I “clickers” in classe
Sviluppare l’interazione e promuovere la comprensione dei concetti attraverso i “risponditori”: una proposta per la didattica laboratoriale. Un'esperienza presentata al III Convegno di Education 2.0
ABSTRACT:
Il contributo presenta le opportunità offerte dai “risponditori” quali strumenti per lo sviluppo di una didattica interattiva all’interno di modelli di dialogo investigativo. Il punto centrale di questo approccio, al di là delle opportunità che la tecnologia riesce a concretizzare, è rappresentato dall’importanza pedagogica del porre quesiti capaci di sviluppare processi di riflessione e di revisione critica delle proprie conoscenze.
PAROLE CHIAVE:
Laboratorialità, tecnologie e didattica digitale, valutazione, motivazione di insegnanti e studenti.
INTRODUZIONE
I risponditori sono dei piccoli dispositivi tecnologici utilizzati da anni in molte scuole e università statunitensi (dove sono chiamati anche “clickers” o “key-pads”), britanniche (dove sono denominati “handsets”, “zappers” o LRS ovvero “Learner Response Systems”) e di altri paesi occidentali. In Italia sono stati recentemente proposti da società, come la Promethean o la Smart, che producono e distribuiscono le lavagne interattive multimediali (LIM). I risponditori, sebbene possano essere utilizzati anche senza LIM, rappresentano un elemento di completamento dell’idea di classe interattiva multimediale, dal momento che forniscono agli studenti un modo per entrare in relazione con i contenuti proposti dal docente. I diversi modelli in commercio presentano numerose differenze tecniche (risponditori con o senza visore, risponditori con pochi o molti pulsanti, capaci di comunicare wireless con sistemi standard o proprietari), ma sono tutti accomunati dall’obiettivo di aumentare le opportunità di coinvolgimento e partecipazione attiva degli studenti. Le caratteristiche tecniche sono un aspetto da prendere in considerazione con una certa attenzione al momento della scelta, ma non rappresentano l’elemento più importante qualora si decida di adottarli. Il loro punto di forza, infatti, è rappresentato dalle potenzialità educative ed è connesso alla possibilità di trasformare in maniera significativa la didattica in classe e quella laboratoriale.
Una volta compresa l’importanza e l’utilità di mediare, attraverso la tecnologia, l’interazione con la classe, appariranno chiare anche le esigenze tecniche e si appianeranno facilmente le questioni relative ad esempio ai costi d’acquisto. Relativamente ai costi (qualche decina di euro per apparecchio circa), c’è da notare che in molte scuole americane sono addirittura i genitori – dopo averne capita l’utilità – a comprare il risponditore per i propri figli; esattamente come fanno con gli altri strumenti di lavoro (penne, compasso, calcolatrice etc.). In classe i risponditori vengono prevalentemente utilizzati in maniera individuale, ossia ad ogni allievo viene dato un dispositivo, e il fatto di essere stati pagati dalle famiglie contribuisce a responsabilizzare ancor più gli alunni nel loro uso e nella loro custodia.
Al di là delle considerazioni di ordine tecnico – sulle quali ci sarebbe da dire molto, come il fatto che gli sviluppi continui nell’ambito delle ICT stiano rapidamente portando a un’integrazione funzionale di apparecchi diversi quali tablet, notebook o smartphone, nella funzione di “risponditori” – è interessante analizzare le possibilità offerte dal punto di vista metodologico e didattico, ovvero come questi strumenti possano essere utilizzati e quali vantaggi consentono di conseguire.
TRASFORMARE L’ESPERIENZA DIDATTICA
Esistono alcuni libri e centinaia di articoli sui risponditori, su cosa siano e su come si usino (un’interessante bibliografia iniziale può essere individuata sul sito della Vanderbilt University). Molti lavori evidenziano come l’uso di questi dispositivi preveda, tipicamente, un’interazione tra il docente e gli allievi articolata in tre passaggi:
1. L’insegnante pone un quesito nella forma di domanda aperta o chiusa (vero/falso, scelta multipla);
2. Lo studente, usando il proprio risponditore, seleziona o digita la propria risposta, che, a seconda della scelta operata dal docente, può essere anonima o attribuita allo studente attraverso un suo identificativo;
3. Le risposte vengono immediatamente visualizzate dal docente e/o dall’intera classe, grazie alla LIM o a un video proiettore, in forma indipendente(nel caso di frasi) o aggregata (cioè attraverso grafici o percentuali).
