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Buon compleanno Scuola Media

Pubblicato il: 27/07/2022 04:36:40 -


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Fra qualche mese la scuola media, oggi secondaria di primo grado, compirà sessant’anni, ma c’è poco da festeggiare, dice un reportage del Corriere della Sera, che va ad aggiungersi ad un coro di delusi, che da una serie di nobili principi iniziali arrivano ad evidenziare nel tempo solo criticità fino a richiederne l’abolizione. Un ulteriore segmento scolastico obbligatorio per tutti aveva certamente contribuito ad elevare il livello culturale di “ciascun cittadino e di tutto il popolo italiano”, soprattutto per le zone rurali e più disagiate; una scuola pensata in modo specifico per un alunno “preadolescente”, che però ha faticato a costruirsi un’identità adeguata con un percorso di soli tre anni, contesa fin dall’inizio tra una post-elementare ed una secondaria di stampo ginnasiale. Un curriculum rigido ed un approccio frammentato alle discipline, anziché seguire un impianto orientativo, riportarono ad una concezione selettiva che aumentò gli insuccessi, costituendo l’anello debole del sistema per quanto riguarda i rischi di abbandono.

La mancanza di flessibilità nel piano di studi impedì la possibilità di personalizzare il percorso educativo ed una collaborazione più efficace con le famiglie e le realtà del territorio, aumentando così i divari tra le diverse realtà sociali che proprio in questa fase iniziano a farsi sentire. Tre anni isolati si rivelarono ben presto insufficienti per far fronte ai cambiamenti fisiologici e psicologici degli alunni in quanto i loro ritmi di apprendimento richiedevano tempi e modi più distesi e articolati. 

Una riforma che doveva migliorare l’organizzazione amministrativa, quella degli “istituti comprensivi”, che univano sotto la stessa dirigenza le scuole dell’infanzia, primaria e secondaria di primo grado, si rivelò una soluzione efficace anche per gli apprendimenti, ma l’innovazione fu applicata a macchia di leopardo ed ancora oggi i tre segmenti vivono in tanti casi da separati in casa, mentre un curricolo in continuità potrebbe recuperare quella dimensione unitaria del progetto educativo centrato sulla persona, beneficiando di una maggiore articolazione nelle aree disciplinari e aumentando la collaborazione tra i docenti soprattutto nei momenti più delicati del passaggio tra un grado e l’altro. 

Il primo ciclo obbligatorio è alla base del nostro sistema, che si collegherà con uno precedente dei servizi per la prima infanzia e seguente delle scuole di indirizzo. Negli istituti comprensivi un progetto educativo per campi di esperienza introdurrà gli alunni nella scuola primaria, valore aggiunto sul piano dell’alfabetizzazione, che proseguirà nella secondaria di primo grado, dove le discipline che andrebbero radunate in aree di apprendimento dovrebbero esprimere un alto valore orientativo. Undici anni per raggiungere da un lato un obiettivo formativo e inclusivo (unitarietà e individualizzazione) e dall’altro un’offerta omogenea su tutto il territorio.

Se dunque ci si concentrerà sul successo del primo ciclo allora il secondo potrà esprimere il suo potenziale vocazionale, con un primo anno per verificare l’orientamento e terminare anche alla fine del quarto, con un “doppio canale” tra le scuole superiori, con un numero variabile di indirizzi in base alle richieste sociali ed il percorso di istruzione e formazione professionale regionale.  

L’innalzamento dell’obbligo scolastico ai primi due anni del secondo ciclo ha offuscato l’identità della scuola media; il tentativo di far fruire a tutti il biennio superiore con un curricolo organizzato per aree disciplinari mentre nel triennio precedente si lavora per discipline singole, non è riuscito a rendere più coerenti i due segmenti, con in mezzo un esame di stato. Si voleva creare un percorso capace di rafforzare la dimensione orientativa e farsi carico dei problemi legati alla crescita e al disagio sociale dei giovani e dei territori, stringendo un più efficace rapporto con la formazione professionale regionale. 

