I problemi ancora aperti per avviare la riforma dei licei
Una riforma di questo tipo (“epocale”) avrebbe richiesto un dibattito di ampio respiro culturale che sinora non c’è stato. Si è discusso più di perdita di cattedre che di quali conoscenze e competenze la secondaria superiore debba offrire a dei giovani che vivono in una società tecnologica e multimediale in continua trasformazione.
Il Consiglio dei Ministri di giovedì 4 febbraio ha approvato in seconda lettura i Regolamenti dei licei, degli istituti tecnici e professionali dando via libera alla riforma che andrà in vigore per le prime classi a partire dall’anno scolastico 2010/11. L’iter però non è ancora terminato, mancano per rendere effettiva l’applicazione dei Regolamenti alcune tessere importanti del mosaico: a) l’approvazione dei nuovi impianti culturali sia dei licei che degli istituti tecnici e professionali; b) il regolamento sulle nuove classi di concorso; c) la definizione degli indicatori per la valutazione e l’autovalutazione di sistema degli istituti; d) la ratifica da parte delle Province del nuovo piano di dimensionamento della rete scolastica con indicate le confluenze tra i vecchi e i nuovi indirizzi.
Appare evidente che i tempi per offrire alle famiglie degli alunni delle terze classi un orientamento informativo serio si sta restringendo sempre di più: infatti il termine ultimo per le iscrizioni è previsto per il prossimo 26 marzo. Quello che le scuole hanno di fronte è una corsa contro il tempo per ridefinire un’offerta formativa coerente con i piani di studio avviati. Sappiamo che le scelte di questa riforma fanno riferimento alla Legge 133/08/2008 che prevede una riorganizzazione degli ordinamenti scolastici della secondaria di secondo grado finalizzata ai risparmi. Il riordino si basa su questo presupposto, tanto è che molti mettono in dubbio che si tratti di una vera riforma, ma solo di un processo di razionalizzazione.
Un processo di razionalizzazione comunque necessario soprattutto per quanto riguarda i licei che nell’arco degli ultimi quindici anni hanno accumulato attraverso una miriade di mini e maxi sperimentazioni oltre 650 indirizzi. Indirizzi spesso cresciuti più per logiche sindacali di sistemazione di organici che per reali analisi di nuovi bisogni di apprendimento. Ora il Regolamento approvato prevede l’istituzione dei licei:
• artistico, con 6 indirizzi (arti figurative, architettura /ambiente, design, audiovisivo/multimediale, scenografia, grafica);
• classico;
• linguistico;
• musicale coreutico;
• scientifico, con una nuova opzione di liceo definito delle scienze applicate (che sostituisce l’indirizzo sperimentale dello scientifico tecnologico);
• delle scienze umane, dov’è prevista una opzione per l’indirizzo giuridico economico.
Quali sono le novità? L’impianto ordinamentale rimane sostanzialmente quello gentiliano con l’aggiunta però del liceo musicale coreutico e di quello linguistico, non previsti dall’attuale ordinamento. L’aspetto più significativo è l’istituzione del liceo delle scienze applicate, un’articolazione dello scientifico senza latino (lo scientifico tradizionale che rimane di fatto è una brutta copia di quello classico), basato su un asse matematico-scientifico con una vocazione alla sperimentazione scientifica. Altri aspetti importanti sono la presenza in tutti i bienni dei licei di un’area di saperi comuni riferiti alle discipline linguistiche, matematiche e delle scienze naturali e storico sociali; una caratterizzazione delle materie di indirizzo con una soglia di non meno di tre ore settimanali.
I punti critici. L’assenza di un quadro normativo di riferimento unitario della riforma della secondaria di secondo grado mantiene in vita un sistema basato su un impianto gerarchico composto da tre ordinamenti separati tra loro: quello dei licei, degli istituti tecnici e professionali. Una riforma di questo tipo (“epocale”) avrebbe richiesto un dibattito di ampio respiro culturale che sinora non c’è stato e sarebbe stato necessario valorizzare di più le esperienze realizzate in alcune sperimentazioni significative, come ad esempio quella dello scientifico tecnologico. Il dibattito invece è stato fatto solo sui tagli dei quadri orari: si è discusso più di perdita di cattedre che di quali conoscenze e competenze la secondaria superiore debba offrire a dei giovani che vivono in una società tecnologica e multimediale in continua trasformazione. Oggi la sfida della scuola secondaria è quella di mettere in discussione l’attuale modello su cui si fonda l’organizzazione della didattica incentrata esclusivamente sulla classe e sulla lezione frontale come ha ricordato Luigi Berlinguer nell’articolo “È dal basso che si può cambiare la scuola”; per incidere sull’apprendimento invece serve una didattica flessibile basata su metodologie attive e fondata sulla cultura del laboratorio capace di tener insieme conoscenze e competenze e di valorizzare i saperi appresi dagli studenti fuori dal sistema di istruzione.
Walter Moro