Al docente sono offerte molteplici modalità di utilizzo quali: formulare domande che anticipano il contenuto da trattare in maniera da consentire alla classe di identificare le proprie preconoscenze e indagare attorno a dubbi, errori e idee sbagliate; porre domande nel corso di una spiegazione, discutere o fare attività per monitorare la comprensione degli studenti e adattare l’insegnamento alle esigenze; consentire a tutti gli studenti di esprimersi e partecipare, permettendo anche a quelli meno sicuri, reattivi e loquaci di dare la loro risposta e fornire la propria opinione; tenere attiva l’attenzione, intervallando le presentazioni con domande finalizzate a enfatizzare i contenuti importanti; favorire un diverso modo di guardare al tema/problema trattato; utilizzare le risposte degli studenti per comprendere le loro difficoltà e per decidere se procedere o ripresentare quanto visto da prospettive diverse; mostrare le risposte date alla classe e utilizzarle come basi per la discussione.
Il dibattito, negli Stati Uniti, non è tanto sull’usare o meno questi dispositivi. Come molte altre tecnologie, anche in questo caso lo strumento non deve essere esaltato o esecrato in quanto tale. È infatti evidente che possano esserci usi buoni, quindi capaci di promuovere esperienze di apprendimento eccezionali, come pure impieghi impropri, triviali o perfino ridicoli (si vedano le lezione show sul modello del “Chi vuol essere milionario?”).
La differenza la fanno situazioni didattiche ben progettate, con un’attenzione ai tempi, al tipo di domande, all’impianto complessivo dell’intervento.
PUNTI DI FORZA PER LA DIDATTICA LABORATORIALE
Sui risponditori, come strumenti per la didattica, sono state fatte alcune sporadiche esperienze nel nostro Paese (si veda ad esempio Ardesia Tech), ma saranno sicuramente numerose nei prossimi anni. L’avvento delle LIM, come pure degli e-book in classe, sta rapidamente trasformando le modalità di insegnamento. In particolare, è la stessa idea di lezione che sta cambiando, trasformandosi progressivamente ma inesorabilmente in un’esperienza sempre più partecipata, interattiva e costantemente arricchita di contenuti e supporti multimediali. Anche gli spazi della didattica laboratoriale si arricchiscono di conseguenza. In questo scenario, che per certi versi presenta dei rischi sul piano dell’aumento degli stimoli, e quindi del sovraccarico cognitivo, e della dispersività (attività aperte di ricerca investigativa su problemi aperti possono portare alcuni allievi a consumare energie senza riuscire a inquadrare gli aspetti rilevanti), i risponditori rappresentano un’opportunità a disposizione degli insegnanti per promuovere una maggiore focalizzazione sui problemi nodali e sui concetti chiave. Anche nelle esperienze di apprendimento per scoperta (“inquiry-based learning”), che pure rappresentano tra le più interessanti e promettenti forme di insegnamento, specie nei campi relativi all’acquisizione di competenze procedurali o dell’esplorazione di fenomeni, si presenta spesso il rischio di incorrere in situazioni didatticamente problematiche. Senza contare il fatto che l’esplorazione aperta, com’è stato evidenziato, può condurre a errori e fraintendimenti (de Jong, 2006). Il “cambiamento concettuale” rappresenta una delle principali sfide per gli insegnanti, sfida che può essere superata attraverso la discussione, la focalizzazione dei problemi, l’esposizione delle soluzioni individuate, lo sviluppo di argomentazioni e contro-argomentazioni, attività relativamente alle quali un ruolo importante possono offrirlo i risponditori (Penuel et al., 2006). Il punto di forza dei risponditori, in questa peculiare situazione operativa, è rappresentato dal fatto che la loro stessa presenza “impegna” il docente a formulare chiaramente le domande a cui, conseguentemente, gli studenti sono chiamati a rispondere. Il “patto” implicito che si viene a creare è quello di un processo trasparente di esposizione delle dinamiche argomentative che conducono – anche attraverso l’errore – a comprendere i concetti centrali. In questa prospettiva, la valutazione delle risposte deve essere di tipo formativo, ovvero non finalizzata all’espressione di un giudizio sulla preparazione degli studenti (misurazione dei risultati), quanto all’utilizzo del feedback come base per selezionare gli elementi in gioco e affrontare le idee sbagliate. Le concrete possibilità di utilizzo sono svariate e uno degli elementi che fa la differenza è rappresentato dal modo in cui le domande vengono formulate e da come viene organizzato il lavoro (tempi e modi).
