Il Modello a Shell e la transizione dal vecchio al nuovo
La Riforma dell'Istruzione ha introdotto discipline nuove, che però non hanno né traccia né libro di testo: una “didattica aperta” senza aula e senza strumenti, ma guidata dalle tecnologie digitali. In questo clima di confusione la proposta dell'autore del Modello a Shell per gestire la transizione verso l'innovazione.
La Riforma dell’Istruzione ha debellato i programmi ministeriali, o meglio, ufficialmente non li ha depennati, ma introducendo le Indicazioni e le Linee guida ha voluto stabilire delle nuove direttrici.
L’attenzione si è spostata verso gli apprendimenti che nel loro turbolento evolversi hanno prodotto un sistema complesso la cui misura diventa sempre più difficile (learning objects, learning outcomes, competenze, apprendimenti formali, non formali, informali, … – si veda l’articolo dell’autore “La curva degli apprendimenti e la questione morale” e “Cosa impariamo dai nativi digitali?”).
Poiché la centralità è stata conquistata dagli apprendimenti, se non altro a causa della disperata situazione mondiale delle rilevazioni Ocse-Pisa, si è pensato di imitare i paesi virtuosi intervenendo sulle discipline, sui quadri orario, sul tempo scuola, sul peso della “lezione frontale” procedendo a un taglio e cucito che ci ha lasciato con dei vuoti istituzionali: discipline nuove senza né traccia né libro di testo (alla vecchia maniera); articolazioni innovative senza “contenuti specifici” (contenuti vecchi in contenitori vuoti); una riduzione del “tempo di laboratorio” in virtù di una “didattica aperta” senza aula e senza strumenti; quindi una conseguente riduzione del personale sostituito da presunti tutor d’aula in una “vision” guidata e governata dalle tecnologie digitali.
La docenza è caduta in crisi, ovviamente, perché gettata nella fossa dei leoni (studenti assetati e affamati di riferimenti) senza un bagaglio formativo utile a gestire la transizione nell’innovazione ma stretta nella morsa della sua ancestrale “forma mentis”.
La crisi si era già aperta con l’introduzione del “recupero dei debiti” poiché, con pochissime ore (ben pagate ma con fondi molto limitati), da consumare in fretta ad aprile e maggio, e poi, in seconda battuta, febbrilmente tra gli scrutini di giugno e quelli di luglio, si sarebbe comunque dovuto capire a chi assegnarlo.
Confusione comprensibile vista la terribile situazione delle prove Invalsi, e se è vero per tutti, lo è ancora di più per le zone di periferia delle città metropolitane, per le comunità medio-piccole e per il Sud e le Isole in genere! Insomma, troppi debiti, impossibili da gestire e da pagare.
E allora?
Ebbene, per poter fare qualcosa non restava che ridurre la mole di lavoro e la quantità delle cose da studiare (… attenzione, non la qualità, la quantità!!!), approfittando del fatto che da qualche parte si è scritto di LEP (livelli essenziali delle prestazioni…, altra cosa ben diversa, ma ci sta bene nel minestrone).
Idea!
Introduciamo gli assi dell’obbligo, almeno localizziamo e limitiamo i danni per la certificazione dell’obbligo (visto che di danni ne abbiam fatti tanti con il terminale del primo ciclo – la scuola media – vedi dell’autore “Le medie, anello debole della scuola italiana?”).
Gli assi dell’obbligo d’istruzione fissano per il biennio delle superiori quei contenuti minimi sui quali misurare conoscenze, abilità e capacità quindi pur anche le competenze (semmai acquisite): l’asse dei linguaggi, quello della matematica, l’asse scientifico-tecnologico e l’asse storico-sociale. Per il triennio ci pensino le scuole (altro vuoto istituzionale).
E come articolare la valutazione? Come misurare e monitorare il percorso di un allievo?
Ora, in un prossimo articolo, avvieremo una analisi dettagliata delle Indicazioni (anche e soprattutto della scuola di base) e di quella che riteniamo l’innovazione tanto attesa sulla riorganizzazione dei contenuti didattici, ma in questa riflessione vorrei mostrare come nelle realtà in cui lavoro abbiamo, io e i miei collaboratori, ritenuto opportuno superare alcune criticità aperte dalla Riforma e lasciate lì, senza attivare nel contempo direttrici lungo le quali superarle.
