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Promuovere l’apprendimento di studenti con fragilità e ritardi dello sviluppo cognitivo

Pubblicato il: 27/01/2025 09:46:53 -


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Intelligenza e apprendimento

Il concetto di intelligenza è molto utilizzato sia nel contesto educativo sia in quello della comunicazione tra i professionisti della salute. A scuola, giudizi come “è una ragazza sveglia”, “capisce al volo le cose”, “sa rielaborare quello legge”, tendono a caratterizzare gli studenti considerati intelligenti, mentre “è lento in qualsiasi cosa”, “comprende bene solo concetti molto concreti”, “ha tante incertezze anche se ripeti più volte la stessa spiegazione” sono descrizioni di caratteristiche interpretate come scarsa intelligenza. L’utilizzo di una misura come il quoziente intellettivo, presente in tutte le diagnosi di disturbi del neurosviluppo, rafforza l’idea che lo sviluppo cognitivo di bambini e adolescenti possa essere compreso in termini di maggiore o minore intelligenza. La neuropsicologia suggerisce tuttavia che le fragilità di alcune abilità e meccanismi di base -piuttosto che il deficit di una presunta facoltà mentale identificata con l’intelligenza- possano avere effetti a cascata sullo sviluppo cognitivo.

Nel libro “Comprendere la disabilità intellettiva” (Orsolini e Ruggerini, 2024) sosteniamo che l’intelligenza non è una facoltà mentale unitaria, è invece un insieme molto ampio di meccanismi, abilità, funzioni cognitive che si sostengono a vicenda. L’attenzione puntuale ai contenuti che stiamo elaborando, la possibilità di trattenere in una memoria immediata le caratteristiche fonologiche o semantiche delle parole, l’applicazione di strategie con cui affrontare compiti nuovi, l’uso del linguaggio interiore per guidare la mente, il ragionamento, sono esempi di meccanismi, abilità e funzioni che collaborano tra loro nel sostenere azioni intelligenti.

Una visione dell’intelligenza che ne consideri la natura molteplice e composita sollecita insegnanti e educatori a porsi nuove domande su come alimentare l’apprendimento a scuola, e su come facilitarlo quando ci sono fattori di varia natura che lo ostacolano. Nel caso di bambini e adolescenti con ritardi cognitivi, la domanda fondamentale che orienta le attività didattiche di sostegno tende spesso ad essere come rendere più semplice ciò che desideriamo insegnare.  Da questa finalità derivano pratiche didattiche che si incentrano sulla ripetizione, sull’imparare a memoria, sulle esemplificazioni. Se invece teniamo conto della natura composita dell’intelligenza, e del rapporto inestricabile tra fattori ambientali e genetici nella costruzione di reti e strutture cerebrali, la domanda fondamentale da porsi diventa “come sostenere il processo stesso dell’apprendere?”.

Apprendimento come processo

Apprendere vuol dire, per il cervello, creare nuove connessioni momento per momento, in seguito a un’attività di codifica e di elaborazione a volte automatica ma per lo più guidata dall’attenzione e dall’azione. Per la mente, apprendere vuol dire costruire/trasformare una mappa mentale guidata dal significato e dalle finalità che la persona persegue. Dunque sostenere il processo dell’apprendere comporta sia rafforzare i meccanismi che contribuiscono alla codifica e all’elaborazione, sia scegliere le condizioni, i materiali, le attività che permettono alla persona di trovare un significato in ciò che gli si sta proponendo. Sostenere l’apprendimento in studenti con fragilità e ritardi nello sviluppo cognitivo richiede una collaborazione tra insegnanti e specialisti della diagnosi. Una valutazione analitica delle funzioni cognitive dovrebbe aiutare gli insegnanti a decidere, caso per caso, quali meccanismi di base (ad es. l’attenzione) è bene rafforzare in un laboratorio di potenziamento a scuola, in quale dominio (es. verbale, visuo-spaziale, visuo-motorio) sembra essere più facile l’orientamento dello studente verso un nuovo compito, in che misura il linguaggio e il pensiero ad alta voce possono essere usati dalla persona per formulare autoistruzioni che guidino l’azione e il comportamento. Infine, una considerazione dello sviluppo emotivo e sociale potrebbe aiutare gli insegnanti a chiedersi come sostenere negli studenti la fiducia, la convinzione di poter apprendere, la ricerca di significati nelle attività a scuola.

Un’ipotesi di fondo che insegnanti ed operatori dell’intervento specialistico possono condividere è che i processi di apprendimento in persone con fragilità e ritardi nello sviluppo cognitivo si debbano ancorare alle funzioni psichiche superiori. Seguendo Vygotskij (1986) e gli studi di Feuerstein e collaboratori (1979), sono infatti proprio queste funzioni ad essere maggiormente modificabili da una stimolazione ambientale e a poter svolgere un ruolo compensativo delle difficoltà in alcune abilità di base.