Circa i quesiti, al di là delle differenze formali (domande chiuse o domande aperte), ci sono quelle sostanziali connesse alla formulazione di domande capaci di promuovere la riflessione critica (Vogt, Brown, Isaacs, 2003). Domande ben costruite e formulate sono in grado di migliore notevolmente la qualità delle conoscenze, indirizzare le azioni e, in generale, promuovere il ragionamento piuttosto che il passivo recupero di informazioni dalla memoria.
Circa l’organizzazione delle attività, esistono varie alternative, ognuna delle quali è in grado di valorizzare capacità e competenze diverse. L’insegnante può, ad esempio, usare i risponditori prima della spiegazione o di un’esperienza in laboratorio, per sondare il terreno, far emergere le preconoscenze, stimolare l’attenzione. Come pure può usarli durante o dopo l’esperienza. Gli studenti possono essere chiamati a rispondere individualmente dopo una discussione collegiale o, viceversa, il dibattito può prendere avvio dalle risposte date e visualizzate sulla LIM o a parete. La risposta può essere data dal rappresentante di ogni gruppo (in cui gli studenti sono organizzati) o individualmente (ogni studente ha un suo risponditore). In ogni caso, è chiaro che il riuscire a rendere evidente e concreto uno dei più importanti strumenti di lavoro dell’insegnante, ovvero la gestione delle domande e delle risposte, rappresenta un’importante opportunità per la didattica.
CONCLUSIONI
Nella didattica laboratoriale, come pure nella lezione tradizionale, un ruolo importante è rappresentato dalla capacità dell’insegnante di stimolare l’interesse e promuovere la riflessione e dunque l’apprendimento, attraverso processi interattivi di domande e risposte. Non è sempre facile, però, riuscire a valorizzare opportunamente questa importante risorsa. In classe, come nei momenti dell’esperienza laboratoriale, le attività finiscono per prendere il sopravvento e rendere difficoltoso per l’insegnante il riuscire a constatare quanti hanno davvero capito e, soprattutto, cosa. Nell’apprendimento per scoperta (“problem solving”), gli studenti possono incorrere in errori di diverso tipo quali, ad esempio, un’errata formulazione di ipotesi, la progettazione degli esperimenti o una scorretta interpretazione dei risultati (de Jong, 2006). Spesso è complicato per l’insegnante raccogliere i dubbi e le problematiche con cui ogni studente si confronta. La possibilità, data dai risponditori, di dare vita a momenti preposti all’indagine su ciò che sappiamo, sul perché delle nostre idee, sul come siamo riusciti a formalizzarli, su quali siano le domande che si aprono e così via, rappresenta una preziosa risorsa per la scuola.
BIBLIOGRAFIA:
– Banks, D. A. (Ed.). (2006). “Audience response systems in higher education: Applications and cases”. Hershey, PA: Information Science Publishing
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– Crede, M., Roch, S. G., &Kieszczynka, U. M. (2010). “Class Attendance in College: A Meta-Analytic Review of the Relationship of Class Attendance With Grades and Student Characteristics”. Review of Educational Research, 80(2), 272–295.
– Dangel, H. L., & Wang, C. X. (2008). “Student response systems in higher education: Moving beyond linear teaching and surface learning”. Journal of Educational Technology Development and Exchange, 1(1), 93–104.
– de Jong, T. (2006). “Scaffolds for scientific discovery learning”. In J. Elen& D. Clark (Eds.), “Handling complexity in learning environments: research and theory” (pp. 107-128). London: Elsevier Science Publishers.
– Martyn, M. (2007). “Clickers in the classroom: An active learning approach”. Educause Quarterly, (2), 71–74.
– Penuel, W. R., Abrahamson, L. & Roschelle, J. (2006) “Theorizing the Transformed Classroom: Sociocultural Interpretation of the Effects of Audience Response Systems in Higher Education”. In D. A. Banks (Ed.), “Audience response systems in higher education: Applications and cases” (pp. 187-208). Hershey, PA: Information Science Publishing.
– Vogt, E., Brown, J., & Isaacs, D. (2003). “The Art of Powerful Questions: Catalyzing, Insight, Innovation, and Action”. Mill Valley,CA: Whole Systems Associates.
Giovanni Bonaiuti