Al fine di ristabilire un senso operativo alla “instabilità” generata, la nostra équipe ha introdotto il modello a shell (o a strati, o a conchiglia, o a cipolla,…).
Il suo scopo è quello di accompagnarci nella transizione dal vecchio al nuovo evitando, possibilmente, ogni forma di trauma nella relazione con i ragazzi e con le famiglie.
Vedremo che esso si presta a interpretare bene una serie di elementi strutturali attuali e passati, e nel contempo una serie di elementi strutturali innovativi.
Essendo principalmente interessati al secondo ciclo, ambito in cui lavoriamo, ci limitiamo a discutere della scuola secondaria superiore.
La programmazione didattica di tutte le discipline e per tutti gli anni di studio, concepita sui vecchi programmi ministeriali (collettiva dei dipartimenti per materie affini e individuale del docente per la disciplina), la si può pensare strutturata calibrandola sugli Assi culturali (riformulando i “contenuti minimi essenziali” e i “nuclei fondanti”) per il biennio e su “Assi culturali affini” (includendo, quindi, tutte le discipline delle articolazioni o vecchie specializzazioni) per il triennio superiore.
In questo modo si introduce una “struttura a shell” per ogni vecchio programma, con la parte centrale definita come il “core” della struttura, quell’area che definisce i saperi essenziali delle singole discipline per ogni anno di studi, quale border line del nuovo analfabetismo.
Così, per ogni anno di scuola superiore e per ogni disciplina esiste un “cuore”, un “nucleo” che definisce il limite del rischio analfabetismo. Ogni anno occorre superare questa barriera e acquisire quel “core” dei saperi necessario per potersi considerare “sufficientemente alfabetizzati”.
Il modello a shell per i vecchi programmi e per la nuova programmazione didattica è quindi così strutturato:
Figura 1 – Il modello a shell
1. Il “core” del modello a shell (Area A)
La natura dell’Area A ha un imprinting tutto europeo.
La costituzione dell’UE stabilisce che il cittadino europeo ha diritto a un’istruzione di base. Il principio di equità si fonda sull’uguaglianza di tutti i cittadini dei paesi membri e stabilisce che a tutti i cittadini sia data la stessa istruzione di base.
In questo contesto nascono i “livelli essenziali delle prestazioni” all’art. 117 del Titolo V della Costituzione Italiana, che per il primo biennio delle superiori si traducono negli Assi culturali, e rispetto ai quali ci si propone di costruire i percorsi dell’istruzione di base.
Gli Assi sono un prototipo e definiscono gli elementi di base uguali per tutti, i “contenuti minimi essenziali” che ognuno deve possedere per uno sviluppo autonomo della persona al termine dell’obbligo di istruzione. Da qui la certificazione dell’obbligo di istruzione conseguito per attestare il superamento del “rischio analfabetismo”.
Più specificatamente, e in termini propriamente scolastici, il “core” delle discipline è individuato dalle competenze, abilità e conoscenze di base necessarie e sufficienti all’ammissione all’anno successivo. Il secondo anno delle superiori definisce la soglia della certificazione dell’obbligo d’istruzione.
È fondamentale, pertanto, comprendere che insufficienze gravi sul “core” implicano un alto rischio di analfabetismo con un alto rischio di esclusione sociale dipendente dal rischio bocciatura (non ammissione all’anno successivo).
Una insufficienza grave sul core significa la necessità di attivare immediatamente forme di recupero al fine di reinserire lo studente nel percorso didattico. Per forme di recupero non si intendono solamente interventi di sostegno disciplinare come lo sportello didattico o lo studio assistito (di lontana memoria, ma ancora felicemente attiva in molte scuole), ma anche l’efficace utilizzo della vecchia flessibilità del 20% sul monte ore annuo, ora ridefinito come spazio dell’autonomia, mediante una progettazione didattica dell’intervento di recupero strategico in orario antimeridiano (quello ordinario). Qualora questo intervento non fosse sufficiente, allora, si progettano i cosiddetti “corsi di recupero” intesi come delle “full immersion” sul “core” della disciplina.
