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I momenti più belli della vita professionale di un dirigente

Pubblicato il: 13/04/2010 19:06:31 -


Formazione e gioco di squadra nell’amministrazione come promozione di nuove competenze dirigenziali.
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Bisognerebbe intervenire intenzionalmente nell’attività dell’amministrazione centrale, territoriale e delle istituzioni scolastiche perché l’ordinaria attività assuma sempre più lineamenti formativi e il gioco di squadra, che già esiste nella maggior parte delle situazioni, si traduca, non solo intenzionalmente ma “premeditatamente” nella promozione di competenze dirigenziali e responsabilità motivanti.

Di notte dormo poco e questa insonnia (di cui sarebbe troppo lungo e personale parlare qui) mi consente di ascoltare la radio. Munito di auricolare, tra l’ascolto, la rêverie e la fantasticheria, una notte ho avuto modo di sentire la risposta di un pediatra di Emergency cui avevano chiesto qual era stato il momento più bello della sua esperienza in Africa. Il medico spiegava che i volontari di Emergency preparano medici e infermieri locali, per radicare nel territorio le esperienze e le strutture mediche che importano. Per questo il medico ha raccontato che il momento più bello della sua esperienza l’ha vissuto ogni volta che s’è trovato a discutere con un collega da poco formato una diagnosi e a riscontrare che aveva ragione proprio il suo interlocutore, mentre lui aveva torto. Mi sono svegliato del tutto! Succede a volte di accorgersi d’esser stato felice senza averne avuto piena cognizione, di aver passato momenti di vita tutto sommato esaltanti, senza la consapevolezza che meritavano. Le parole del pediatra mi hanno fatto ricontestualizzare tutta la mia vita professionale e mi hanno fatto capire che di momenti così, per fortuna ce n’erano stati tanti, ma non avevo dato loro l’importanza che meritavano.

Ho avuto, forse, la fortuna di lavorare con personaggi notevoli, (ricordo solo Bailetti, Cajola, Ottaviani, Sensi, per non parlare dei tanti valorosi coordinatori di educazione fisica!) e mi capitava frequentemente nel brain storming con loro di far emergere idee e soluzioni di problemi. Spesso non ero d’accordo con quanto sostenevano, si discuteva, molto, ma alla fine si verificavano fino in fondo tutte le idee proposte e, fatte salve le mie responsabilità, trovavo sempre, assieme a loro quale fosse la procedura o la pista da seguire per ottimizzare le risposte da dare.

I risultati venivano, specie nelle imprese più difficili, la vecchia riforma degli istituti professionali, il primo accesso ai fondi europei, qualche altra mission impossible del genere, come l’organizzazione autarchica dei giochi sportivi studenteschi, senza la collaborazione del Coni.

Come avviene anche ora, con Proietti, per le complesse procedure da svolgere per le due posizioni economiche del personale ATA e al cosiddetto articolo 48. Riconoscere i meriti di passati e nuovi collaboratori era ed è il minimo; prima di ascoltare l’intervista non avevo però riflettuto su come, nella collaborazione di tutti i giorni, crescesse in tutta la squadra la capacità di essere parte dirigente, l’autonomia decisionale, l’abilità di promuovere, coordinare e gestire la collaborazione degli altri per la realizzazione degli obiettivi generali e l’attitudine a individuare i necessari obiettivi strumentali. Ce ne sono tanti di operatori scolastici di questo tipo, con queste attitudini, bisognerebbe sempre più motivarli e promuovere la loro crescita, studiando e proponendo gli strumenti idonei.

È vero, però, a ripensarci, i momenti più belli della mia vita professionale di dirigente son stati proprio quelli quando, nel pieno della battaglia, mi son dovuto confrontare con prospettive diverse dalle mie, con gente che proponeva piste d’azione e soluzioni diverse dalle mie e ho potuto insieme ai miei collaboratori verificare che quelle proposte potevano funzionare e funzionavano. E ho potuto accorgermi che stavo assistendo, e in qualche modo favorendo, la loro crescita professionale.

Luigi Calcerano

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