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Saggezza, biofilia, pedagogia della sofferenza

Pubblicato il: 28/10/2020 05:31:21 -


Pandemia, scienza, filosofia dell’eco appartenenza (parte seconda)
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La filosofia insegna, nell’occasione che le dà questo fenomeno globale della pandemia, che la natura è la casa (oikìa) dell’uomo e che di questa casa l’uomo non è il padrone ma un coinquilino; che la sua permanenza in questo condominio naturale può collocare pure la sua posizione all’attico dell’intelligenza ma che tale posizione è moneta sia di emissione che di affitto appunto dell’intelligenza e della sapienza della filosofia; dell’amore del sapere e non dell’amore del potere o addirittura dell’amore dello strapotere. La filocrazia e la plutofilia sono l’opposto della filosofia; a voler fare un esempio, se la filosofia ci insegna a guardare con rispetto tutto ciò che è natura fra le nature come l’uomo, la filocrazia e la plutofilia ci inducono allo strabismo di scambiare l’asintomaticità del Vesuvio con la sua innocuità; a edificare alle sue pendici e a disinteressarci dei progetti di evacuazione in caso di eruzione solo in vista di un piacere minore della vita come può essere il piacere del profitto. 

Quanto si sta dicendo può sembrare una predica di un sacerdote, o una più laica ma sempre residuale omelia del filosofo; il concetto di biofilia elaborato dallo scienziato americano Edward Wilson e spiegato come «l’innata tendenza a concentrare la nostra attenzione sulle forme di vita e su tutto ciò che le ricorda e, in alcune circostanze, ad affiliarvisi emotivamente» ci mette al riparo da quelle che potrebbero essere viste come semplici parole trascurabili. Il sì alla vita di Nietzsche non può essere risolto come poi faceva il filosofo tedesco in un’improbabile volontà di potenza; tale sì alla vita deve invece essere condotto in un oculato calcolo dei piaceri a cui già nell’antichità chiamava Socrate, come alla volontà di sapienza (philosophia) che indicava per l’uomo la gerarchia dei beni fino a quello sommo. Se certamente per l’uomo dunque le ricchezze e la fama possono essere un piacere, esse non sono quel piacere che è rappresentato dalla «innata tendenza a concentrare la nostra attenzione sulle forme di vita e su tutto ciò che le ricorda e, in alcune circostanze, ad affiliarvisi emotivamente». 

Chi, a voler stare al tema stringente della pandemia, non ha potuto sperimentare, pure nella più ricca delle case, l’asfissia emotiva del lockdown; e chi, nell’estate successiva al lockdown, non ha potuto ricominciare a respirare in una passeggiata in montagna o in un bagno al mare? Chi non ha sentito la riconciliazione con la natura e magari ha esclamato, durante quella passeggiata o quel bagno, «ah, mi sto riconciliando con me stesso!». Dove quella riconciliazione era proprio l’uscita pure dalla casa costruita magari in virtù della più coltivata plutofilia, e la gratificazione  di quella «innata tendenza a concentrare la nostra attenzione sulle forme di vita e su tutto ciò che le ricorda e, in alcune circostanze, ad affiliarvisi emotivamente». Ad affiliarsi emotivamente a quelle nature che insieme alla nostra natura costituiscono la natura naturata di Spinoza e sono la condizione perché la nostra stessa intelligenza si elevi alla somma felicità della letizia ovvero all’«unione della mente con la natura» che solo l’amore per il sapere ci può dare lì dove si risolve nell’unità con la stessa natura naturante.  

