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ITS – Un’esperienza da cui imparare

Pubblicato il: 14/04/2021 06:43:11 -


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L’Italia  si sta misurando con la grande  crisi globale dalla pandemia già provata da alcuni gravi fattori di ritardo. Tra questi hanno particolare rilevanza : 

  • le basse percentuali di raggiungimento dei titoli di studio secondari e terziari: la quota di 25-64enni in possesso di almeno un titolo di studio secondario superiore è pari al 62,2% nel 2019, un valore molto inferiore a quello medio dell’UE, pari a 78,7%, e a quello di alcuni Paesi, tra cui Germania (86,6%), Francia (80,4%) e Regno Unito (81,1%). I 2/3 dei figli di genitori senza istruzione superiore non superano il livello delle loro famiglie. Quanto ai titoli di studio terziari, ne sono in possesso solo 2 persone su 10, circa il 19,6%, contro il 33,2% della media europea. Dalle rilevazioni sugli stranieri emerge che, nel 2019, solo il 47,3% ha almeno il diploma di  secondaria superiore e appena il 12,0% un titolo terziario. Nell’UE l’istruzione degli stranieri nel corso del tempo si è innalzata significativamente, mentre in Italia la quota di stranieri con diploma si è ridotta di 6,3 punti dal 2008 ed è rimasta invariata quella con un titolo terziario .
  • La bassa produttività del lavoro, data dal rapporto tra valore aggiunto e ore lavorate: nel periodo 2014-18, la produttività   è aumentata in misura modesta (+0,3% medio annuo), con  ampliamento del divario rispetto all’UE (+1,4%) e all’area Euro (+1,0%). Il ritmo di crescita è contenuto anche se confrontato con quelli di Francia (+1,3%), Germania (+1,1%), Spagna e Regno Unito ( +0,7%). 

Le due criticità sono  interconnesse. Se non si risolve il problema dei bassi di livelli di istruzione non sarà possibile incrementare la capacità del sistema produttivo di competere sui mercati globali. La  sfida riguarda l’intero sistema educativo, quindi scuole università e filiera professionalizzante. Qui ci soffermeremo esclusivamente su quest’ultima.

L’istruzione professionalizzante

La prima tappa significativa si è avuta  con la legge 53/2003, la c.d. Legge Moratti, che per la prima volta ha introdotto  un’ Istruzione e Formazione Professionale (I&FP) come  canale triennale in cui assolvere l’obbligo di istruzione e  conseguire qualifiche professionali. L’offerta coinvolge in Italia circa 300.000 giovani, purtroppo solo in meno di metà delle regioni. Una diffusione a macchia di leopardo derivata largamente da scelte regionali  e dall’incapacità del governo centrale di dare vera attuazione ai  L.E.P. (Livelli Essenziali delle Prestazioni) nonché da una mole di risorse dedicate decisamente  modesta. Si deve tuttavia osservare che dove la I&FP si è radicata dotandosi anche di un IV anno per il diploma professionale, ha mostrato una buona capacità di ridurre la dispersione, di abbassare i tassi di inattività dei giovani, di ridurre i tempi di transizione al lavoro. La valenza di questo segmento del sistema sta nel saper valorizzare il saper fare, costruendo l’apprendimento  secondo una logica (appropriata al talento e alle aspirazioni di molti giovani) che  dall’esperienza  risale ai saperi generali attraverso un percorso progressivo di modellizzazione e generalizzazione. Negli ultimi 5 anni il sistema della I&FP ha fatto un ulteriore passo avanti introducendo percorsi specifici di tipo duale in cui alla formazione si affianca un’alternanza rinforzata e una valorizzazione dell’apprendistato formativo di primo livello, quello per l’acquisizione di qualifiche formali.

Negli ultimi 10 anni è nato il sistema degli ITS (Istituti Tecnici Professionali). Degli ITS si parla molto in quest’ultimo periodo in virtù del rilevante stanziamento di risorse ( 1,5 mld ) previsto nel  Recovery Plan. Si tratta di un’offerta formativa fondata sulla collaborazione tra una pluralità di soggetti  che introduce per la prima volta in modo significativo il concetto del merito nell’erogazione dei servizi educativi.