Non essendoci stata però un’adeguata riorganizzazione del settore si è evidenziata tutta la fragilità dei vari elementi che in modo isolato hanno contribuito ad indebolire il sistema proprio in un momento di grande criticità per il successo formativo. Il tentativo non riuscì, diverse disposizioni  rimasero lettera morta, il primo e il secondo ciclo sono tuttora staccati, anzi i piani di studio delle superiori  vennero ulteriormente incanalati verso indirizzi rigidi, dove la verifica dell’orientamento spesso determina un’espulsione dal percorso scolastico, costringendo i giovani a riparare nella formazione professionale come seconda e minore opportunità.    

Si torna dunque alle origini, confermando il carattere di secondarietà della scuola media, ma non come un segmento di passaggio, con la finalità di accompagnare lo sviluppo delle persone sul piano fisico e cognitivo in un’età particolarmente delicata, ma alla condizione di disporre di un solido ancoraggio, così come previsto dalle indicazioni nazionali per il curricolo del 2012 ed incarnato in una didattica per “compiti di realtà”, in collegamento cioè con il mondo reale, per far emergere interessi e inclinazioni dei singoli studenti. 

Una effettiva autonomia delle scuole consentirà di operare nelle più diverse realtà, come “presidio pedagogico del territorio”, con un organico di istituto che, pur nei vari gradi, sappia instaurare collaborazioni professionali in continuità verticale e orizzontale con agenzie educative esterne. Già si vedono esperienze di successo che dimostrano di saper operare anche nelle realtà più difficili e che fanno da punto di riferimento  per le loro comunità; dunque basta poco per consolidare questa struttura multilivello con un intervento significativo sulla formazione dei docenti e sulla qualità della progettazione educativa e didattica.

Il piano finanziario per le scuole estive rilanciato dal ministro Bianchi va in questa direzione, ma un maggiore investimento deve essere stabilmente garantito a tutti gli istituti comprensivi e non solo in base all’andamento demografico, ma ai bisogni dei territori. La questione dei docenti  poi è da riconsiderare sia sul piano della formazione che su quello del loro impiego, come ad esempio per ciò che riguarda la necessità di aumentare il tempo scuola per gli alunni e di far crescere le funzioni della scuola stessa come centro civico, in esito alle richieste del territorio stesso. 

C’è chi propone un insegnante ad hoc per questo grado di scuola; qui bisogna fare i conti con la carenza di orientamento alla professione che rischia di mandare deserto il reclutamento. Certo un percorso accademico che prevedesse appositi laboratori e tirocini disciplinari, come avviene per i docenti della primaria, potrebbe contestualizzare maggiormente le competenze professionali, ai quali aggiungere un’organizzazione del curricolo che faccia uscire dall’autoreferenzialità delle discipline per una più dinamica relazione interdisciplinare, in vista di una formazione unitaria della persona, che crei un vero e proprio team docente e vada oltre consigli di classe pletorici e burocratici. 

Dopo sessant’anni la nostra scuola media sembra aver trovato posto nel consolidamento degli istituti comprensivi nei quali è possibile praticare la continuità evolutiva beneficiando del lavoro di infanzia e primaria, che consente di aumentare la qualità dell’offerta formativa, alle quali restituirà competenze disciplinari e scambi professionali. Dare solidità a tale impianto organizzativo anche dal punto di vista pedagogico-didattico potrebbe essere la strada che avvii a soluzione i tanti problemi legati all’insuccesso degli allievi ed alla qualità del progetto educativo.

Gian Carlo Sacchi  Esperto di politica scolastica. Ha fatto parte del Consiglio di amministrazione dell’INDIRE e ha fatto parte del comitato Scientifico della Regione Emilia Romagna per le esperienze di integrazione tra istruzione e formazione professionale.

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