Quale ruolo nell’era del covid della filosofia come ragione

Quella della vera filosofia, è una filosofia del limite, che certamente, pure rispetto a essa stessa, non ci deve far dimenticare, insieme alla nostra ecoappartenenza, l’insieme di letizia e sofferenza che è l’uomo; che si traduce in saggezza quando ci ricorda nella letizia la sofferenza e nella sofferenza la letizia. «In tristitia ilare, in ilaritate tristis» ammoniva, addirittura nel titolo di una sua opera, Giordano Bruno, cultore anch’egli della filosofia che ci dice come l’uomo sia natura fra le nature, eco-appartenenza. Un’eco-apparteneza che, proprio rispetto alla letizia e alla sofferenza, non può che essere un’eco-apparteneza solidale (Franceschelli). Che non può essere dimentica delle sofferenze, per esempio proprio nella pandemia, che toccano agli altri, addirittura fino alla morte. E in quel punto, nel punto della morte, se l’omelia del sacerdote prospetta per chi si diparte  dall’eco-appartenenza una nuova iperuranica appartenenza, un’appartenenza al regno di Dio, quale omelia rimarrà al filosofo naturalista che non crede in quell’appartenenza nuova? Quale sarà la sua parola per le sofferenze e la stessa morte di una giovane vita spezzata a 33 anni dal Covid come quella dell’operatore sanitario Fabio Lecis che è spirato lungo la corsa di un’ambulanza medicalizzata senza nemmeno poter giungere alla terapia intensiva dell’ospedale di Cagliari? 

La filosofia non ha omelie né per ammonire né per consolare. La filosofia è ragione tanto nel momento della teoresi quanto nel momento della pratica; e nella pratica, dopo l’innata tendenza ad affiliarsi emotivamente a chi rimane, può assumere e invitare ad assumere di fronte alla morte quella che è una pedagogia della sofferenza,  a trarre da quella vita spezzata l’impegno a vivere più a fondo nella saggezza la propria stessa vita; nel caso specifico e in un orizzonte futuro, che non sembra poi nemmeno troppo breve, ad osservare le regole del distanziamento, della profilassi della mascherina e dell’igiene delle mani. Sembra una sciocchezza di fronte alla morte ma ad oggi nè una sciocchezza che non viene intesa da chi ha fatto della plutofilia, dell’amore del denaro e della tracotanza, di contro alla filosofia, all’amore del sapere e della sobrietà, il suo principio esistenziale totalizzante, inducendolo e sponsorizzandolo continuamente nei giovani. Quei giovani che, come ognuno di noi, veramente usciranno migliori da questo fenomeno epocale se impareranno a fare i conti con la sapienza e la saggezza a cui questo momento li chiama. 

Il compito di un insegnante di filosofia è far fare loro questo percorso, farlo con loro; che, di fronte alla fragilità naturale a cui in ogni tempo la vita ci espone, di nuovo ognuno diviene giovane; giovane, per dirla con le immagini del Simposio di Platone, inesperto per la mancanza, penìa, ma anche entusiasta di quell’ingegno, poros, che la madre natura ci ha dato nel costituirci strutturalmente amore, eros, e amore del sapere, philosophoi! philosophai!  

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Bibliografia essenziale

Jaeger, Paideia. La formazione dell’uomo greco, trad. it di A Setti, Firenze 1954

I Presocratici. Frammenti e testimonianze, a cura di G. Giannantoni, Roma Bari 1979

Galilei, Opere, a cura di F. Brunetti, Torino 1996 

Kant, Critica della ragion pura, a cura di Pietro Chiodi, Torino 1967

Spinoza, Ethica more geometrico demonstrata, a cura di E. Giancotti, Roma 1995 

Franceschelli, Elogio della felicità possibile. Il principio natura e la saggezza della filosofia, Roma 2014

Lowith, Dio, uomo e mondo, a cura di O. Franceschelli, Roma 2000  

Darwin, L’origine dell’uomo, a cura di G. Montalenti, Roma 2006

E.O. Wilson, Il futuro della vita, a cura di T. Pievani e S. Frediani, Torino 2004 .

Mancuso, Verde brillante. Sensibilità e intelligenza nel mondo delle piante, Firenze 2015

Platone, Dialoghi filosofici, a cura di G. Cambiano, Torino 1970 

Giuseppe Cappello docente di filosofia e storia Liceo Statale Maria Montessori Roma

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