Apprendimento assistito da strategie metacognitive

Tra le funzioni cognitive superiori, le strategie metacognitive hanno un ruolo fondamentale nel sostenere l’apprendimento. Alcuni studi mostrano che bambini e ragazzi con disabilità intellettiva possono apprendere strategie metacognitive con cui affrontare concetti complessi. Maintenant et al. (2021) hanno coinvolto bambini di 7-12 anni con disabilità intellettiva lieve nella categorizzazione di immagini analizzando relazioni semantiche astratte. I bambini del gruppo sperimentale hanno ricevuto un training metacognitivo che li ha incoraggiati ad analizzare, spiegare e confrontare le relazioni concettuali, mentre i bambini del gruppo di controllo hanno ricevuto istruzioni dirette su come categorizzare le immagini. È emerso che i bambini del gruppo sperimentale hanno mostrato prestazioni molto più elevate rispetto al gruppo di controllo nel test concettuale post-intervento, dimostrando di aver costruito nuove strategie concettuali. Lo studio di Engevik et al. (2016) mostra che il ragionamento astratto può essere stimolato in alcuni bambini con sindrome di Down attraverso un’attività dialogica metacognitiva con un insegnante di scuola.

In uno studio di caso singolo, abbiamo esplorato un training metacognitivo mirato alla risoluzione di problemi aritmetici (Orsolini et al., 2009).  Abbiamo osservato che la descrizione di procedure, l’anticipazione di ipotesi, la traduzione di informazioni verbali in rappresentazioni grafiche, hanno stimolato il bambino a inventare una nuova e semplice procedura di calcolo. Così, un bambino con disabilità intellettiva ha potuto non solo mettere in atto strategie metacognitive insegnate esplicitamente da un educatore, ma anche costruire una propria strategia cognitiva.

Apprendimento e ambiente arricchito

L’azione degli insegnanti dovrebbe inserirsi in una rete formata dai genitori, dagli specialisti della diagnosi e della valutazione, dagli operatori di un intervento abilitativo, dalla stessa persona (bambino o adolescente) con ritardi nello sviluppo cognitivo. Questa rete permette il costruirsi di un ambiente arricchito, che promuove un coinvolgimento attivo nell’esperienza, propone attività con cui allenare specifiche funzioni cognitive, e pratiche di insegnamento/apprendimento centrate sul fare, sul collaborare, sull’amorevole cura di sé stessi. Una cura che permetta al bambino o ragazzo con ritardi cognitivi di accettare con benevolenza i propri errori sapendo che sono pietre d’inciampo verso la conoscenza, momenti in cui fermarsi a riflettere senza vergogna, ricominciando sempre.

La scuola ha un posto speciale in un ipotetico ambiente arricchito, perché proprio a scuola i ragazzi con ritardi nello sviluppo cognitivo possono imparare a collaborare e ad affrontare le piccole frustrazioni che l’interazione con gli altri richiede. Dall’imparare a rispettare il proprio turno, all’ascoltare prendendo in considerazione punti di vista diversi dal proprio. Agli insegnanti spetta il compito complesso di sostenere in ogni studente – e in particolare negli studenti più fragili- un saper “digerire” le emozioni fastidiose che il collaborare talvolta sollecita: l’invidia, la gelosia, il confronto. Il lavoro a scuola sul sostenere i processi dell’apprendere dovrebbe quindi unirsi a pratiche educative che favoriscano consapevolezza emotiva e capacità di condivisione e collaborazione. Solo un respiro ampio dell’insegnamento può sollecitare l’energia motivazionale che spinge ogni studente – e in particolare gli studenti con fragilità- a mettere alla prova il proprio saper fare, e a impegnarsi per costruire nuove competenze.

Riferimenti bibliografici

Engevik, L.I., Kari-Anne B. Næss, K.-A.B., & Hagtvet, B.E. (2016). Cognitive stimulation of pupils with Down syndrome: A study of inferential talk during book-sharing. Research in Developmental Disabilities, 55, 287-300. doi:org/10.1016/j.ridd.2016.05.004.

Feuerstein, R., Rand, Y., Hoffman, M. B., & Miller, R. (1979). Cognitive modifiability in retarded adolescents: Effects of instrumental enrichment. American Journal of Mental Deficiency, 83(6), 539-50. PMID:443268.

Maintenant, C., Nanty, I., & Pivry, S. (2021).  Flexibilité catégorielle chez des enfants scolarisés en ULIS: les effets d’un étayage métacognitif. Pratiques Psychologiques, 27(2), 93-106, doi:org/10.1016/j.prps.2020.09.004.

Orsolini, M., Toma, C. & De Nigris, B. (2009). Treating Arithmetical Text Problem Solving in a Child with Intellectual Disability: An Observative Study. The Open Rehabilitation Journal, 2, 58-72. doi:10.2174/1874943700902010064.

Orsolini, M. & Ruggerini, C. (2024). Comprendere la disabilità intellettiva. Roma: Carocci

Vygotsky, L. S. (1986). Fondamenti di difettologia (prefazione e cura di Guido Pesci). Roma: Bulzoni Editore.

Margherita Orsolini

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