Allo stesso modo abbiamo strutturato tutti i vecchi programmi per gli altri anni di studio individuando un “core” essenziale e le rispettive shell. Così anche per il quarto anno, ad esempio, abbiamo definito una localizzazione dei saperi essenziali per l’ammissione al quinto anno.
2. La “shell interna” (Area B)
L’Area B, invece, rappresenta l’area dei percorsi possibili che si sviluppano su ogni indirizzo (liceo, tecnico, artistico, professionale,…), altrimenti noti come “curvature”, necessari per quella che altrove abbiamo chiamato “cultura della scelta” (“Pensare e fare Scienza”, documento di Experimenta del Comitato nazionale per la cultura scientifica e tecnologica).
In questo contesto più avanzato si possono definire i “nuclei fondanti” dell’indirizzo, la definizione dei contenuti intorno ai quali sviluppare quelle competenze chiave di ogni specifico indirizzo di studi.
In quest’Area B le unità saranno diverse perché ogni indirizzo di studio definisce i suoi saperi necessari intorno ai quali sviluppare l’acquisizione delle proprie competenze chiave per un inserimento nel mondo del lavoro e/o la prosecuzione degli studi.
Ma è anche l’area delle opzioni e delle curvature dove si coltivano e si sviluppano le inclinazioni degli studenti valorizzando le possibili scelte di percorso.
Nulla esclude che questa area si sviluppi già dal primo hanno al fine di creare condizioni più fertili (curvature dei percorsi didattici) per una scelta consapevole (si vedano le “Linee guida” in “Modelli e architettura dei percorsi esemplari”).
Strumenti utili per una scelta consapevole sono limitati allo spazio di autonomia nel primo biennio, ma si amplificano sostanzialmente con lo spazio della flessibilità durante il secondo biennio (alternanza scuola lavoro, impresa formativa simulata,…).
La “shell interna” è necessaria all’acquisizione delle competenze utili a definire l’autonomia formativa nella personalizzazione del percorso. In essa si individuano anche le fragilità nel processo di individualizzazione del percorso laddove il rischio dispersione scolastica diventa alto.
È opportuno sottolineare che una insufficienza grave sulla “shell interna” non deve essere confusa con una insufficienza grave sul “core”. Interventi sostanzialmente diversi devono essere progettati per i due casi; nel primo caso, infatti, non siamo in condizioni di “rischio bocciatura” (ad es. acquisizione delle competenze di base ma non di quelle necessarie per l’inserimento al lavoro).
Una insufficienza grave sulla shell interna non è da corso di recupero (corso intensivo disciplinare), ma attinge da un diverso bagaglio di interventi, potendo essere generata dal bisogno di un ri-orientamento nel percorso di studi scelto (parte di un processo di individualizzazione).
3. La “shell esterna” (Area C)
L’Area C è quella delle eccellenze o quella che interessa tutti quei percorsi che, debitamente seguiti e valorizzati, potrebbero maturare in eccellenze.
Quest’area si propone di curare lo sviluppo di quei percorsi che vanno oltre i “contenuti minimi essenziali” (verso l’arte, la scienza, le lettere, la cultura in senso aperto, creativo, costruttivo, …oltre!).
È l’area della creatività, dell’espressione di quella che Gardner chiama “intelligenza creativa” (molto tempo fa introdotta da J. Dewey con un celebre pamphlet dal medesimo titolo).
La “shell esterna” è l’area nella quale si stimola e si provoca la liberazione dell’eccellenza e del genius loci, dove lo studente può seguire “virtute e conoscenza” senza la preoccupazione o la paura dei confini, delle linee di demarcazione.
Il modello in sé propone un “core” sempre presente per ogni anno di studio necessario e sufficiente alla propria formazione di base (alfabetizzazione di base).
Introduce un sistema di valutazione “a strati” che pesa il “valore” del “core” rispetto a quello delle “shell”, ma anche l’una shell rispetto all’altra.
Consente una “crescita a strati” per lo studente rispetto al valore da assegnare alle sue conquiste e la possibilità di non dover rimettere sempre in gioco tutto il suo percorso ogni volta che compare una criticità, ma la possibilità di isolarla e affrontarla localizzandola.
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Arturo Marcello Allega