I&FP e ITS sono le due tessere principali di una delle sfide dei prossimi anni, la costruzione di una filiera professionalizzante verticalmente integrata che è una delle chiavi per ridurre i divari con i nostri competitors,  sul tema della bassa scolarizzazione come su quello della riduzione del mismatch tra domanda e offerta di lavoro. Si tratta dunque di una scelta da cui dipenderà in misura significativa la tenuta imprenditoriale del  Paese. Ma agire  solo su una parte della filiera sarebbe una scelta miope, priva della necessaria organicità. È importantissimo, a questo scopo, superare lo stacco tra il diploma professionalizzante che si consegue con il IV anno e l’accesso all’ITS, che oggi costringe i giovani interessati a colmare la distanza dal diploma quinquennale degli istituti tecnici e professionali attraverso la frequenza di un anno di IFTS (Istruzione e Formazione Tecnica Superiore). Di qui la proposta degli ITS del Piemonte di sperimentare un percorso in continuità verticale tra I&FP e ITS.  Ma ci sono anche altri temi da affrontare per sviluppare gli ITS e l’intera filiera professionalizzante, tra cui come sottrarre l’offerta formativa al dispositivo dei bandi, che ostacola fortemente il suo affermarsi come sistema stabile e riconoscibile dall’utenza.

Un’esperienza : l’ITS piemontese per le Tecnologie dell’informazione e della comunicazione

C’è comunque un aspetto di metodo che vale la pena  sottolineare: spesso chi parla di questi temi in termini di policies (istituzioni o studiosi) dimostra di non conoscere a fondo l’oggetto di cui tratta. Partire dalla realtà, lasciarsi interrogare da essa, valorizzare le eccellenze trovando le modalità di trasferimento che le rendono sistema è un lavoro impegnativo, ma è l’unica strada per non farsi guidare da pregiudizi o da culture corporative. Ed è anche l’unico per non rischiare di perdere la sfida dello sviluppo contenuta nell’investimento del Recovery Plan. 

Per questo può essere utile  presentare  l’ esperienza dell’ITS per le Tecnologie dell’informazione e della comunicazione del Piemonte, rappresentativo della realtà regionale. È nato nel 2010, capitalizzando le partnership sviluppate dalla Piazza dei Mestieri di Torino (un’esperienza formativa che coniuga educazione, lavoro e cultura) con alcuni fra i migliori attori del mondo dell’istruzione e della formazione, unite a una rete di imprese, al Politecnico di Torino, al Comune di Torino e alla Fondazione per la Scuola della Compagnia di San Paolo. 

Qualche dato. Dai 30 allievi del primo anno si è passati ai 300 attuali (suddivisi in 5 percorsi, Digital Strategist, Web & Mobile App Developer, Backend System Integrator, ICT – Security Specialist, Cloud Specialist) il che ha comportato la necessità di continui affinamenti e cambiamenti negli orientamenti e indirizzi dell’attività,  seguendo come driver modelli e contesti produttivi che hanno seguito il cambiamento del mercato del lavoro, in termini organizzativi, di contenuti e  di relative competenze hard & soft. La flessibilità dell’offerta, e il suo ancorarsi ai processi reali, fanno la differenza.

Ciò che non è cambiato è il livello di prestazioni, dalle più misurabili come il tasso di inserimento occupazionale (>85%) e quello di successo formativo (>86%), a quelle di sistema, altrettanto importanti, come per esempio la diversificazione delle fonti di finanziamento, l’internazionalizzazione (molti allievi concludono il percorso in Erasmus o vanno a lavorare all’estero e anche gli insegnanti vanno all’estero a completare la propria preparazione), la  realizzazione di contest in presenza o di webinar con le principali aziende del settore, la valorizzazione dell’apprendistato di terzo livello, il matching day con le aziende, i laboratori integrati per testare e potenziare le competenze tecniche acquisite  (hard skill) e elaborare in modo consapevole il transfer di importanti competenze trasversali (soft skill), la partecipazione a progetti con le università, con il Miur e il MISE, il coinvolgimento di 260 imprese.

