Adriano). La presenza dell’uomo sulla terra. I processi di ominazione. La diversità dei continenti e degli inse- diamenti umani. Il concetto di ecologia. La condizione odierna del pianeta e del clima. I problemi della sopravvivenza dell’uomo, delle specie animali e dell’ambiente naturale.

Scuola Secondaria di primo grado

1° anno

  • Il Medio Evo europeo tra Chiesa, Impero e formazione degli Stati nazionali.
  • La città italiana. Le condizioni ambientali e umane. Tre rivoluzioni: le scoperte geografiche, la riforma protestante, la “Nuova Scienza”. Il sistema europeo degli Stati. Assolutismo, Illuminismo, Rivoluzione industriale.
  • I caratteri fisici dell’Italia. Le sue principali città e le Regioni. Cenni sui loro diversi itinerari storici e le loro diverse vocazioni anche produttive.

2° anno

  • Somiglianza e diversità tra la Rivoluzione americana e quella francese. La nascita degli Stati nazionali e il liberalismo. Aspetti e vicende del Risorgimento. L’Italia e l’Europa fino al 1914. Gli Stati europei: la loro situazione geografica e le loro ispettive vocazioni produttive. L’Unione Europea. La condizione geopolitica del continente rispetto al sistema mondo.

3° anno

  • Le due guerre mondiali. L’esplosione della modernità e le masse. La democrazia e i totalitarismi. La dislocazione del potere mondiale verso l’Asia. L’esperienza politica dell’Italia dal fascismo alla Repubblica fino all’inchiesta di Mani Pulite.
  • I continenti extraeuropei e la nascita di un’economia mondo all’insegna della globalizzazione. Il problema delle materie prime. Le nuove aree d’influenza e le nuove tensioni geopolitiche.

[DA E. GALLI DELLA LOGGIA, L. PERLA, “INSEGNARE L’ITALIA”, SCHOLE, 2023]

 

Immagini ora che un insegnante di scuola primaria invii al Ministero il seguente quesito:

“è possibile sostituire le letture della memorialistica risorgimentale suggerite per la classe seconda (Le 5 giornate di Milano, la Repubblica Romana, la Spedizione dei Mille) con la narrazione delle prime due guerre d’indipendenza?”

Ovviamente le apparirà chiaro che a questa domanda il Ministero non potrebbe rispondere né sì né no. Se rispondesse sì infatti, come appare più ragionevole, negherebbe il carattere di prescrittività del curriculum aprendo la strada a qualsiasi sostituzione o variazione rispetto agli argomenti indicati. D’altra parte se rispondesse no ciò equivarrebbe a introdurre, almeno per la storia, un libro di testo unico, com’è nel costume dei più oppressivi stati dittatoriali.

La prego di credere che il mio intento non è affatto quello di andare a scovare errori nel libro scritto con Galli della Loggia. Il punto che davvero importa è generale e può essere sintetizzato così: le Indicazioni nazionali, o comunque vogliamo chiamarle, almeno nella loro dimensione prescrittiva, possono contenere argomenti da trattare obbligatoriamente in classe? Lei sa bene che la risposta è no dato che il regolamento dell’autonomia scolastica assegna al Ministro il compito di definire gli “obiettivi generali del processo formativo e gli obiettivi specifici di apprendimento relativi alle competenze degli alunni”[2] e non quello di indicare argomenti da trattare, ma non sono sicuro che anche il prof. Galli della Loggia ne sia consapevole.

Si dirà: se le cose stanno così basta cambiare la legge. È vero, ma prima di azzerare la norma base sull’autonomia scolastica, per altro richiamata in Costituzione, sarebbe utile ricordare che l’inserimento di argomenti obbligatori nei programmi è qualcosa di molto dibattuto da sempre. Non troverà elenchi di argomenti da trattare in nessuno dei programmi per la scuola elementare del dopoguerra. Non in quelli del 1985, emanati dalla ministra Franca Falcucci, non in quelli del 1955, del ministro Giuseppe Ermini, e nemmeno in quelli del 1945, ispirati al pedagogista americano Carleton Washburne e firmati dal ministro Arangio-Ruiz.

A proposito dei programmi Arangio-Ruiz, di gran lunga i meno conosciuti e, ciò nondimeno, straordinariamente innovativi, mi permetto di riportare un breve brano sulla metodologia didattica: “gli alunni potranno esercitare il diritto d’iniziativa, che consiste nella libertà di proporre al maestro lo svolgimento di particolari argomenti o attività in rapporto a loro reali e sentite esigenze. Così ad esempio un gruppo di alunni potrà prospettare il desiderio di svolgere una determinata attività manuale o di organizzare una data ricerca, provocando in tal modo la revisione del piano di lavoro.” E, proprio sull’insegnamento della storia, lo stesso documento dice poco dopo: “Riuscirà tuttavia vano ogni sforzo per liberare l’insegnamento della storia dal suo groviglio di guerre e di tirannie, di rivalità dinastiche e di sterili combinazioni politiche, se non supereremo, una volta per sempre, la passione nazionalista che nel recente passato riuscì a sviare anche la geografia dall’obiettiva valutazione delle forze economiche mondiali con la concezione delle utopie autarchiche[3]. Dalla lucidità e la chiarezza di questi due stralci credo emerga la levatura culturale e morale degli studiosi che contribuirono all’elaborazione del documento tra i quali Ernesto Codignola, Aldo Visalberghi e Emma Castelnuovo.

