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La scuola che vorrei. Perché non prendere sul serio quello che pensano gli studenti?

Pubblicato il: 14/10/2010 17:02:51 -


I desideri dei ragazzi? Una scuola più flessibile, che metta al centro lo studente, con docenti comunicativi e appassionati. Mario Fierli commenta i risultati di una ricerca della Fondazione Intercultura.
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Il 30 settembre 2010 la Fondazione Intercultura ha presentato la ricerca “La scuola che vorrei” promossa dalla fondazione con la direzione scientifica di Susanna Mantovani della Bicocca di Milano. Una sintesi dei risultati è presentata sul sito della fondazione. Le prime conclusioni, anche se sintetiche, costituiscono già una bella “provocazione”. La ricerca ha carattere dichiaratamente qualitativo: sistematizza e analizza quanto è emerso da un incontro sul tema “la scuola italiana che vorrei” al quale hanno partecipato circa 50 ex borsisti della fondazione Intercultura, partiti per un progetto annuale di studio in diversi paesi stranieri durante la scuola secondaria superiore, che attualmente frequentano il secondo anno di università. Criteri di selezione: città di provenienza, sesso e paese estero di destinazione. Lo scopo di questo incontro era di verificare se i ragazzi, che hanno avuto modo di sperimentare un sistema scolastico diverso, hanno idee che potrebbero essere utili per riformare il sistema scolastico italiano. Ne sono emersi giudizi articolati, proposte e confronti. Vediamone qualcuno in estrema sintesi.

ELEMENTI POSITIVI DELLA SCUOLA ITALIANA
• Equità di accesso
• Ampia cultura generale
• Collegamenti interdiscipinari anche se in genere limitati alle materie umanistiche
• Impegno e molte ore di studio
• Preparazione molto buona sui fondamenti teorici delle materie
• Forti legami di amicizia
• Spazi di partecipazione e cittadinanza

ELEMENTI NEGATIVI DELLA SCUOLA ITALIANA
• Troppi contenuti
• Nessuna scelta o possibilità di approfondimento autonomo
• Induce atteggiamenti poco responsabili rispetto all’apprendimento
• È rivolta al passato in modo asfittico
• È troppo teorica
• Metodi di insegnamento monotoni e passivizzanti
• È punitiva e non premia
• È spesso fatiscente, sporca e poco attrezzata
• È autorefenziale
• Ha una bassa stima dei giovani
• Pone al centro i programmi e non gli studenti
• È noiosa: “non vedi l’ora che finisca e uscire”

COSA SI DOVREBBE STUDIARE
Materie obbligatorie: Italiano, Matematica e logica, Inglese, Educazione civica e cittadinanza europea/mondiale, Sport, Geografia mondiale, Storia contemporanea, Informatica

Materie opzionali: Latino e greco, Arte e storia dell’arte, inclusi cinema e fotografia, Scienze (fisica, chimica, biologia), Filosofia, Economia, Lingue straniere europee (ma anche arabo, cinese ecc.), Economia, Ragioneria, Musica, Materie su questioni di attualità (ecologia, economia), Religioni (non solo quella cattolica)

L’INSEGNANTE CHE VORREI
• Colto e comunicativo
• Un adulto coerente e un modello di comportamento
• Un adulto appassionato
• Un adulto capace di relazioni equilibrate
• Un adulto che mette al centro la formazione globale degli studenti

Questi studenti sono forse particolarmente bravi (sono iscritti all’università e non l’hanno abbandonata dopo il primo anno) e hanno selezionato il meglio di quanto hanno vissuto durante la loro esperienza in diversi paesi. Ma certo disegnano un bel modello di scuola. E anche, in qualche punto, molto diverso da quelli che noi adulti stiamo discutendo da anni.

L’elenco della materie obbligatorie e opzionali è addirittura scandaloso per un sistema, come il nostro, che non ha mai accettato l’idea della scelta e dell’approfondimento come modo “normale” di organizzare il curricolo e si illude di dare a tutti la stessa cultura, completa e senza lacune. Facendo finta di non sapere che esiste una bella differenza fra quello che i programmi ufficiali suggeriscono, quello che i docenti insegnano e quello che gli studenti effettivamente studiano e apprendono. Questi il loro curricolo opzionale in realtà se lo creano “a togliere”. Ma è evidente che non si tratta di un sistema economico.

In conclusione, perché non prendere sul serio quello che pensano gli studenti?

Mario Fierli

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