Il Sistema di Monitoraggio e Valutazione a cura di Indire ha certificato l’attività dell’ITS ICT del Piemonte fra quelle di maggior successo: 15 dei 16 corsi valutati sono in fascia di eccellenza, e per diversi anni sono risultati come miglior corso di settore e/o prima Fondazione di settore fra le 11 nazionali. ITS ICT è stato il primo ITS in Italia ad essere riconosciuto presso il MISE come Centro di Trasferimento Tecnologico per il 4.0: alcune metodologie didattiche sono state indicate come best practice, così come il modello di DAD adottato nel periodo emergenziale che stiamo vivendo.

Il modello didattico si fonda sull’adozione di caratteristiche peculiari, patrimonio dei diversi sistemi d’istruzione. Semplificando, l’ITS adotta l’obbligo di frequenza dal sistema scolastico, la certificazione delle competenze da quello universitario e la ‘presa in carico’ dalla formazione professionale. Questo impianto, unito a una forte connotazione applicativa degli insegnamenti, garantiti per oltre il 70% da docenti provenienti dalle imprese, e alla curvatura dei profili in accordo con le analisi dei fabbisogni e delle esigenze espresse dal sistema produttivo, ha consentito lo sviluppo di un modello molto performante .

Tutto ciò è realizzato a costi molto contenuti. Il costo pro capite per anno di ogni allievo ITS, come riportato da OECD (Organisation for Economic Co-operation and Development), è di 4.240 $ , a fronte di un costo medio per gli stessi percorsi in ambito UE di 12.432 $, e un costo per anno in ambito accademico di 12.277 $. A quanto rilevato giova aggiungere che, stante la severità dei parametri adottati sulla UCS (Unità Costo Standard), tale esborso per gli allievi ITS è sostenuto unicamente in caso di successo formativo, ossia di positivo svolgimento dell’intero percorso di studi. Un criterio di finanziamento evidentemente molto diverso, e assai più stringente, di quello adottato per le università che si basa sul numero degli iscritti. 

Tutto ciò indica chiaramente la bontà e la serietà della strada intrapresa, che merita quindi l’importante  investimento del Recovery Plan. Purché le risorse vengano indirizzate a una migliore strutturazione e diffusione del sistema in tutto il Paese.  Ci vorrà, tra l’altro, una buona capacità di esecuzione del piano, prevedendo per  esempio investimenti in conto capitale decrescenti (30%) e investimenti nel potenziamento dei percorsi crescenti (70%). Questo percorso permetterà anche di affrontare alcuni nodi come la riduzione dell’età media in ingresso (esperienza già realizzata nel sistema di I&FP), una maggiore attrattività del titolo di studio rilasciato, il completamento della verticalità del sistema professionale.

L’errore politico più grave sarebbe confondere questo sistema con quello delle lauree professionalizzanti che sono altra cosa e che, a onor del vero, devono ancora dimostrare la loro efficacia. Così come il dibattito sul riconoscimento dei crediti non deve diventare una priorità perché l’idea che gli allievi che frequentano l’ITS abbiano come priorità il conseguimento di una laurea è un retaggio culturale dei genitori e di molti stakeholder, ma non è certo un’esigenza rilevante per gli allievi.

Impariamo tutti dalla realtà, senza sottrarci a critiche e correzioni, ma evitiamo di buttare via il bambino con l’acqua sporca o di trovare scorciatoie il cui fine è estraneo alle esigenze dei nostri giovani e del nostro tessuto produttivo.

Dario Odifreddi Presidente del Centro di Formazione Professionale “Piazza dei Mestieri” di Torino, cofondatore dell’ ITS  Tecnologie dell’informazione e comunicazione del Piemonte 

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