La scuola di Gentile e la scuola di massa nei dati OCSE
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Se considerassimo la linea di demarcazione tracciata dai dati OCSE tra il modello della “Scuola Gentile” e quello della “Scuola di massa”, ci potremmo chiedere: quale modello per l’istruzione? Difficile dire guardando i solo ai numeri.
Com’è noto, L’OCSE raccoglie periodicamente, dagli Stati membri, i dati sui diversi livelli dell’istruzione. L’istruzione è classificata con i titoli di studio ufficialmente rilasciati da ogni sistema scolastico. La successiva elaborazione di tabelle comparative consente di capire qual è lo stato dell’istruzione di un paese rispetto agli altri. Com’è altrettanto noto, il nostro paese non fa una gran figura (Luigi Berlinguer, “Un paese che studia poco”, su Education 2.0, giugno 2011).
Per avere un quadro sintetico della elaborazione OCSE sommiamo i dati sui diplomati alle superiori con quelli sui laureati e definiamo questo dato come quello della popolazione istruita (tutti coloro che hanno superato l’attuale soglia dell’obbligo scolastico al 16° anno di età) e, quindi, sommiamo i dati sugli analfabeti, sulle persone senza titolo di studio, con la vecchia licenza elementare e il diploma della scuola media inferiore (o secondaria di primo grado), definendo questo dato come quello della popolazione dei “non istruiti o non sufficientemente istruiti”. Queste due popolazioni hanno l’evoluzione storica rappresentata in Figura 1. Nel 2006 si ha il superamento della popolazione istruita su quella dei non istruiti e nel 2011 abbiamo il 53% di istruiti contro il 47% dei non istruiti.
Figura 1. Diagramma di Pareto
Perfetto, il trend è positivo. Siamo in presenza di una crescita costante, anche se rallentata dagli ultimi dieci anni. Eppure qualcosa non torna. La ricostruzione dei dati OCSE mostra che in sessant’anni la crescita è stata molto lenta. Infatti, se prendiamo come riferimento il 1971, immediatamente dopo la contestazione del ’68 e l’avvio del cambiamento con i famosi decreti delegati, assistiamo, prima, a una crescita della popolazione istruita di un 5% in venti anni dal ’51 al ’71 (cioè un 2,5% medio ogni dieci anni) e, dopo, di un 40% circa in altri quarant’anni (cioè un 10% circa medio ogni dieci anni). Se considerassimo la linea di demarcazione tracciata dai dati del ’71 tra il modello della “Scuola Gentile” e quello della “Scuola di massa”, ci potremmo chiedere: quale modello per l’istruzione? Difficile dire guardando i dati. Nel primo caso si partiva da un analfabetismo tradizionale, cioè da una condizione in cui la stragrande maggioranza delle persone non sapeva né leggere, né scrivere, né far di conto mentre nel secondo caso si innesca il processo dell’analfabetismo di ritorno che dovrebbe considerare tutti coloro che pensano di essere istruiti ma invece non lo sono più e per di più “non sanno di essere regrediti” (vedi la difficoltà di avviare il Life long learning). Tullio De Mauro e Saverio Avveduto, da molti anni, sottolineano il fatto che la popolazione non legge, non studia, non fa di conto e che i livelli di analfabetismo crescono a dispetto di quel che sembra a causa dell’analfabetismo di ritorno. Se ritoccassimo i dati degli ultimi quarant’anni con un modello correttivo avremmo percentuali di crescita molto simili per i due modelli. Insomma, i due modelli di istruzione non sembrano aver avuto un grande effetto sulla popolazione. L’arcano dei dati OCSE è rappresentato da quel che i dati (assoluti) “non dicono” esplicitamente. Essi sembrano celare una dinamica che nella semplicità della storicizzazione dei numeri implica una problematica di crescita non affatto trascurabile. Per esempio, le licenze elementari sommate ai diploma di scuola media inferiore portano a percentuali molto simili nel 1951 e nel 2011, cioè circa il 40%. Dopo sessant’anni abbiamo le stesse percentuali per i livelli più modesti dell’istruzione. Com’è possibile, con una popolazione complessiva che in sessant’anni è cresciuta? Esiste, forse, una barriera socio-economica che schiaccia i livelli culturali sui livelli più bassi dell’istruzione?
Un’analisi molto accurata di questi dati è svolta in “Modello gaussiano per i dati OCSE sull’Istruzione”, dove si mostra che un modello significativo per interpretare con rigore i dati OCSE può essere quello della distribuzione di Gauss. Il potere euristico dei dati OCSE è intrinsecamente governato dalla legge dei grandi numeri che porterebbe a predire, con l’affidabilità del metodo, delle soglie oltre le quali sia difficile andare sia per gli “istruiti” che per i “non istruiti”. Questa soglia, forse, ha a che fare con i recenti risultati delle neuroscienze sui limiti dell’intelligenza umana posti dalla inaccessibile energia necessaria al funzionamento delle incommensurabili connessioni neurali o invece è dovuto a un fenomeno tipicamente sociale che “condiziona” la crescita? La provocazione è decisamente interessante!
Leggi il saggio “Modello gaussiano per i dati OCSE sull’Istruzione” in PDF scaricabile.
Arturo Marcello Allega