Zero a chi boccia. Dalla Russia una riflessione significativa

Adattare uno strumento di ricerca a un contesto culturale diverso dal proprio è in sé una ricerca, una ricerca di sintonizzazione dei significati. Ognuno radica la propria proposta di ricerca nella propria cultura e si basa sull’interpretazione dei fatti come problemi o possibili soluzioni per definire la sua ipotesi e costruire o scegliere i suoi strumenti.

Una volta presa la decisione di svolgere un’indagine comparativa con partner stranieri, la domanda è: come rendere gli strumenti pertinenti a contesti socio-politici e culturali diversi?
Il problema non è solo cercare di comunicare il significato di partenza in modo che il significato d’arrivo sia sinonimico, ma fare in modo che lo strumento di ricerca sia rilevante in una cultura in cui ciò che consideriamo un problema può non essere considerato come tale o, al contrario, ciò che entra a far parte della nostra norma può essere interpretato come una disfunzione. Dato che “i limiti del mio linguaggio significano i limiti del mio mondo ”, cercare di rendere espliciti concetti comuni in più culture, implica lo sforzo di allargare i limiti del proprio mondo mentale.

Il lavoro di adattamento degli strumenti della ricerca da me svolta, sull’impatto del contesto educativo sugli atteggiamenti di leadership dei quindici e sedicenni, è stato in questo senso molto stimolante. Gli strumenti sono stati adattati all’ambiente americano, portoghese e russo e per ogni paese le difficoltà di comprensione hanno riguardato aspetti diversi.
Per esempio, l’affermazione del questionario per studenti, relativa alla percezione della classe, “gli insegnanti mantengono le distanze dagli studenti” è connotata negativamente dagli studenti italiani, che la apparentano all’espressione di distanza psicologica e affettiva da parte degli insegnanti.
Negli Stati Uniti, invece, paese in cui il benessere psicologico implica una maggiore distanza interpersonale, questa stessa frase descrive un comportamento appropriato da parte degli insegnanti.
A volte le differenze interessano aspetti normativi e organizzativi.
In Portogallo, per esempio, le domande che riguardano la percezione di discriminazione sono state tradotte senza difficoltà. Soltanto una di esse, relativa alla discriminazione in funzione dell’orientamento sessuale, è stata trasformata in una domanda aperta che offre la possibilità di specificare un altro tipo di discriminazione. Questo si spiega dal fatto che, in Portogallo, prima di poter utilizzare un questionario nelle scuole il ministero dell’educazione deve approvarlo e che, in seguito alla protesta dei genitori relativa a una ricerca svolta a scuola sulla sessualità dei loro figli, non approva più i questionari che contengono item relativi alla sessualità. In questo caso il problema non è l’interpretazione dell’item tuttavia richiede, come nell’atro episodio, una conoscenza del contesto e un adattamento della domanda.

A dire il vero, l’idea di scrivere questo articolo è stata motivata dalla recente sessione di lavoro con professori dell’Università Psicopedagogica di Mosca (M.G.P.P.U.).
L’esempio più rilevante delle nostre differenze di contesto riguarda il sistema delle bocciature.
Di fronte alla domanda “Quante volte sei stato/a bocciato/a in tutto il tempo in cui sei andato/a a scuola?” per la quale le opzioni di risposta sono “mai”, “una volta”, “due volte” e “più di due volte”, la loro reazione è stato lo stupore.
Hanno cercato di spiegarmi che non potevano usare questa domanda perché non riuscire a fare progredire anche un solo studente insieme ai suoi coetanei è “una terribile macchia per la scuola” e che, di fatto, da loro non succede.
Se l’allievo incontra difficoltà – hanno insistito a chiarire – viene aiutato con apposite lezioni di sostegno finché non riesce ad avere domestichezza con la materia in questione. E ancora “se non riesce a seguire per motivi di salute, l’insegnante si reca a casa sua per procedere con le lezioni e non lasciarlo indietro”, e se dimostra gravi difficoltà d’apprendimento una commissione psicopedagogica è incaricata di emettere una diagnosi del suo stato. Nel caso in cui le conclusioni della commissione mettano in evidenza un deficit dello sviluppo delle funzioni intellettive, l’allievo continua la sua formazione in una scuola speciale.
In ogni caso, un allievo non si trova nella situazione di ripetere la stessa classe. Il fatto di bocciare uno studente che non raggiunge un determinato livello è, dunque, interpretato in Russia come un terribile fallimento della scuola.

Questa focalizzazione dell’attenzione sull’istituzione scolastica piuttosto che sull’allievo nell’interpretare ciò che ci succede è in linea con il pensiero di Vygotskij (1926) quando afferma che “l’idea stessa di colpa deve significare sempre un difetto dell’educazione. Il crimine dello scolaro è, prima di tutto, un crimine della scuola e a esso si può rispondere soltanto con la sua eliminazione nell’organizzazione sociale della scuola” .
Tendiamo a considerare normale ciò che succede frequentemente intorno a noi e ad abituarci all’idea che le cose non possono andare che così anche se non ci piace. Lo stupore dei colleghi russi è un grande insegnamento, che ci conferisce la responsabilità di quello che succede ad almeno un quarto dei ragazzi italiani .

Correlaii:
Come deve cambiare la scuola per formare i leader di domani, di Emiliane Rubat du Merac

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Emiliane Rubat du Merac