Le ho posto questa domanda, forse un po’ bizzarra, perché mi pare che vada al cuore del problema e sono convinto che ponga un problema di fondo anche indipendentemente dalla proposta di curriculum per la storia di Galli della Loggia.

Avrei infatti potuto formularle una domanda analoga sulle sue positive considerazioni sul libro “Cuore” di De Amicis e sul “Pinocchio” di Collodi. Potremmo infatti supporre che questi due libri vengano inseriti nelle Indicazioni nazionali e che una maestra chiedesse se nella sua classe ne possa sostituire la lettura con le Fiabe italiane di Calvino e Zanna Bianca di London. Ovviamente non possiamo che rispondere sì, non perché riteniamo Calvino e London migliori di De Amicis e Collodi ma semplicemente perché la scelta delle letture fa parte della discrezionalità progettuale degli insegnanti.

Le 4 (sommesse) raccomandazioni

Cara professoressa, ho quasi finito.

Se la domanda che le ho posto le ha suscitato pensieri, spero non scontati, sulla natura giuridica e la portata culturale e pedagogica delle Indicazioni nazionali che si accinge a aggiornare, allora sarà per me più agevole sottoporle alcune riflessioni con cui vorrei accomiatarmi.

Mi limito a quattro punti che ritengo prioritari.

  1. Se perfino i programmi tradizionali, precedenti l’autonomia scolastica, non erano programmi contenutistici, o per lo meno non lo erano nella forma di “indici delle cose da sapere”, ciò dovrà essere mantenuto nelle future revisioni pena la regressione ad un assetto centralistico e trasmissivo del nostro sistema formativo.
  2. Se i nuovi documenti che verranno varati dovranno essere fatti propri dalle scuole il metodo di lavoro che verrà seguito è determinante. Nel 2012 il Ministro dettò precise condizioni in tal senso tra le quali la continuità con il testo precedente (del 2007) e la presa in carico delle criticità emerse sul campo[4]. Inoltre i lavori del gruppo redazionale presero il via da un monitoraggio nazionale cui parteciparono 11.000 scuole e inclusero una consultazione rivolta a tutte le scuole pubbliche non già su generiche domande ma su una bozza del testo.
  3. La delicata relazione che c’è tra Indicazioni nazionali, curricolo delle scuole e programma di lavoro del singolo docente è uno degli aspetti più rilevanti dell’attuale sistema autonomistico delle scuole. Il senso profondo di questo modello – e cioè che il Ministro indica gli obiettivi e le scuole scelgono gli itinerari didattici migliori per raggiungerli – è un assunto fondante dei sistemi scolastici più efficaci[5].
  4. Lascio per ultima una considerazione politica più generale. Dopo molti anni di confronti con pedagogisti e giuristi di orientamento diverso mi sono convinto che le Indicazioni nazionali di uno stato democratico non sono un documento appropriato per promuovere una visione del mondo, anche se particolarmente avvertita da un governo o dalla maggioranza dei cittadini; semmai sono uno strumento per far sì che ogni studente sia in grado di costruirsene una. E questo principio vale soprattutto se si tratta di argomenti molto opinabili come l’idea di italianità. Se perfino una ministra democristiana come Franca Falcucci ha rinunciato ad inserire nei suoi programmi la preminenza dei valori cristiani questo vorrà pur dire qualcosa[6]. L’unica base valoriale di riferimento che le Indicazioni possono, e debbono, adottare è data dalla nostra Costituzione su cui infatti è imperniata la sezione sulle finalità generali delle Indicazioni nazionali delle 2012. A me pare che è proprio in questo senso che vada inteso il suo richiamo al “patriottismo costituzionale”.

[1] E. Galli della Loggia, L. Perla, “Insegnare l’Italia”, Scholé, 2023

[2] Decreto del Presidente della Repubblica n. 275/1999, articolo 8.

[3] Decreto Luogotenenziale del 24 maggio 1945.

[4] Circolare ministeriale del 18 aprile 2012

[5] Si veda, ad esempio, A. Schleicher, “World Class. How to Build a 21-st Century School System”, OECD Publishing, 2018. Edito in Italia con il titolo “Uno scuola di prima classe”, Il Mulino, 2020. Alle pagine 137 e seguenti Schleicher, massimo esperto internazionale di sistemi scolastici comparati, mostra come i sistemi scolastici che accordano maggiore autonomia alle scuole, compresa la progettazione dei percorsi curricolari e l’individuazione dei contenuti, hanno maggiori probabilità di ottenere punteggi più elevati nel test PISA.

[6] Riporto di seguito la formulazione riguardante i rapporti tra istruzione pubblica e religione presente nei programmi per la scuola elementare del 1985: “la scuola statale non ha un proprio credo da proporre né un agnosticismo da privilegiare” (DPR n. 104/1985).

Paolo Mazzoli, Responsabile di progetti nazionali, è stato membro della commissione De Mauro per l’elaborazione dei curricoli nazionali, Capo della segreteria del sottosegretario Marco Rossi Doria ( governi Monti e Letta ), membro del nucleo redazionale delle indicazioni nazionali (2012) , direttore generale dell’Invalsi dal 2014-2020

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