Istruzione domiciliare: la scuola che va a casa
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Utilizzare le tecnologie e il Web 2.0 per potenziare i processi di insegnamento/apprendimento a domicilio, di norma basati su poche ore di presenza fisica di un docente presso l’abitazione del giovane degente. Una esperienza presentata al 2° convegno di Education 2.0.
È ormai nota la sensibilità del mondo della Scuola nei confronti degli alunni che, per ragioni di salute, non possono frequentare regolarmente le normali lezioni d’aula. Testimoni ne sono le normative che regolano la Scuola in Ospedale e, più recentemente, la cosiddetta Istruzione Domiciliare (ID). Quest’ultima è definita come “il servizio scolastico previsto per quegli alunni che, affetti da gravi patologie o patologie croniche, dopo l’ospedalizzazione non possono far rientro a scuola e quindi seguire le lezioni con i propri compagni”. Quindi, per dualità, se l’istruzione ospedaliera è vista come “la scuola che va in ospedale”, quella domiciliare e “la scuola che va a casa”.
Negli anni, l’ID si sta rilevando un’esigenza sempre più impellente per gli studenti costretti a lunghe degenze (o a cure ripetute nel tempo). Degenze che, anche per i noti problemi economici-gestionali della sanità, sono e saranno sempre più caratterizzate da una riduzione dei tempi di permanenza in ospedale e da un aumento di quelli di cura presso la propria abitazione. In questo contesto, grandi attese si stanno creando attorno la possibilità di utilizzare le tecnologie (in particolare quelle del Web 2.0) per potenziare i processi di insegnamento/apprendimento a domicilio, di norma basati su poche ore di presenza fisica di un docente presso l’abitazione del giovane degente.
La massiccia diffusione della tecnologie Web consente oggi di mantenere un canale sempre aperto fra l’allievo disagiato, la propria classe di appartenenza e gli insegnanti che periodicamente si recano presso la sua abitazione. Non si tratta però del solo uso della teleconferenza come strumento per surrogare la partecipazione a lezioni tenute a distanza, quanto piuttosto la realizzazione di laboratori personalizzati per l’apprendimento (Personal Learning Environment), fruibili a domicilio, costruiti, a cura degli insegnanti, attorno al giovane degente e animati da più soggetti (i compagni di classe, gli insegnanti, i genitori, gli amici). Se da un lato le esperienze di uso didattico della teleconferenza risalgono ad almeno un paio di decenni fa (senza, peraltro, sortire effetti particolarmente significativi sul piano didattico-pedagogico), quelle legate all’uso delle tecnologie Web 2.0 sono, per ragioni cronologiche, decisamente più recenti. I primi tentativi in questo senso sono datati 2004-05 e si collocano nell’ambito del progetto del Ministero dell’Istruzione denominato HSH@Network. Per la precisione, in un filone dello stesso progetto (HSH@Teacher) curato dall’Istituto Tecnologie Didattiche del CNR (ITD-CNR) e indirizzato a diffondere conoscenze e competenze sull’uso didattico delle tecnologie di rete fra gli insegnanti impegnati nell’istruzione ospedaliera e domiciliare. Allora non era ancora d’uso comune parlare di Web 2.0, benché, di fatto, se ne stesse già introducendo l’impiego educativo.
A più di un lustro dall’iniziativa HSH@Teacher, è stata da poco completata un’indagine nazionale finalizzata a comprendere il tipo di follow-up prodotto da quell’esperienza formativa nella Scuola. Gli esiti di tale indagine verranno illustrati in un convegno che si terrà a dicembre, in occasione di un evento formativo organizzato dal Ministero dell’Istruzione e indirizzato ai docenti coinvolti in questo impegnativo contesto. Sarà un’occasione per commentarne i risultati e suggerire possibili linee di azione per una diffusione sempre maggiore dell’uso didattico delle risorse 2.0 sia nell’ID sia nella scuola in ospedale, per certi versi vista come una “domiciliare sui generis”. Diffusione che non può prescindere da processi informali di mutua crescita degli stessi educatori attraverso il lancio di comunità professionali, inizialmente organizzate attorno al corpus centrale delle pratiche censite nell’indagine, dalle quali poi partire per lo sviluppo di nuovi modelli d’uso del Web 2.0 a supporto di un’ID centrata sul concetto di “laboratorio di apprendimento domiciliare”.
Trentin Benigno Repetto